La “Cuvée Louise” incontra il “Cœur de Roy” di Dugat-Py
Forse
non tutti sanno che lo champagne era in origine una bevanda tendenzialmente
dolce. Poi ci pensò una delle “vedove” che hanno fatto la storia dello
champagne a ideare una versione secca, leggera ed elegante, ed iniziò a produrre
quel che noi oggi definiamo il tipo “Brut”, con un residuo zuccherino nettamente inferiore
rispetto a quello che normalmente veniva espresso dalle Maison attraverso la "liqueur d’expedition". Era il
1874 quando Jeanne Alexandrine Louise
Mélin, passata alla storia col cognome acquisito come Louise Pommery e trovatasi a capo della Maison Pommery nel 1858 a soli 39 anni, suggerì allo chef de cave della Maison Victor Lambert la variazione di
stile con le seguenti, immortali parole: “…desidero uno champagne il più secco possibile, ma privo di asprezza…
che sia morbido, vellutato e armonico… desidero che se ne curi innanzitutto la finezza”. Nacque
così il “Pommery Nature” e la rivoluzione ebbe inizio. Per rendere omaggio a questa donna eccezionale, nel
1979 la Maison ha creato la “Cuvée Louise”, facendone la sua “Cuvée Prestige”, presentandola
al pubblico nel 1986 per celebrare la sua memoria e rappresentarne lo stile. Con simili presupposti e all’ombra di così grande importanza e lignaggio , avere a disposizione le annate 1999 e 2002
avrebbe dovuto rappresentare
per i “Bevitori d’Alta quota” qualità sufficiente per organizzare una serata e
rendere memorabile una degustazione. Ma per
noi , bevitori inveterati e spregiudicati, non deve mai mancare un ulteriore “coup de theatre”. E quale bottiglia
potrebbe costituirlo meglio di un Gevrey-Chambertin Cuvée “Cœur de Roy” di Dugat-Py? Bernard
Dugat, poi anche Py, è un produttore notissimo agli appassionati dei vini
di Borgogna dalla seconda metà degli
anni ’90, per aver fatto sobbalzare chiunque assaggiasse i suoi vini tratti dal
comune di Gevrey Chambertin, a causa della inaudita concentrazione di profumi,
di colore e di sensazioni mai vista e sentita prima in un vino borgognone. Era il 1994 quando il Domaine
Dugat divenne Dugat-Py , aggiungendo
il nome da nubile di Jocelyne, moglie di Bernard Dugat. Dal 1999 si cominciò a
intraprendere la strada verso una conduzione biologica delle vigne di
proprietà,percorso da ritenersi completato
nel 2003. Ma nel domaine si va oltre: in diversi appezzamenti si stabilisce
l’aratura con i cavalli e l’uso sistematico di preparati biodinamici per
nutrire il terreno. Lo stile Dugat-Py non può che risentirne sotto l’aspetto di
una più generale levità organolettica. Ma veniamo al nostro “Cœur de
Roy”. Pinot nero al 100% con età media delle viti che
oscilla tra i 50 e i 100 anni e anche più, visto che il vigneto vide la luce
nel 1910, dà vita ad
una produzione bassissima : solo poco più di 4000 bottiglie
l’anno. Dal 1999 la conduzione agronomica è pressoché biodinamica. La
vinificazione è tradizionale (lieviti indigeni etc,etc), l’invecchiamento in
botti nuove di rovere è tra i 16 e 18 mesi , nessuna filtrazione o stabilizzazione di sorta. Il prodotto che ne
consegue è suscettibile di lungo invecchiamento ma può essere apprezzato anche giovane, cosa che ci
apprestiamo a fare stasera. Abbiamo infatti per le mani l’annata 2009, considerata molto
promettente. Sicuramente andava conservata e anche tanto, ma la voglia è ormai
tracimata dall’alveo dell’intento dell’attesa. A noi piace la sfrontatezza e
l’esuberanza della gioventù almeno quanto la misurata eleganza e la maggiore
complessità recata dall’invecchiamento! E poi, come diceva Pascal , “Le cœur a ses
raisons que la raison ne connaît point”, ovvero ” Il cuore ha ragioni che esulano dal raziocinio”. Bando alle ormai inutili parole, dunque , si passi alla beva!
Prima lo champagne, poi il vino rosso di borgogna!! La Cuvée
pensata in onore di Louise Pommery nasce da tre Gran Cru di prestigio nella
Champagne: Avize e Cramant per lo Chardonnay, Ay per il Pinot Noir. Lo Chef de Cave della Maison Thierry Gasco, dopo l’assemblaggio ed un lungo affinamento di 8 anni e oltre nelle Cave (cantine) di gesso
della Maison, ci presenta questo 1999: lieviti e sentori agrumati si alternano a note di frutta caramellata ; l’acidità è notevole e ne fa uno Champagne ancora da invecchiare ma
subito da godere. Non bisogna aspettarsi molto altro dall’evoluzione di uno champagne
e non va mai dimenticata la sua intima vocazione volta alla freschezza, alla solarità, alla fragranza. La struttura del 1999 è da spendere ovunque. Parlare di questi campioni
sembra la fiera della banalità, ma tenterò di inanellare qualche altra perifrasi per provare a restituire le sensazioni destateci dall’annata 2002 (memorabile e ricordata tra le più grandi in assoluto in Champagne,
sintesi di perfetta maturazione del frutto e di acidità calibrata). Cuvée composta per il 65% da Chardonnay e per il
35% da Pinot Noir provenienti dai soliti 3 Grands Crus della Cote de Blancs e della
Vallée de la Marne, il 2002 è affinato sui lieviti qualcosa
come dieci anni. Il primo sorso restituisce una
mirabile sintesi: freschezza e intensità, levità di tocco e carezza suadente
sembrano fuse in un unico afflato. Non chiedetemi richiami analogici a fiori o
frutti: dirò della canonica crosta di pane presente ad ogni ofazione, della
mobidezza in deglutizione e di un generale caldo abbraccio che ci fa provare
brividi di piacere. E soprattutto le note gessose e minerali in entrata e la delicatezza all’assaggio : da
annoverare fra i migliori “incipit” organolettici da champagne degli ultimi
tempi . Altro non so e non voglio dire: inizia la deriva emozionale, voglio
solo bere! Cosa vogliamo di più ? Ci apprestiamo ad incontrare il nettare della Borgogna, chiedendoci quali altri incanti potrebbe riservarci la serata. La novità storica costituita da Dugat – Py all’esordio si manifesta già all’occhio con un colore quasi impenetrabile e un intenso naso di frutti
rossi. L’assaggio è sorprendente: che esuberanza, quali mirabili fuochi
d’artificio! Tutto sembra prendere d’assalto i recettori sensoriali . E’ la
personalissima interpretazione della Borgogna che ha reso celebre Dugat-Py !!.
Ma poi sentiamo una fonda mineralità, quasi torbata, strali di humus, afrore di sottobosco, funghi, tartufo. Il gusto è pieno.
Non è una pienezza grossolana, ma una ricchezza dovuta al saturante concorso di
copiosi estratti che mai debordano dagli argini di una compiuta armonia. Questo vino è seta.
Questo vino è velluto . Con le cuspidi
consuete della gioventù : acidità e tannini. E noi, ancora più su, attraverso i
crinali d’Alta quota che caratterizzano le nostre peregrinazioni, non possiamo
che goderne. L’oblio ci attende, alla fine della corsa, e ci rende ormai
silenti. Fra le prelibatezze gastronomiche della serata, di cui non parlo quasi
mai, non posso evitare la citazione di
un piatto strepitoso : “Pappardelle con tartufo nero di Norcia e alici
del mar cantabrico”. Da sole avrebbero meritato il viaggio! La chiusa è stata
poi pirotecnica. Ad un incredibile panettone ai pistacchi di Bronte del
produttore siculo Fiasconaro chiamato
“Oro Verde”, la cui particolarità è quella di essere accompagnato da una crema
ai pistacchi da spalmare sulle fette con l’apposito “spalmino”, abbiamo
associato la versione natalizia della birra artigianale foggiana EBERS, la
“WINTERS”. E’ stata il nostro caffè e la nostra cioccolata.
Rosario Tiso
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