Quando
si ha a che fare con il principe dei vitigni non si riesce mai a prevedere
quali viaggi sensoriali ci si appresta ad intraprendere, sia pure dall’alto di
una assidua frequentazione dei crinali delle alte vette organolettiche, da
sempre regno di bevitori d’Alta quota e degustatori indipendenti. L’avventura enoica
si avvale sempre di nuovi protagonisti. Che dire di un abbrivio affidato al
“Blanc de Noirs” di Eric Rodez? Il Pinot Nero ruggisce nelle spire di un
nettare sapido e graffiante, espressione verace del terroir del Grand Cru
di Ambonnay, trasferito senza
infingimenti nel bicchiere. E se il Bourgogne 2010 dell’allievo di Derain,
Julien Altaber, funge da intermezzo alcolico quasi senza lasciare traccia,
tocca al Pinot Noir “Cuvée Julien” 2011
di Jean Francois Ganevat il ruolo di ennesima e indimenticabile espressione di
un’uva che non smette mai di stupire.
Nel bicchiere afrori di sottobosco e strali minerali di viva roccia si offrono
ai sensi attoniti e sognanti di falesie mediterranee . Il pensiero corre ai
sentieri che conducono alla magica Baia dei Gabbiani, la “nostra” “Vignanotica”,
quando la si raggiunge a piedi fra ulivi
e carrubi millenari e l’olfatto è saturo dell’odore dell’origano selvatico,
della menta, dei millanta fiori e frutti sparsi ovunque d’intorno. La brezza
marina reca la salinità pietrosa della battigia e ce la si ritrova in bocca
come un ulteriore respiro, quasi seccata dall’arsura. Ma qui trattasi di
tannini, delle "Cotes du Jura".
Rosario
Tiso
Nessun commento:
Posta un commento