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giovedì 19 marzo 2015

Edoardo Valentini ed il suo Montepulciano d'Abruzzo



Cosa si prova a degustare uno dei vini migliori del mondo? Io lo so da quando ho bevuto il Montepulciano d’Abruzzo di Edoardo Valentini. Trattasi del millesimo 1995 e all’uscita fu accolto come un enfant prodige. A nulla valsero le raccomandazioni ad attenderlo verso l’acme della massima espressività. Era tale la voglia di provare finalmente la versione “archetipica” di un vino realizzato con le uve Montepulciano che sul finire del 2001 ho proceduto senza indugio allo stappo. Ma vale la pena raccontare la storia che sottende all’evento prima di lanciarmi nella descrizione entusiastica della beva. Era il 1994 quando incontrai per la prima volta Edoardo Valentini. Non si trattò di un approccio fisico,bensì di una conoscenza più approfondita dell’uomo attraverso le sue parole nel corso di un’intervista. Fino ad allora conoscevo di fama il produttore e i suoi gioielli enoici. Ma nell’ascolto delle sue piccole confidenze durante il breve dialogo con un giornalista  fatto più di silenzi che di parole,quelle poche frasi pronunciate quasi in un sussurro rivelarono la cifra dell’uomo. Un gentiluomo di campagna con una passione irriducibile per il vino o meglio,come Lui stesso ebbe a dire,dell’interazione fra uomo e Natura . Ed il vino è uno dei frutti più belli di questa arcana collaborazione.    Segreti enologici, dritte enotecniche sembrava non possederne. I suoi vini erano il prodotto di poche e semplici azioni svolte però con perfezione. Partendo da un sistema di allevamento scartato da tutti quanti sulla terra intendono fare vino di qualità,il tendone;eludendo  l’utilizzo delle botti piccole per l’affinamento delle sue creature dopo averle sperimentate prima di ogni altro in Italia,negli anni cinquanta;controllando le rese in vigna senza parossistiche scremature del prodotto uva  e provando piuttosto ad osservare le piante e le loro necessità. Amava dire di rifarsi ai pre-socratici .Non che quest’ultimi fossero esperti viticoltori. Piuttosto riferendosi alla loro sensibilità nell’assecondare il corso degli eventi naturali. E con l’accortezza di regalare lunghi affinamenti in bottiglia ai suoi gioielli per farli trovare in forma smagliante già all’esordio. Con Edoardo Valentini (e adesso con suo figlio Francesco…)non esistevano bottiglie commercializzate e non pronte o all’altezza della loro fama. E non ha mai detto,come tanti altri produttori, di aspettare decenni per fruire dei suoi nettari. I suoi vini si potevano bere subito o decidere d’attenderli. Ma sentite cosa mi ha riservato la mia ansia d’appagamento. Il Montepulciano d’Abruzzo 1995 di Valentini era di tale intensità cromatica da lasciar intravedere a malapena il fondo del bicchiere. Accostate le nari al bevante,sono stato letteralmente travolto dal bouquet :una legione di frutti rossi dall’ingente  e indefinibile effluvio odoroso. Nonostante la giovane età ecco approssimarsi alle successive snasate il terziario:ricordi di cuoio e refoli  di caffè. Il tutto ammantato da una coltre alcolica e glicerica fuori dal comune. Come pure la bevibilità . Figlia dell’equilibrio? Dico di più:dell’armonia. Con buona pace di quanti preconizzavano una beva acerba e incompiuta,mi son trovato di fronte uno stupefacente vino rosso talmente completo da non richiedere neppure una sponda gastronomica:il Montepulciano d’Abruzzo 1995 di Edoardo Valentini rimane nel mio immaginario  il capofila di una categoria nuova:un vino rosso che senza essere passito o liquoroso merita di essere bevuto da solo in meditazione. Per intercettare forse,come il suo facitore,riverberi di quella sapienza antica che lo ha sempre ispirato in vita.
Rosario Tiso


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