martedì 3 marzo 2015
Batard-Montrachet
La felicità appartiene alla categoria dei lampi,dei frammenti,di ciò che non può essere in alcun modo disciplinato,ricomposto in una forma o un sentimento.
Misteriosa emanazione del divino, sfugge al controllo di chi vorrebbe possederla e perpetuarla. Quel che ci è concesso è prepararci al suo arrivo e non con l'ingombrante fardello dei pensieri e dei progetti, bensì con l'abbandono alla sua fluidità,con l'accettazione della sua precarietà.
Quel che ci è concesso è provare ad innescarla affidandoci all'interruttore che l'accende:il piacere.
Queste le riflessioni che affollavano la mente mentre mi recavo al wine-bar Cairoli per una degustazione della "Setta dei bevitori estinti".
Le bottiglie in gioco suggerivano scenari paradisiaci.
A confronto due bianchi di sicuro,nobile lignaggio:un
Batard-Montrachet Grand cru 2006 dello CHATEAU DE LA MALTROYE ed un Brauneberger Juffer Riesling Auslese 1985 di MAX FERDINAND RICHTER. Il nesso fra i due vini costituito esclusivamente da enormi aspettative di godimento.
La "scaletta" si è fatta da sola.
Prima il giovane chardonnay borgognone,poi il vetusto riesling della Mosella.
Ci siam sentiti un pò guasconi nello stappare il batard-montrachet in uno stadio così precoce.
Tutte quelle storie sulla presunta disarmonia dei grand cru della cote d'or colti nella piena gioventù le abbiamo volutamente snobbate. E l'istinto ci ha premiati. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che non sapremo mai come avrebbe potuto esprimersi lo stesso vino bevuto fra 5-10 anni. Ma quando si ha a che fare con un nettare dal colore giallo oro,ricco di profumi profondi e articolati,sapido,intenso,con un finale lunghissimo, ci si consola facilmente dell'ipotetica mancata apoteosi futura.
Uno chardonnay didattico,archetipico,da far assaggiare in un corso per sommelier per poi poter dire:questo è "le roy", monsieur Chardonnay!
Ignari di quel che ci attendeva stavamo allentando la presa dell'attenzione,sempre più inebriati ed euforici.
Poi abbiamo stappato il riesling.
Ed è sceso il silenzio. Sacrale. Sovrano.
Il silenzio che richiede l'incedere passante del fuoriclasse.
Che si fa ammirare. Che si fa adorare.
Sarà che eravamo poco avvezzi a simili suggestioni, ma la combinazione magica di acidità,dolcezza ed estratto del campione della Mosella ci ha stregati.
E ci chiedevamo che forse la nostra supponenza in materia vinicola andava rimodulata in basso, ad un livello inferiore.
Con i bianchi tedeschi si accede ad un'altra dimensione.
Purezza cristallina, perfezione stilistica, densità da brividi, longevità infinita. A 23 anni dalla sua nascita in quanto uva,questa Auslese ci ha inflitto una sonora lezione:mai ritenersi appagati,mai ritenersi completi.
E' stato facile così lasciarsi andare, scivolare nell'abbandono, arrendersi a tanta magnificenza.
E la felicità, come un balsamo dolce e profumato sceso ad accarezzare l'anima, è venuta a visitarci.
Rosario Tiso
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