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martedì 28 aprile 2015

La “Cuvée Louise” incontra il “Cœur de Roy” di Dugat-Py



Forse non tutti sanno che lo champagne era in origine una bevanda tendenzialmente dolce. Poi ci pensò una delle “vedove” che hanno fatto la storia dello champagne a ideare una versione  secca, leggera ed elegante, ed iniziò a produrre quel che noi oggi definiamo  il tipo  Brut, con un residuo zuccherino nettamente inferiore rispetto a quello che normalmente veniva espresso dalle Maison attraverso la "liqueur d’expedition". Era il 1874 quando Jeanne Alexandrine Louise Mélin, passata alla storia col cognome acquisito come Louise Pommery e trovatasi a capo della Maison Pommery nel 1858 a soli 39 anni, suggerì allo chef de cave della Maison Victor Lambert la variazione di stile con le seguenti, immortali parole: “…desidero uno champagne il più secco possibile, ma privo di asprezza… che sia morbido, vellutato e armonico… desidero che se ne curi innanzitutto la finezza”. Nacque così il “Pommery Nature” e la rivoluzione ebbe inizio. Per rendere omaggio a questa donna eccezionale, nel 1979 la Maison ha creato la Cuvée Louise, facendone la sua “Cuvée Prestige”,  presentandola  al pubblico nel 1986 per celebrare la sua memoria e rappresentarne lo stile. Con simili presupposti  e all’ombra di così grande importanza e lignaggio , avere a disposizione le annate 1999 e 2002 avrebbe dovuto rappresentare per i “Bevitori d’Alta quota” qualità sufficiente per organizzare una serata e rendere memorabile una degustazione. Ma per  noi , bevitori inveterati e spregiudicati, non deve mai mancare un ulteriore “coup de theatre”. E quale bottiglia potrebbe costituirlo meglio di un  Gevrey-Chambertin Cuvée  Cœur de Roy di Dugat-Py? Bernard Dugat, poi anche Py, è un produttore notissimo agli appassionati dei vini di  Borgogna dalla seconda metà degli anni ’90, per aver fatto sobbalzare chiunque assaggiasse i suoi vini tratti dal comune di Gevrey Chambertin, a causa della inaudita concentrazione di profumi, di colore e di sensazioni mai vista e sentita prima in un vino borgognone. Era il 1994 quando il Domaine Dugat divenne Dugat-Py , aggiungendo il nome da nubile di Jocelyne, moglie di Bernard Dugat. Dal 1999 si cominciò a intraprendere la strada verso una conduzione biologica delle vigne di proprietà,percorso da ritenersi completato nel 2003. Ma nel domaine si va oltre: in diversi appezzamenti si stabilisce l’aratura con i cavalli e l’uso sistematico di preparati biodinamici per nutrire il terreno. Lo stile Dugat-Py non può che risentirne sotto l’aspetto di una più generale levità organolettica. Ma veniamo al nostro    Cœur de Roy. Pinot nero al 100% con età media delle viti che oscilla tra i 50 e i 100 anni e anche più, visto che il vigneto vide la luce nel 1910, dà vita ad una produzione  bassissima : solo poco più di 4000 bottiglie l’anno. Dal 1999 la conduzione agronomica è pressoché biodinamica. La vinificazione è tradizionale (lieviti indigeni etc,etc), l’invecchiamento in botti nuove di rovere è tra i 16 e 18 mesi , nessuna filtrazione o stabilizzazione di sorta. Il prodotto che ne consegue è suscettibile di lungo invecchiamento ma può essere apprezzato anche giovane, cosa che ci apprestiamo a fare stasera. Abbiamo infatti per le mani l’annata 2009, considerata molto promettente. Sicuramente andava conservata e anche tanto, ma la voglia è ormai tracimata dall’alveo dell’intento dell’attesa. A noi piace la sfrontatezza e l’esuberanza della gioventù almeno quanto la misurata eleganza e la maggiore complessità recata dall’invecchiamento! E poi, come diceva Pascal , “Le cœur a ses raisons que la raison ne connaît point, ovvero   Il cuore ha ragioni che esulano dal raziocinio”.  Bando alle ormai  inutili parole, dunque , si passi alla beva! Prima lo champagne, poi il vino rosso di borgogna!!  La Cuvée pensata in onore di Louise Pommery nasce da tre Gran Cru di prestigio nella Champagne: Avize e Cramant per lo Chardonnay, Ay per il Pinot Noir. Lo Chef de Cave della Maison Thierry Gasco, dopo l’assemblaggio ed un lungo affinamento di 8 anni e oltre nelle Cave (cantine) di gesso della Maison, ci presenta questo 1999: lieviti e sentori agrumati si alternano a note di frutta caramellata ; l’acidità è  notevole e ne fa uno Champagne ancora da invecchiare ma subito da godere. Non bisogna aspettarsi molto altro dallevoluzione di uno champagne e non va mai dimenticata la sua intima vocazione volta alla  freschezza, alla solarità, alla fragranza. La  struttura del 1999 è da spendere ovunque. Parlare di questi campioni sembra la fiera della banalità, ma  tenterò di inanellare qualche altra perifrasi  per provare a restituire le sensazioni destateci  dall’annata 2002 (memorabile e ricordata tra le più grandi in assoluto in Champagne, sintesi di perfetta maturazione del frutto e di acidità calibrata). Cuvée composta per il 65% da Chardonnay e per il 35% da Pinot Noir provenienti dai soliti  3 Grands Crus della Cote de  Blancs e della Vallée de la Marne, il 2002 è affinato sui lieviti qualcosa come dieci anni. Il primo sorso restituisce una mirabile sintesi: freschezza e intensità, levità di tocco e carezza suadente sembrano fuse in un unico afflato. Non chiedetemi richiami analogici a fiori o frutti: dirò della canonica crosta di pane presente ad ogni ofazione, della mobidezza in deglutizione e di un generale caldo abbraccio che ci fa provare brividi di piacere. E soprattutto le note gessose e minerali  in entrata e la delicatezza all’assaggio : da annoverare fra i migliori “incipit” organolettici da champagne degli ultimi tempi . Altro non so e non voglio dire: inizia la deriva emozionale, voglio solo bere! Cosa vogliamo di più ? Ci apprestiamo  ad incontrare il nettare della  Borgogna, chiedendoci quali  altri incanti potrebbe riservarci  la serata.  La novità storica costituita  da Dugat – Py all’esordio si manifesta già all’occhio con un colore  quasi impenetrabile  e  un intenso naso  di frutti rossi. L’assaggio è sorprendente: che esuberanza, quali mirabili fuochi d’artificio! Tutto sembra prendere d’assalto i recettori sensoriali . E’ la personalissima interpretazione della Borgogna che ha reso celebre Dugat-Py !!. Ma poi sentiamo una fonda mineralità, quasi torbata, strali di humus, afrore di sottobosco, funghi, tartufo. Il gusto è pieno. Non è una pienezza grossolana, ma una ricchezza dovuta al saturante concorso di copiosi estratti che mai debordano dagli argini  di una compiuta armonia. Questo vino è seta. Questo vino  è velluto . Con le cuspidi consuete della gioventù : acidità e tannini. E noi, ancora più su, attraverso i crinali d’Alta quota che caratterizzano le nostre peregrinazioni, non possiamo che goderne. L’oblio ci attende, alla fine della corsa, e ci rende ormai silenti. Fra le prelibatezze gastronomiche della serata, di cui non parlo quasi mai, non posso evitare la citazione di  un piatto strepitoso : “Pappardelle con tartufo nero di Norcia e alici del mar cantabrico”. Da sole avrebbero meritato il viaggio! La chiusa è stata poi pirotecnica. Ad un incredibile panettone ai pistacchi di Bronte del produttore siculo Fiasconaro  chiamato “Oro Verde”, la cui particolarità è quella di essere accompagnato da una crema ai pistacchi da spalmare sulle fette con l’apposito “spalmino”, abbiamo associato la versione natalizia della birra artigianale foggiana EBERS, la “WINTERS”. E’ stata il nostro caffè e la nostra cioccolata.

Rosario Tiso

 

 

 

 

 

 

 

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