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venerdì 17 aprile 2015

“Rossj” Gaja a Foggia



Si è appena  spenta l’eco della degustazione della galassia enoica di “Gaja distribuzione” , svoltasi al ristorante “Al Primo Piano” di Foggia alla presenza di Rossana Gaja, e mi ritrovo nella silente alcova del mio studio a srotolare il gomitolo dei ricordi,a ripercorrere la carrellata di immagini impresse nella memoria di un evento nato nobile per il lignaggio di una parola,di un contenuto,di una realtà intessuta di leggenda: Gaja.
Sommelier e “opinion leader”, così mi ha presentato lo chef Nicola Russo all’atto dei convenevoli di rito. Il primo appellativo corrisponde a verità. Il secondo è una formula per dare un nome alla mia “poetica”  inclinazione a parlare e scrivere di vino. Ma quel che non ha potuto sintetizzare in una parola e che neppure un reiterato contatto può servire a raccontare è il mio amore per il marchio e per la figura di Angelo Gaja. Non si può esprimere  compiutamente  quanto contasse per me essere al cospetto del mito enologico per eccellenza dell’italica vigna. Gaja è stato il sogno e il vagheggiamento enoico più ricorrente  degli esordi. E che esordi. Con i miei sodali di bevute(di volta in volta identificati con i nomi di fantasia che il mio estro quasi “letterario” mi suggeriva,dalla “Setta dei Bevitori estinti” ai Bevitori prima “Randagi” e poi “d’Alta quota”…) si cercava assiduamente l’eccellenza e si formulavano ipotesi sull’immigliorabile vinicolo. E Gaja era sempre in testa. Ogni investimento spirituale e materiale pareva  anelare e concretizzarsi in una sua bottiglia. Il “Barbaresco” lo bevemmo più volte. Facevamo persino collette e rompevamo salvadanai  pur di permetterci l’ambita beva. Poi fu la volta dello “Sperss”. Quindi l’emozione del “Darmagi”. Quando ottenni una promozione sul lavoro fu la scusa per concedermi un “Gaja e Rey”. Al mio 40° compleanno brindai col  Brunello Rennina in una delle sue prima versioni. E via dicendo. Fino all’incontro assoluto : Sorì Tildin 1993. Questo,il passato. Tornando alla recente degustazione posso dire  che la formula adottata(probabilmente l’unica possibile per ragioni pratiche) non trova la mia personale approvazione. Troppi vini in rapida successione,una sorta di orgia enoica! In principio ho apprezzato tantissimo il vermouth bianco ambrato di Mancino. Complimenti per il fiuto “sensoriale” che  ha permesso di snidarlo nella ridda infinita di possibilità che offre il mercato. Poi la sequela dei bianchi. Apprezzabili  il gewurztraminer di Yarden per il suo portato esotico e il rosato di Guigal per la sua sapidità. Un discorso a parte per il vino dedicato a  Rossana Gaja, il Rossj- bass: mi piacerebbe che evitasse del tutto i legni per coglierlo con la freschezza e con l’immediatezza che ci si attende da un prodotto più giovane e più pronto . Amerei percepire intonse le sue fragranze. Per lo Chardonnay di casa lascerei al “Gaja e Rey”  il compito di esprimersi su livelli più consoni al gusto internazionale  e l’onere di sfidare gli anni. Per i rossi c’è stato il voluto “crescendo”. Il Barbaresco me lo ricordavo così, denso, carico di gusti e d’aromi, profondo e misterioso che si può bere solo a piccolissimi sorsi,senza le ombre  di una viscosità e di astringenze invalidanti. Ma  il Barbaresco di Gaja è refrattario alla brutalità del consumismo: va bevuto con religiosa attenzione. Molto espressivo poi il Brunello. Ancora e fatalmente tannico,data la breve età,il Barolo. Dal Dagromis,dall’approccio ancora scomposto e ridente della gioventù,parevano però effondersi presagi di grandeur di là da venire ed ancora profumati di fresco. L’ultima riflessione la faccio su Rossana Gaja. In maniera un pò provocatoria  ho chiesto di getto se le era mai passato nella mente di fare qualcos’altro nella vita. Dopo averla vista all’opera posso dire che ha fatto centro. A volte si hanno ali forti e instancabili ma non si conoscono i rudimenti del volo. Quando poi li si apprende si è un po’ più vecchi e le forze non tengono più dietro al sogno. Il caso di “Rossj”  è invece quello in cui  queste valenze si sono coniugate in sinergia e rendono capaci di padroneggiare l’Alta quota con maestria. Il futuro l’attende.
Rosario Tiso




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