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martedì 21 aprile 2015

Champagne e Borgogna



I “Bevitori d’Alta quota” hanno ormai imboccato il sentiero impervio ed esaltante delle grandi degustazioni “ragionate” alla scoperta dei vini più emozionanti del  pianeta. Questa volta tocca allo champagne  principiare  un  percorso sensoriale ardito e ad un bianco di razza costituire la meta,l’ultima Thule gustativa della serata. Tre i campioni ai blocchi di partenza nella consueta alcova del wine-bar Cairoli: lo Champagne Brut Nature Les Rachais 2006 di Francis Boulard, lo Champagne Brut Tradition - Grand Cru  di Egly-Ouriet  e il
Puligny-Montrachet 2004 del Domaine de Puligny Montrachet. Francis Boulard e sua figlia Delphine elaborano ormai da tempo degli “Champagne de vigneron” di grande carattere.  Orientati  con pieno coinvolgimento fisico e spirituale verso la viticoltura biologica e biodinamica, i Boulard producono vini dalla grande personalità olfattiva e dall’intrigante trama gustativa. In una luminescente veste aurea, il nettare “Les Rachais” sciaborda nel bevante con una certa  vivacità di spuma che si risolve presto  in discrete catenelle di fine perlage. Morbido e carnoso,eppure sapido e minerale,sorprende per la rotondità e la carezza felpata del tocco nonostante l’assenza di dosaggio. L’acidità in punta e la fruttuosità montante,man mano che il calore la stana,sono ulteriori stimoli  saporiferi che dilatano la persistenza gusto-olfattiva. Non si poteva cominciare meglio. A seguire lo champagne di Egly Ouriet. Francis Egly  è il mago del Pinot .Sia col Nero che col Meunier ha fatto grandi cose. Col Brut Tradition Grand Cru ci fa godere con la fragranza dei lieviti e i sentori di brioche,col frutto che lentamente si palesa,con la vaniglia che si evince e con ricordi agrumati ed esotici finissimi che si dipanano durante la degustazione. Brillante e luminoso,persistente ed elegante,sciorina freschezza e continui ritorni minerali. E il calore dei gessi della Montagne de Reims è tutto in questa beva. Sontuoso.  E dopo tante analisi  e parole ci attende una frusciante emozione nel puro piacere edonistico e conviviale gravido di storia e di alto lignaggio di uno  chardonnay borgognone. Il Domaine Du Château de Puligny – Montrachet  è stato proprietà del Credit Foncier dal 1989. Ma la conduzione tecnica dei vigneti e della vinificazione è stata affidata sin dal principio all’estro di Etienne De Montille. Poi la proprietà è passata ai De Montille e adesso l’azienda è nelle valenti mani di Etienne. E’ inutile dire quanta serietà e perizia sono riversate in questo lavoro dal figlio di Hubert. Chi lo ha visto in azione nel film di Jonathan Nossiter  “Mondovino”  sa che l’approccio di Etienne alla vite è tanto sacrale quanto rigorosissimo. Indimenticabile la  lezione di qualità impartita ai suoi lavoranti impegnati in vigna. Constatata la gran quantità di grappoli  rimasti appesi alle viti e illesi perché sfuggiti alla cesoia,Etienne  redarguì gli addetti per aver congiurato contro l’ottenimento di una maggiore  qualità. Essa infatti passa solo attraverso le basse rese per ceppo:solo pochi grappoli per pianta devono suggere linfa dal terreno e spartirsi minerali e umori disponibili. Il suo Puligny – Montrachet è stupendamente archetipico. Alla cieca molti avrebbero sulle prime pensato ad un riesling della Mosella,tale è il profluvio di note iodate e minerali che promana dal cerchio del bicchiere. Ma la conduzione esemplare del vigneto ci racconta il profilo del benedetto terroir di Puligny senza infingimenti: grassa e opulenta la trama;lieve ed elegante l’ordito. Grande classe per un frutto intonso e solo brevemente percorso da ricordi di una velata ossidazione che in realtà non  sussiste ma è una sorta di traboccamento di sapidità . Questa è la souplesse dei grandi vini francesi :per essere degli astri organolettici sulle prime strabiliano;poi non si accontentano  e finiscono per sedurre,a volte per sempre. Noblesse oblige. E a noi,poveri,comuni,appassionati bevitori non resta che soggiacere ad un fato che ha predisposto ancora una volta l’estasi e il tripudio dei sensi in un crescendo che ci ha condotti,fra pulsioni carnali e slanci spirituali, fino alle estreme propaggini del gusto.
Rosario Tiso


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