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mercoledì 25 marzo 2015

Galatrona vs Patrimo



In principio fu il “Vigna l’Apparita” del Castello di Ama.
Poi, un florilegio di altre etichette: Montiano, La Ricolma ,Toro Desiderio, Lamaione, Masseto, Messorio, Redigaffi.
La corsa del Merlot in purezza non conosce soste.
Non c’è regione che non vanti tentativi più o meno riusciti di sfruttare l’enorme potenzialità del vitigno bordolese.
Da qui il desiderio di misurarsi con due vini-simbolo della volontà pervicace di puntare a prodotti di grande fascino e personalità: Galatrona e Patrimo.
Da un vigneto centenario, scoperto quasi per caso,
lungamente ritenuto di aglianico, il Patrimo è il classico “body building wine”. Con buona pace di chi non si emoziona al cospetto di imperfettibili costruzioni sensoriali, è un vino “monstre”, capolavoro di tecnica enologica, grondante di succoso frutto e piacevolezze, universalmente ritenuto eccellente.
Su toni più eleganti ,il Galatrona è il  prodotto del vigneto”Vigna del Poggio” in quel di Mercatale Valdarno. Creatura prima vagheggiata e poi fortemente voluta dallo spirito “artistico” che  alberga in Lucia Bazzocchi Sanjust, con la supervisione del principe indiscusso degli assaggiatori e degli esperti degustatori toscani Giulio Gambelli, il Galatrona è  mirabile sintesi di untuosa fruttuosità e carnosità  e  spiccata territorialità.
Una sorta di “unicum” sensoriale come s’addice ai fuoriclasse di ogni tempo e dove.
Nel contesto caldo e accogliente del wine-bar Cairoli li abbiamo messi a confronto: Patrimo 2001 e Galatrona 2005.
Millesimi diversi, diversi terroir, ma tante analogie.
In comune c’è la ricchezza degli estratti: la resa di meno di un kg. di  uva per ceppo assicura assoluti vertici di concentrazione ed un colore rosso rubino impenetrabile.
Le pareti del bicchiere grondano di lacrime glicerinose che nella loro apparente fissità sfidano quasi le leggi gravitazionali.
Poi, si dipana la diversità.
Il Patrimo 2001 è un vino masticabile, semiliquido, dove il legno nuovo ha lasciato un imprimatur dolce nel profilo olfattivo e gustativo.
Allo “stappo” presenta un velo di ossidazione, subito spazzato via da qualche energico scuotimento rotatorio. In definitiva il “misterico” merlot dei Feudi di S.Gregorio conferma la sua muscolarità  e la sua scarsa propensione all’invecchiamento.
Il Galatrona, dolcemente speziato, ha  una marcia in più: terroso, fungino, minerale possiede un frutto copioso ma declinato decisamente su note più raffinate.
All’olfatto la viola campeggia sovrana.
Per entrambi i campioni nessuna particolare sbavatura.
E’ un roteare esaltante di nettari profumati e brillanti, belli a vedersi, sontuosi al tatto, appaganti in deglutizione.
La ricerca della massima naturalezza e maturazione, della massima estrazione e le cure maniacali in vigna si ritrovano nella trama del vino con un’evidenza esemplare.
A tratti  il Galatrona è sembrato equilibratissimo, compiuto, sferico. Più del Patrimo.
Per qualcuno i vini erano ancora giovani, da aspettare.
Vale la pena spendere  qualche riflessione sull’argomento.
Il vino è buono soprattutto se è equilibrato.
Ci sono diversi tipi di equilibrio: quello scaturente, in un vino relativamente fresco, dal perfetto bilanciamento fra le componenti “morbide”(zuccheri, alcoli, polialcoli) e le componenti “dure(tannini, acidi, minerali).
E’ il caso del Galatrona 2005.
Poi c’è un equilibrio che si realizza nel tempo, quando gli spigoli delle varie voci gusto-olfattive hanno bisogno di arrotondarsi e di ricomporsi in unità.
Infine, e questo vale per un ristretto ambito di vini di grande caratura, c’è un equilibrio favorito dal lunghissimo invecchiamento in forza del processo di “maderizzazione “
del prodotto  che va a compensare  la perdita totale di tutte le caratteristiche primigenie e a fonderne armonicamente le residue.
Quest’ultimi sono vini per specialisti, per palati avvezzi a simili evoluzioni estreme. Alla fine si conviene che gioca un ruolo fondamentale il gusto personale: ad ognuno il suo equilibrio “preferito”.
Per  onorare il dono dell’imprevisto prolungamento della serata abbiamo aperto una bottiglia inattesa, stavolta proveniente dal mio personale “cilindro” enoico:
“Piedra negra” 2003.
Sì, è proprio il vino di cui l’attore francese Cristopher Lambert si attribuisce la paternità in una nota  pubblicità(Fiat Doblò )e che in realtà è prodotto dalla celeberrima casa vinicola Lurton. Siamo in Argentina, ai piedi della catena andina. E’ netto il passaggio ad un altro emisfero:
profumi inusitati, quasi di sottobosco, fanno da corolla a sentori di frutta sotto spirito e note tostate.
Non è il solito Malbec in purezza super-saturo e “palestrato”: è un vino composto e discreto e si avverte il fresco apporto dell’alta quota(oltre i mille metri ) a dare levità ed eleganza. Un grande vino.
La chiusa con un superbo whisky scozzese è avvolta nella fumea del ricordo e delle nebbie alcoliche: davvero impossibile ricordarne il nome.
Rosario Tiso


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