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giovedì 2 aprile 2015

"Jo"



Cosa c’è da raccontare della degustazione di un vino che possa interessare l’occasionale, appassionato bevitore? Quel che si è provato o ha riscontri oggettivi e risultare perciò banale, oppure è un “unicum” esperienziale che nessuno può capire. Si finisce comunque per esprimerlo per la naturale, umana esigenza di condividere un’emozione traboccante.Al cospetto dello “Jo”2007 (da Ionio, il mare che lambisce le fascinose terre del tacco d’Italia),in una serata nata sublime per l’accoppiata con l’Es 2007(il primitivo), sono mancati  concreti riferimenti enologici. L’aspettativa di un negramaro consueto è stata del tutto disattesa. D’altronde a casa “Fino” urge la ricerca dell’assoluto vinicolo!  Difficile trasmettere la malìa e l’incanto di una bevuta eccezionale che neppure la confusione di un Sabato sera in un locale stracolmo di gente ha saputo turbare.                                                                                                                               Lo  “Jo” 2007 è ragione della sua stessa esistenza. Il suo profilo organolettico non è assimilabile a nessun canone precedentemente svolto dai più blasonati vini da uve negramaro in purezza fin qui conosciuti. Non è un Patriglione né un Graticciaia, un Masseria Maìme o un Duca d’Aragona.E’ “Jo”. Immensamente e semplicemente “Jo”. Unico  nel suo genere. Con precise caratteristiche e proprietà. Monumentale fino a vette di pienezza gustativa mai lambite da nessun’altro vino da uve Negramaro. 16,5° di alcol disperso in equilibratissimo frutto, delicatamente speziato, con un residuo zuccherino efficace nella sua funzione di smussare ogni spigolosità di cui un estratto così poderoso è congenitamente dotato. Vergine nei sapori e negli esiti gustativi come un’ambrosia spillata da grappoli ubertosi di solarità baciati, pregni di umori minerali, conciati con sapiente tocco e raffinata elevazione nell’alveo di un terziario elegantissimo e lieve, sorprende per la calda effusione di sapori che invadono la bocca fino ad ammantare e stregare, in un abbraccio totale e saturante, ogni intento esplorativo. Si è appagati e non si ha voglia neppure di saperne il perché. Per non distrarsi dal puro godimento. Il piacere è la cifra di questo vino. Che sa promettere nei profumi intensi ed intriganti, folate di macchia mediterranea e humus, richiami di frutta rossa sotto spirito e ricordi di fiori appassiti, del primo approccio olfattivo. Che sa mantenere al gusto con note di cacao, vaniglia e cannella di rara suadenza. Che sa imprimere nella memoria sensoriale nel ridondante ritorno retro-olfattivo ed in una inesauribile persistenza.                                                                                                                                Come abbia potuto Gianfranco Fino in pochi anni  realizzare simili capolavori è inspiegabile.C’è da ipotizzare una subliminale interazione fra l’anima del produttore, la sua profonda passione, la sua meticolosità e caparbietà nel dare corso ai suoi sogni e i vetusti vitigni ad alberello scelti per produrre i suoi vini. Un travaso di energia creatrice dall’uomo alla pianta. Il miracolo dello spirito che orienta la natura ed il suo corso. Il miracolo “Jo”.
Rosario Tiso


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