Quel Carso
friulano che a Scipio Slataper pare "...duro e buono...", dove
"...ogni
suo filo d'erba ha spaccato la roccia per spuntare, ogni suo fiore ha bevuto
l'arsura per aprirsi...", "...spazzato dai venti e mitigato dalle
brezze marine..."
e il Collio
Goriziano, fucina di grandi vini bianchi italiani, entrambi al confine con la
Slovenia,
sono
diventati una sorta di laboratorio di nettari "estremi" e
primordiali.
Di fronte ad
un prodotto di Gravner, Radikon o Vodopivec, più che bere un vino, sembra a
volte di masticare gli umori buoni della terra associati all’essenza dell’uva o
di sorseggiare un whisky delle isole scozzesi( Talisker, Oban) correttamente
allungati con acqua cristallina, tali e tanti sono i sentori salmastri, torbati,
minerali in essi profusi.
Il colore è
già quasi uno shock.
Vini bianchi
vinificati come rossi con prolungato contatto con le bucce, dall'aspetto quasi velato e i riflessi ramati(rossastri in
Radikon). Sentori spessi, materici, di
frutto conciato e crete, e importante ossidazione soprattutto nella fase
pioneristica dei singoli produttori.
Viene da chiedersi: qual è lo scopo di tutto questo?
Viene da chiedersi: qual è lo scopo di tutto questo?
Perchè le
anfore, fermentazioni senza controllo, assenza quasi totale di un qualsiasi
intento correttivo, macerazioni prolungate fino al parossismo?
Sembrano
vini che negano la storia enologica recente, atta anche a migliorare
scientemente il prodotto dell'uva, per restituirgli una rusticità ancestrale.
Sembrano tentativi di realizzare un’ulteriore evoluzione palatale.
A fatica ci si fa strada nelle sabbie mobili di un gusto agli esordi quasi ostile, per farsi poi sempre
A fatica ci si fa strada nelle sabbie mobili di un gusto agli esordi quasi ostile, per farsi poi sempre
più
intrigante. Non è da tutti avvicinarsi a tali enigmi gustativi.
Vale
pertanto l'ammonimento di Gravner: "Faccio i vini che mi
piacciono..."
Mi verrebbe
da dire: e noi con voluttà li beviamo.
Rosario Tiso
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