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sabato 4 aprile 2015

Estremismi friulani



Quel Carso friulano che a Scipio Slataper pare "...duro e buono...", dove
"...ogni suo filo d'erba ha spaccato la roccia per spuntare, ogni suo fiore ha bevuto l'arsura per aprirsi...", "...spazzato dai venti e mitigato dalle brezze marine..."
e il Collio Goriziano, fucina di grandi vini bianchi italiani, entrambi al confine con la Slovenia,
sono diventati una sorta di laboratorio di nettari "estremi" e primordiali.
Di fronte ad un prodotto di Gravner, Radikon o Vodopivec, più che bere un vino, sembra a volte di masticare gli umori buoni della terra associati all’essenza dell’uva o di sorseggiare un whisky delle isole scozzesi( Talisker, Oban) correttamente allungati con acqua cristallina, tali e tanti sono i sentori salmastri, torbati, minerali in essi profusi.
Il colore è già quasi uno shock.
Vini bianchi vinificati come rossi con prolungato contatto con le bucce, dall'aspetto quasi  velato e i riflessi ramati(rossastri in Radikon). Sentori spessi, materici,  di frutto conciato e crete, e importante ossidazione soprattutto nella fase pioneristica dei singoli produttori.
Viene da chiedersi: qual è  lo scopo di tutto questo?
Perchè le anfore, fermentazioni senza controllo, assenza quasi totale di un qualsiasi intento correttivo, macerazioni prolungate fino al parossismo?
Sembrano vini che negano la storia enologica recente, atta anche a migliorare scientemente il prodotto dell'uva, per restituirgli una rusticità ancestrale. Sembrano tentativi di realizzare un’ulteriore evoluzione palatale.
A fatica ci si fa strada nelle sabbie mobili di un gusto agli esordi quasi ostile, per farsi poi sempre
più intrigante. Non è da tutti avvicinarsi a tali enigmi gustativi.
Vale pertanto l'ammonimento di Gravner: "Faccio i vini che mi piacciono..."
Mi verrebbe da dire: e noi con voluttà li beviamo.
Rosario Tiso






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