In principio
fu il “Vigna l’Apparita” del Castello di Ama.
Poi, un
florilegio di altre etichette: Montiano, La Ricolma ,Toro Desiderio, Lamaione, Masseto,
Messorio, Redigaffi.
La corsa del
Merlot in purezza non conosce soste.
Non c’è
regione che non vanti tentativi più o meno riusciti di sfruttare l’enorme
potenzialità del vitigno bordolese.
Da qui il
desiderio di misurarsi con due vini-simbolo della volontà pervicace di puntare
a prodotti di grande fascino e personalità: Galatrona e Patrimo.
Da un
vigneto centenario, scoperto quasi per caso,
lungamente
ritenuto di aglianico, il Patrimo è il classico “body building wine”. Con buona
pace di chi non si emoziona al cospetto di imperfettibili costruzioni
sensoriali, è un vino “monstre”, capolavoro di tecnica enologica, grondante di
succoso frutto e piacevolezze, universalmente ritenuto eccellente.
Su toni più
eleganti ,il Galatrona è il prodotto del
vigneto”Vigna del Poggio” in quel di Mercatale Valdarno. Creatura prima
vagheggiata e poi fortemente voluta dallo spirito “artistico” che alberga in Lucia Bazzocchi Sanjust, con la
supervisione del principe indiscusso degli assaggiatori e degli esperti
degustatori toscani Giulio Gambelli, il Galatrona è mirabile sintesi di untuosa fruttuosità e
carnosità e spiccata territorialità.
Una sorta di
“unicum” sensoriale come s’addice ai fuoriclasse di ogni tempo e dove.
Nel contesto
caldo e accogliente del wine-bar Cairoli li abbiamo messi a confronto: Patrimo
2001 e Galatrona 2005.
Millesimi diversi,
diversi terroir, ma tante analogie.
In comune
c’è la ricchezza degli estratti: la resa di meno di un kg. di uva per ceppo assicura assoluti vertici di
concentrazione ed un colore rosso rubino impenetrabile.
Le pareti
del bicchiere grondano di lacrime glicerinose che nella loro apparente fissità
sfidano quasi le leggi gravitazionali.
Poi, si
dipana la diversità.
Il Patrimo
2001 è un vino masticabile, semiliquido, dove il legno nuovo ha lasciato un
imprimatur dolce nel profilo olfattivo e gustativo.
Allo
“stappo” presenta un velo di ossidazione, subito spazzato via da qualche
energico scuotimento rotatorio. In definitiva il “misterico” merlot dei Feudi
di S.Gregorio conferma la sua muscolarità e la sua scarsa propensione
all’invecchiamento.
Il Galatrona,
dolcemente speziato, ha una marcia in
più: terroso, fungino, minerale possiede un frutto copioso ma declinato
decisamente su note più raffinate.
All’olfatto
la viola campeggia sovrana.
Per entrambi
i campioni nessuna particolare sbavatura.
E’ un roteare
esaltante di nettari profumati e brillanti, belli a vedersi, sontuosi al tatto,
appaganti in deglutizione.
La ricerca
della massima naturalezza e maturazione, della massima estrazione e le cure
maniacali in vigna si ritrovano nella trama del vino con un’evidenza esemplare.
A
tratti il Galatrona è sembrato
equilibratissimo, compiuto, sferico. Più del Patrimo.
Per qualcuno
i vini erano ancora giovani, da aspettare.
Vale la pena
spendere qualche riflessione
sull’argomento.
Il vino è
buono soprattutto se è equilibrato.
Ci sono
diversi tipi di equilibrio: quello scaturente, in un vino relativamente fresco,
dal perfetto bilanciamento fra le componenti “morbide”(zuccheri, alcoli, polialcoli)
e le componenti “dure(tannini, acidi, minerali).
E’ il caso
del Galatrona 2005.
Poi c’è un
equilibrio che si realizza nel tempo, quando gli spigoli delle varie voci
gusto-olfattive hanno bisogno di arrotondarsi e di ricomporsi in unità.
Infine, e
questo vale per un ristretto ambito di vini di grande caratura, c’è un equilibrio
favorito dal lunghissimo invecchiamento in forza del processo di
“maderizzazione “
del
prodotto che va a compensare la perdita totale di tutte le caratteristiche
primigenie e a fonderne armonicamente le residue.
Quest’ultimi
sono vini per specialisti, per palati avvezzi a simili evoluzioni estreme. Alla
fine si conviene che gioca un ruolo fondamentale il gusto personale: ad ognuno
il suo equilibrio “preferito”.
Per onorare il dono dell’imprevisto prolungamento
della serata abbiamo aperto una bottiglia inattesa, stavolta proveniente dal
mio personale “cilindro” enoico:
“Piedra
negra” 2003.
Sì, è
proprio il vino di cui l’attore francese Cristopher Lambert si attribuisce la
paternità in una nota pubblicità(Fiat
Doblò )e che in realtà è prodotto dalla celeberrima casa vinicola Lurton. Siamo
in Argentina, ai piedi della catena andina. E’ netto il passaggio ad un altro
emisfero:
profumi
inusitati, quasi di sottobosco, fanno da corolla a sentori di frutta sotto
spirito e note tostate.
Non è il
solito Malbec in purezza super-saturo e “palestrato”: è un vino composto e
discreto e si avverte il fresco apporto dell’alta quota(oltre i mille metri ) a
dare levità ed eleganza. Un grande vino.
La chiusa
con un superbo whisky scozzese è avvolta nella fumea del ricordo e delle nebbie
alcoliche: davvero impossibile ricordarne il nome.
Rosario Tiso
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