Nella
ricerca di vini italici che stupiscano vorrei segnalare un produttore
valdostano fino a qualche tempo fa misconosciuto e solo da qualche anno salito
alla ribalta del firmamento enologico nazionale per i suoi Chardonnay ”èlevè en
fut de chene”:Anselmet. La maison Anselmet, fondata da Renato, un bonario
signore che ricorda nelle fattezze Ernst Hemingway, condotta con mano sicura e
piglio innovativo dal figlio Giorgio, produce vini di indiscusso fascino.
L'impronta spiccatamente familiare dell'azienda richiama epopee dal sapore
antico. Sui contrafforti che salgono a terrazze, dall'alveo della Dora Baltea, su
entrambi i versanti contrapposti di Villeneuve e St. Pierre, gli Anselmet hanno
avuto l'ardire di coltivate Syrah (Henry) e Traminer(Stephanie), ma poi hanno concepito una sorta di Amarone
della Vallèe,”Le Prisonnier” (Un malcelato richiamo alla Recherche di proustiana
memoria?),da uve autoctone: Petit rouge, Cornalin, Fumin. Come dire ,passato e
presente, tradizione e innovazione. Vi esorto a berli i vini di Anselmet, così
come ho fatto io. Prima irretito dai racconti di un mio fraterno amico
trasferitosi ad Aosta dalla natìa Foggia e residente in una casa che guarda i
vigneti della maison ( la condizione privilegiata di dirimpettaio lo ha portato
prima ad avvicinare, poi a stringere un'amicizia col patriarca di casa
Anselmet). Poi conquistato dalle bottiglie che periodicamente l'amico mi reca
nei suoi viaggi verso sud.
Rosario Tiso
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