Cosa si
prova a degustare uno dei vini migliori del mondo? Io lo so da quando ho bevuto il
Montepulciano d’Abruzzo di Edoardo Valentini. Trattasi del millesimo 1995 e all’uscita
fu accolto come un enfant prodige. A
nulla valsero le raccomandazioni ad attenderlo verso l’acme della massima
espressività. Era tale la voglia di provare finalmente la versione “archetipica”
di un vino realizzato con le uve Montepulciano che sul finire del 2001 ho
proceduto senza indugio allo stappo. Ma vale la pena raccontare la storia che
sottende all’evento prima di lanciarmi nella descrizione entusiastica della
beva. Era il 1994 quando incontrai per la prima volta Edoardo Valentini. Non si
trattò di un approccio fisico,bensì di una conoscenza più approfondita
dell’uomo attraverso le sue parole nel corso di un’intervista. Fino ad allora
conoscevo di fama il produttore e i suoi gioielli enoici. Ma nell’ascolto delle
sue piccole confidenze durante il breve dialogo con un giornalista fatto più di silenzi che di parole,quelle
poche frasi pronunciate quasi in un sussurro rivelarono la cifra dell’uomo. Un
gentiluomo di campagna con una passione irriducibile per il vino o meglio,come
Lui stesso ebbe a dire,dell’interazione fra uomo e Natura . Ed il vino è uno
dei frutti più belli di questa arcana collaborazione. Segreti enologici, dritte enotecniche
sembrava non possederne. I suoi vini erano il prodotto di poche e semplici
azioni svolte però con perfezione. Partendo da un sistema di allevamento
scartato da tutti quanti sulla terra intendono fare vino di qualità,il tendone;eludendo
l’utilizzo delle botti piccole per
l’affinamento delle sue creature dopo averle sperimentate prima di ogni altro
in Italia,negli anni cinquanta;controllando le rese in vigna senza
parossistiche scremature del prodotto uva
e provando piuttosto ad osservare le piante e le loro necessità. Amava
dire di rifarsi ai pre-socratici .Non che quest’ultimi fossero esperti viticoltori.
Piuttosto riferendosi alla loro sensibilità nell’assecondare il corso degli
eventi naturali. E con l’accortezza di regalare lunghi affinamenti in bottiglia
ai suoi gioielli per farli trovare in forma smagliante già all’esordio. Con
Edoardo Valentini (e adesso con suo figlio Francesco…)non esistevano bottiglie
commercializzate e non pronte o all’altezza della loro fama. E non ha mai
detto,come tanti altri produttori, di aspettare decenni per fruire dei suoi nettari.
I suoi vini si potevano bere subito o decidere d’attenderli. Ma sentite cosa mi
ha riservato la mia ansia d’appagamento. Il Montepulciano d’Abruzzo 1995 di
Valentini era di tale intensità cromatica da lasciar intravedere a malapena il
fondo del bicchiere. Accostate le nari al bevante,sono stato letteralmente
travolto dal bouquet :una legione di
frutti rossi dall’ingente e indefinibile
effluvio odoroso. Nonostante la giovane età ecco approssimarsi alle successive
snasate il terziario:ricordi di cuoio e refoli
di caffè. Il tutto ammantato da una coltre alcolica e glicerica fuori dal
comune. Come pure la bevibilità . Figlia dell’equilibrio? Dico di
più:dell’armonia. Con buona pace di quanti preconizzavano una beva acerba e
incompiuta,mi son trovato di fronte uno stupefacente vino rosso talmente
completo da non richiedere neppure una sponda gastronomica:il Montepulciano
d’Abruzzo 1995 di Edoardo Valentini rimane nel mio immaginario il capofila di una categoria nuova:un vino
rosso che senza essere passito o liquoroso merita di essere bevuto da solo in
meditazione. Per intercettare forse,come il suo facitore,riverberi di quella
sapienza antica che lo ha sempre ispirato in vita.
Rosario Tiso
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