Nel reticolo di strette
viuzze e stradine inerpicanti che disegnano il centro storico di S.Giovanni
Rotondo, vezzosamente raccontato nella toponomastica con lo storico idioma
locale affiancato all’italica
nomenclatura, c’è uno slargo segreto,una minuscola corte che accoglie
l’ingresso di un ristorante (chiamarlo osteria o wine-bar sarebbe riduttivo)
“sui generis”,una landa anarchica in un tessuto culturale rurale e
contadino,uno sprazzo “cittadino” balenante nel crepuscolo di un malcelato e
strisciante provincialismo,ingenerato dalla storica chiusura dei popoli
garganici: l’OPUS WINE.
Il nome non è pretenzioso. La
citazione e riferimento al più grande vino della storia enologica degli
“States”,creatura di Robert Mondavi ,l’Opus One, non azzardato. Basta varcare
l’uscio per comprenderlo. Lo sguardo è attratto da un profluvio di eccellenti
bottiglie che riposano negli scaffali di legno incastonati nella pietra,alcune
vetuste e impolverate,gravide di promesse di piacere. Ci vuole sensibilità e
soprattutto competenza per udire l’inudibile fruscio della qualità. La stessa
che si evince da ogni dettaglio dell’arredo e del contesto.
Si respira un’atmosfera familiarmente
rarefatta.
Già “ENOITECA dei Forni” ,il
locale è la realizzazione del sogno di distinzione di Giuseppe Placentino.
Giuseppe,un personaggio e
un’istituzione a S.Giovanni Rotondo,dalla prorompente personalità,ha sviluppato
un “modus vivendi” tutto suo, incentrato fin nei tratti
estetici sulla ricercata raffinatezza. Quindi ha trasferito la sua poetica in tutto quello
che ha creato. Suo figlio, Pietro Placentino, ne è l’erede e, come spesso
accade quando ci sono doti umane non comuni, il moltiplicatore. Perchè l’OPUS
WINE è molto di più dell’ENOITECA dei Forni che lo ha generato.
E’ un gruppo affiatato di
uomini che lo animano con un calibratissimo mix di leggerezza e
professionalità; è un progetto di divulgazione della cultura vinicola e
gastronomica che si piega alle esigenze della gente senza sussiego e percorsi elitari; è un afflato spirituale che sfocia
nella premura amichevole , nell’intento di farti godere ogni qualvolta siedi ad uno di quei tavoli lindi e caldi
d’accoglienza.
Da Foggia è una sorta di
pellegrinaggio pagano recarsi all’Opus Wine. Spesso siamo partiti alla ricerca della felicità e dell’oblio,di quelle nebbie
alcoliche così care al versante immaginifico delle nostre menti,di quel calore
umano così prezioso ai nostri cuori.
Se non di solo pane vive
l’uomo,l’anima esulta di fronte allo scorrere trionfante di una serie di
preparazioni culinarie che rispecchiano fedelmente il territorio e l’eccellenza
delle sue materie prime. Sembra di mangiare, più che a casa propria, nella casa
delle case, dove convergono e si sintetizzano rivisitazioni,saperi,astuzie
gastronomiche di una civiltà.
In una delle tante sere, ad
aprire le danze un ricco antipasto, autentico festival di sapori mediterranei.
In tondo nel piatto scopriamo
succulenti asparagi,fagiolini umettati di aceto balsamico della casa(delicato e
untuoso lo ritroviamo asperso su di una
fetta di mortadella d’oca scottata su di una piastra rovente),”ciambotto” di
patate e melanzane,trancio di pizza rustica,mozzarellina di bufala,melanzana
gratinata sormontata da un velo di mozzarella. Rustici salumi sopraggiungono a
bilanciare la debordante nota vegetale. Simili sfiziosità per un bianco sapido,
nervoso, fresco: un Riesling Kabinett Trocken 2008 “Manderling” del produttore
Weegmuller. Il Pfalz-Palatinato è da un decennio in forte ascesa nelle
quotazioni enologiche mondiali. Questo
Riesling dimostra ampiamente che il Pfalz non ha nulla da invidiare ad altre
zone della Germania storicamente più vocate nella produzione di vini di
qualità. Un Riesling di prim’ordine, una vera sorpresa!
Si passa, quasi già
definitivamente appagati, alla “terna” dei “primi”. Tre piatti di uguale, stimolante creatività. L’abbrivio
è affidato a dei “Ravioli di ricotta di
bufala e spinaci”conditi con burro,pancetta tesa tagliata a dadini,parmigiano
ed una sventagliata di tartufo proveniente dai boschi del Gargano.
Poi è la volta di un assaggio
di “Paccheri con pesto di rucola” dal sapore forte e piacevolmente
ammandorlato.
Ad innaffiarli uno Chablis
Premier Cru Beauroy 2007 del Domaine Hamelin. Non si direbbe uno chardonnay. Il
naso ha un tale portato minerale e focaio da lasciare allibiti. Si è incerti
fra l’attribuirgli un profilo organolettico da riesling alsaziano o un nerbo da
poully-fumè. Ma è certamente un grande
chardonnay,atipico,catalizzatore degli umori terrosi che percorrono il suolo
della regione dello Chablis.
Al terzo “primo”,una versione
rivisitata della classica”Pasta alla Norma” siciliana,è il momento del rosso. E
che rosso: l’etneo Serra della Contessa 2004
di Benanti. Da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, il cuore della
più remota autoctonìa siciliana, è un vino intrigante, vulcanico, sapido, di
superiore energia, succoso, dalla bocca trascinante, minerale, vibrante, dall’inconfondibile
“imprimatur” territoriale. Una vera prelibatezza.
Uno “Stinco d’agnello” con
contorno di patate ci vede soccombere ai
prodromi della saturazione. Si attende ansimanti il finale e le dolcezze del
preannunciato “Tortino al cioccolato”.
Nell’attesa il dialogo
volteggia come una farfalla sulle nostre pienezze e, sulle ali della nostalgia,
si posa su racconti di viaggi e desideri di evasione. La recente morte dello
scrittore portoghese Saramago, ultimo supremo cantore della “saudade” lusitana,induce
al vagheggiamento della bellezza di Lisbona,della lucentezza dei suoi
“azulejos”, dello splendore dei suoi miti,della grandezza di Pessoa. Come
d’incanto Matteo Melchionda, l’anima gemella e socio di Pietro Placentino nella
conduzione dell’Opus Wine,interpretando
la sottile emozione che ci pervade e come sospinto e guidato da un
angelo della gioia,ci reca una bottiglia non richiesta di Porto Tawny di 10
anni del produttore Ramos Pinto
proveniente dalla “Quinta de Ervamoira”.E’ il segnale di una magica
fusione fra l’immaginifico e il reale,fra mondi concreti e suggestioni
spirituali.
E tutto si ricompone in
armonia.
Rosario Tiso
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