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lunedì 16 marzo 2015

Les Taillepieds


Fatica a spegnersi,a distanza di anni dalla sua uscita nel 2004,l'eco del film/documentario MONDOVINO di Jonathan Nossiter.
Gli enofili di tutto il pianeta fecero la conoscenza,sul teatro della guerra in atto fra tipicità e globalizzazione,di personaggi indimenticabili quali Aimè Guibert (e la sua perentoria affermazione "Il vino è morto",che riecheggiò in Linguadoca come un anatema),Battista Columbu(e la riscoperta della raffinata qualità della Malvasia di Bosa)ed il vulcanico "vecchio"vignaiolo borgognone Hubert De Montille(con il suo gioiello:la piccola vigna Taillepieds!).
Quando ci è capitato,a noi sodali nelle bevute e "settari" per vocazione e necessità,di poter acquistare al wine-bar Cairoli una bottiglia di "hubertiano" Taillepieds è sembrato un segno del destino:potevamo partecipare all'evento MONDOVINO,sia pure indirettamente,bevendo il nettare di uno dei suoi indiscussi protagonisti.
Risuonano ancora,nei corridoi della memoria,i dialoghi fra il vecchio Hubert e l'affascinante Alix, sua figlia e suo clone spirituale:
ALIX:i vini puttane vengono dritti da te.
HUBERT:Sono vini imbroglioni.
ALIX:Sono vini che ti vengono incontro e poi ti abbandonano.
HUBERT:Ti abbandonano così!
ALIX:Infatti sono vini"traditori".
HUBERT:Ma il mondo moderno c'è abituato. Questo mondo ama essere ingannato.
Ma non dai suoi vini. Non dai vini di Hubert De Montille e di suo figlio Etienne.
Ora fra le mani ,a distanza di un anno dall'acquisto,in una bottiglia la possibilità di svelare l'arcano,di cogliere e comprendere l'essenza di una terra,la Borgogna,mito e riferimento enologico planetario e l'anima di un'antica filosofia di vita che ancora annovera radi ed eroici cantori.
Ma c'è di più. C'è stato un periodo nella storia enologica di Francia in cui la Champagne produceva vini rossi e rivaleggiava con la Borgogna per accaparrarsi il privilegio e l'enorme vantaggio economico di irrorare la tavola dei re.
Erano i tempi di Enrico IV,sovrano fra i più illuminati del Medioevo europeo,e,dall'avvento di Filippo il Bello,la contea carolingia della Champagne era unita al dominio reale di Francia,inondandolo di vino rosso chiaro, acidulo ma dal prezzo concorrenziale. Sulla qualità, con la Borgogna, non c'era confronto. D'altronde si lambiscono, a Reims e  dintorni, latitudini davvero estreme. Però sul marketing la Champagne già dettava legge.
Poi,per opera di tonache "illuminate",al vino venne la "mousse"e di quell'antica vocazione rossista scomparve ogni traccia.
Come definire dunque il "Coteaux aux enfants" di Bollinger? Il relitto un pò patetico di una “Champagne” perduta?
Niente di tutto questo. E' molto, molto di più.
Nel cuore del terroir di AY,uno dei paesi e "Grand Cru" più reputati, c'è un appezzamento di 70 acri eccezionale per esposizione e qualità del suolo. Un costone così ripido, così narra la leggenda, da risultare impraticabile per gli adulti. Gli unici capaci di calcare quelle zolle erano dei ragazzi,dal cui apporto nacque il suggestivo appellativo "aux enfants". Erano dunque dei bambini che svolgevano i lavori in vigna fino al raccolto. Una schiera di angeli alla corte di Bacco.
Oggi la maison Bollinger, molto sensibile al tema della conservazione della tradizione(basti pensare alla tuttora operativa conduzione di mini parcelle di vigne a piede franco da cui si ricavano le mitiche e rare bottiglie di "Vieilles Vignes Francaises"),continua a rinverdire quella "favola"con pochi esemplari di puro distillato di Pinot nero,una sorta di supremo vino fiore dal più nobile dei vitigni.
Ora è qui,davanti alla "Setta dei bevitori estinti" riunita, nella classica bottiglia "champagnotta", il frutto della "Cote aux enfants" del controverso millesimo 2002:tutta la sapienza enologica della maison Bollinger al servizio della Storia! Affidiamo alla Cuvèe Prestige Rosè di Cà del Bosco il necessario abbrivio alcolico atto a preparare ed umettare l'apparato gustativo allertato e tutto innervato da sì grandi aspettative. Dissetata
l'impazienza,passiamo  subito al Coteaux aux Enfants.
Il millesimo 2002 è una delicata carezza di rosa. In bocca muove e sommuove i sensi,con accortezza estrema,come di rada pioggia che sfiori,più che bagnare,la superficie delle cose.
Quale magistrale equilibrio,quale morbidità nell'approccio.
La grandezza francese è tutta racchiusa in un dato:11,5% gradi alcolometrici!
In Italia e nel mondo a simili livelli di debolezza strutturale solo vini rossi dozzinali.
In Francia trovi il terroir, la tipicità e una secolare sapienza enologica di trasformazione!
Poi arriva il momento della creatura di Etienne De Montille:" Les Taillepieds"2005.
Nel bicchiere appena riempito quel che era un suggerimento diventa carne,il sogno diventa realtà,il Pinot Nero,da grande vino,assurge a leggenda!
Non dimenticheremo facilmente l'impatto visivo,dal colore rubino scarico e metallico,quasi una tinta in corso di definizione.
Ma il naso è già adulto, una sinfonia ridondante. Così pure il gusto, dal tatto di sontuoso velluto e dalla persistenza infinita. Con una spina acida a ricordarci che è un Pinot Nero di Borgogna, "le Roi", aspirante all'immortalità.
Tale è il rapimento estatico che la bevuta diventa meditativa e alla fine dobbiamo convenire che nessuna "chiusa" è possibile,che nessun dolce o passito o "bollicina" può seguire e interferire così con la perfetta impronta gustativa che continuiamo a rimestare in bocca.
Finiamo con un ideale e fisico rimasticare l'idea e l'essenza del vino perché continui ad elargire effluvi deliziosi.
D'altronde,quello di conquistare del tutto la scena,è il fatale destino dei "grandi".
Rosario Tiso


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