E’ un
eufemismo considerare il contesto esistenziale in cui opero un ambiente non
favorevole alle Muse. Più facile definirlo “tout court” semplicemente inadatto
a qualsivoglia evoluzione culturale. Eppure
incontestabilmente costituisce il semenzaio della mia spiritualità. Non mi si
consideri affetto dallo sterile orgoglio della provincia se affermo che la vita
contiene sempre, comunque e dovunque, spunti sufficienti a promuovere un’espressione
artistica,nell’accezione più ampia del termine. Sia che si tratti del poetare o
dello scrivere,della musica piuttosto che della danza o della creazione
pittorica,o del coltivare le più svariate attività dove riversare la propria
passione,la manifestazione di quanto si è incamerato e dissolto nello spazio
segreto dell’interiorità è prerogativa di ogni essere umano. Poco importa se
ciò avvenga a livello amatoriale e confidenziale o si espanda fino a nutrire
ambizioni di universalità:quel che si cerca è,in ultima analisi,l’equivalente
espressivo delle proprie inquietudini. Val bene dunque qualsiasi forma, purchè atta allo scopo: far defluire la piena di
sensazioni generata dai traboccamenti dell’anima.
Quando provai, alcuni anni orsono e per la prima volta,a far roteare il
vino nel bicchiere,ad osservarlo,annusarlo e gustarlo con una attenzione
nuova,mai avrei immaginato quanta parte di me si sarebbe trasferita in quei
gesti e in quelle emozioni. Da allora il bere vino non è stato più una mera
attività ludica e goliardica alla ricerca del piacere e dell’oblio ma un atto
creativo a tutti gli effetti. L’approccio ad ogni bevuta mi vede nella veste di
co-creatore, nel valutare e dar voce e rilievo ad ogni singolo elemento che
lambisce i miei sensi,dell’opera già realizzata da vignaiuoli ed enologi ed in
un rapporto di assoluta necessità:senza l’uno,l’altro non avrebbe alcun
senso. Degustare è dare fondo alle
facoltà intellettive e a quelle immaginifiche,che è esattamente quello che
avviene quando si produce un’opera d’arte. E come per l’arte,se e quando scatta
l’emozione,si manifesta il suggello di Dio. Degustare come far
poesia, degustare come scrivere, degustare come suonare uno strumento musicale,
degustare come dipingere. L’irrompere del piacere sulla scena rivela quel
valore aggiunto che travalica la corretta esecuzione dell’atto:è l’esultanza di
aver trovato il nesso col divino,un triplice Est! di assenso alla vita. Qualcuno
obietterà che stiamo di fronte a tesi deliranti. Ma inviterei gli scettici a farne
sinceramente l’esperienza.
Rosario Tiso
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