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giovedì 12 marzo 2015

Soldera


Non è mia abitudine tessere una trama di fantasia intorno a un vino nella cui degustazione mi intrattengo. Lo bevo,e il suo valore consiste solo in quello che mi sta raccontando. Tutto quanto posso aggiungere di mio lo diminuirebbe perché ne offuscherebbe la  visibilità. E’ lì ,spoglio,che si offre nella sua nudità : non devo cedere alla tentazione di coprirlo con le vesti che più mi piacciono. Tutto quello che potrei fantasticare su di esso finirei per percepirlo come falso. E se nella vita anelo ai sogni nella loro purezza slegati dalla realtà,quando quest’ultima avanza e s’impone,il persistere del sogno quasi mi ripugna,perché sarebbe un vagheggiamento forzato e imperfetto. Quando bevo,non voglio nient’altro che assistere al mio incontro col vino,senza preoccuparmi di null’altro. E per uno spirito come me,per certi versi scientificamente costruito,vedere più di quello che c’è nel bicchiere corrisponde a vedere meno la significanza  del nettare bevuto. Ciò che gli si aggiunge artificiosamente lo riduce spiritualmente. Senza ombra di dubbio è il più grande Brunello di Montalcino mai bevuto. Con l’amico Sergio,della razza dei “Bevitori  d’Alta quota”,ci siamo ritrovati al wine-bar Cairoli ad affrontare il Brunello di Montalcino Case Basse Riserva 2003 di Soldera. Considerato di  un’annata sfavorevole,non sapevamo cosa aspettarci. Ma,come accade con questi figli di un dio minore,spesso ne scaturisce un fuoriclasse. Quel che colpisce dell’ambrosia che ci scorre di fronte lacrimante nel bevante,che esala i suoi profumi esplodendo alfine nell’antro palatale,è la prontezza,l’equilibrio,l’armonia. Quando si centrano simili obiettivi è follia  ritardarne  la fruizione per un astratto concetto di potenziale durevolezza. Prontezza,equilibrio e armonia sono gli scopi per cui è fatto un vino e ne è attesa la beva. Perlomeno singolare pensare di cogliere picchi emozionali al di là del punto apicale della sua parabola gustativa. Potendo,come altre volte ho avuto modo di spiegare,non correrò mai questo rischio:la tomba esofagea reclama l’ennesima vittima sacrificale. Sorsi su sorsi cresce lo stupore . All’unanimità ,compreso Lino di passaggio,fatichiamo  a riconoscere un Sangiovese. O meglio non ricordavamo quanto nobile fosse il suo lignaggio. Nebbioli e Pinot neri inchinatevi : assistiamo alla rivelazione della terza persona di una ipotetica deità trinitaria del frutto d’uva. La Toscana,troppo volte sopravvalutata per la piacioneria degli infiniti blend supertuscaniani ,rifulge di luce finalmente autoctona. Gianfranco Soldera,considerato una sorta di mago del Brunello  come e forse più della stella polare  e storico astro ilcinese Biondi Santi ,produce  un vino di maniacale cesello. Nel totale rispetto di piante e terreno cresce una materia prima congenitamente sana e prestante. Poi,una trasformazione senza forzature assicura un prodotto capace di strabiliare  le più smaliziate papille gustative. Questo 2003 è di un bel rubino luminoso. Dal disco roteante salgono effluvi odorosi copiosissimi:humus ,cuoio,cacao,lievi accenni al pepe nero,frutta rossa spiritata. In bocca è calda carezza felpata e i tannini,croce e delizia di tutti i grandi rossi del mondo,sono ordito  perfettamente inserito nella trama gustativa. Altro che astringenze invalidanti! Quelle che ti fanno esclamare : non è pronto ma durerà decenni. Francamente me ne infischio di quanto un vino può reggere  dignitosamente le ingiurie  del tempo:amo i vini,come il Brunello di Soldera,dalle immediate risultanze goduriose.
Rosario Tiso

 

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