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venerdì 14 marzo 2014

L’INPS AL PENSIONATO: LEI E’ MORTO DA 6 ANNI, CI DEVE 72MILA EURO DI ARRETRATI. PECCATO CHE IL SIGNORE SIA VIVO E VEGETO

IL CASO

«Lei risulta morto». Addio pensione

La storia di Francesco Giuzio, 79 anni. All’anagrafe risulta deceduto dal 2008

BARI – Scopre di essere morto da sei anni. In realtà è vivo e vegeto. Francesco Giuzio, pensionato barese di 79 anni, viene a conoscenza del “suo decesso” dopo una telefonata dalla filiale della sua banca che gli comunica che le rate di febbraio delle pensioni Enasarco (faceva il rappresentante di apparecchiature medicali) e Inps non sono state accreditate. E, come se questo non bastasse, c’è anche una lettera dell’Inps che chiede la restituzione di 72mila euro l’equivalente di sei anni di pensione. Dal dirigente di banca, l’anziano apprende anche di essere deceduto il 16 marzo del 2008.
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Ma cos’è accaduto? Giuzio decide di approfondire partendo dall’ufficio anagrafe del Comune di Bari da dove in data 31 gennaio 2014, sono partite le lettere indirizzate all’Inps e alla Asl. Ciò a dire che al Comune si sarebbero accorti del decesso sei anni dopo e per questo le pensioni erano state negli anni regolarmente accreditate fatta eccezione per febbraio e marzo 2014. Negli uffici nessuno sa spiegare il disguido e infine gli viene consegnato un certificato di esistenza in vita. Ma i guai non sono finiti qui. Arriva un’altra telefonata. Questa volta dal laboratorio di analisi dove lui esegue i prelievi per controllare i valori del diabete: i medici gli dicono che “la Asl rigetta le sue analisi perché appunto risulta morto. Un grosso rischio per l’anziano perché non può interrompere le cure, ma il medico di fatto non può prescrivere alcun farmaco: rischierebbe una denuncia.
Tocca ancora una volta a Giuzio rimediare agli errori commessi dagli uffici comunali. Così, documenti in mano e sperando che l’imprevisto si risolva una volta per tutte, decide di andare negli uffici dell’Inps a gridare a gran voce di essere vivo. “Oltre al danno anche la beffa. Son tanti i disagi che mi hanno creato – spiega il 79enne– ma la cosa assurda è che l’errore è stato commesso dal Comune ma è toccato a me andare in giro in tutti questi uffici col certificato di esistenza in vita per dimostrare che non ero affatto morto. Un errore clamoroso andato avanti per sei anni. Mi è stato garantito – spiega ancora – che avrebbero sistemato tutto il prima possibile ma fino a ieri mattina le pensioni non mi sono state ancora accreditate”. E’ noto che la burocrazia richiede tempo in Italia: ora è in corso la procedura di trasmissione documenti da un ufficio all’altro fino a quando Francesco Giuzio risulterà “nuovamente in vita”.
Ma come giustificare un errore così grossolano? Il 16 marzo 2008, non è una data qualunque. “Quel giorno è deceduto mio figlio Gianfranco che aveva 37 anni. La sua morte fu regolarmente registrata e forse qualcuno ha pensato di far morire anche me” conclude con una risata amara. Forse non è questo che ha causato l’errore ma la coincidenza è davvero assai strana.

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