Nell’approssimarci al ristorante “La Lanterna” di Mattinata poco
o niente faceva presagire una cucina così
magistralmente interpretativa della quintessenza storica ed emozionale del cibo territoriale. Ma l’amico
e sodale di bevute che era con me mi aveva avvertito:chi non è avvezzo (ma anche
chi lo è…)a preparazioni culinarie “daune” dovrebbe mangiare tutto quello che con
maestria lo staff reca ai tavoli con ritmo rapido e incalzante.
Il locale si presenta
carino,lindo e accogliente,di chiara impronta mediterranea,con il bianco e
l’azzurro a colorare i pensieri. Troppo spesso ci imbattiamo,nelle nostre
scorribande gastronomiche,in luoghi ameni
che faticano a centrare la sufficienza qualitativa,specie in località turistiche
di una qualche rilevanza. E qui siamo nel cuore dell’enclave garganica. Troppo spesso si dipana sulle papille gustative
dell’avventore di passaggio il “compitino” dei piatti della correttezza e della
prevedibilità,rassicurante e banale. Qui,al contrario,tutto trasuda genuinità e
rivela un atteggiamento di “resistenza” ad ogni omologazione. Dove è
possibile,oggi ,ritrovarsi a gustare tante minute prelibatezze come quelle
sciorinate dalla cucina de “La Lanterna”? Dalle zucchine fritte alla mozzarella
secca ,dalle “crudità” di mare a
delicate preparazioni di pesce fritto o al forno è tutto un tripudio di sapori.
Fino alla regina incontrastata della tavola ,la pizza,fatta di volta in volta
con lievito “madre”. Saporosa,croccante,con i pomodorini che sanno di
pomodorini,con aromi che richiamano alle radici della mediterraneità,con una
tessitura leggera e fragrante che si riverbera lieve sul portato complessivo
delle libagioni fino a farti credere di poterne mangiare “ad libitum”.
Ancor più sorprendente l’offerta
dei vini e delle birre. Quasi un luogo di confine nella sua essenziale nudità,”La
Lanterna” offre possibilità enoiche che si farebbe fatica a rintracciare anche
in una grande città. Soprattutto per la qualità
nella varietà. La scelta dei vini è caduta su di un binomio inedito e intrigante:Petit
Chablis 2010 di Billaud-Simon e l’Alfiere bianco senza
dosaggio,metodo classico di Croci,anch’esso figlio del millesimo 2010.
Il primo sprigiona didatticamente al naso “nuances” di pietra
focaia ,espressione del terroir
dell’isola chablisienne ,sospesa fra
Borgogna e Champagne. Il colore vivo e brillante racconta la cura profusa dal
suo facitore in ogni fase della sua
realizzazione. E’ una beva piena e appagante. Con l’Alfiere di Croci le correnti gravitazionali del gusto ci
issano sul pianeta “Ortrugo”.
Misconosciuto vitigno dell’oltrepò piacentino,in versione spumantizzata con
rifermentazione in bottiglia è stupefacente. Solo mille esemplari di puro
godimento. Un’acidità abbondante,insieme sapida e minerale,è la cifra degli champagne o metodo classico verticali e
tesi molto apprezzati in questi tempi.
Ma c’è chi preferisce gli champagne
classici,dai profumi biscottati e mielosi,dalle sfumature odorose di
spezie,di marmellate,di brioche,dove il
lavoro dei lieviti è un’ombra olfattiva irriducibile. Ebbene,nell’Alfiere ogni gusto trova di che deliziarsi. E
l’autoctonìa dei lieviti lascia un’impronta che presto diverrà inconfondibile
per gli appassionati. Futuro radioso
attende la creatura di Croci,stella fulgente nel firmamento enoico di “Les Caves de Pyrene”.
Ah,”La Lanterna”!
Più che in un ristorante ,sembra di entrare in una fucina del gusto dove c’è voglia di sperimentare e provare cose nuove in un clima che rasenta sovente la
festosità.
C’è una certa “calda” atmosfera
che si respira.
Lo sguardo deciso e sincero del “patron” fa da
contraltare all’aereo servizio di una
fanciulla che non dà mai l’impressione
di essere in affanno ma sembra scivolare ,quasi a sfiorarti,frusciante e
leggera fra i tavoli.
Stremati dall’ingente portato calorico avremmo avuto bisogno
di un caffè. Ma sono arrivati i dolci ad
aggiungere una ulteriore,esponenziale frazione
di piacere.
Chi si reca a Mattinata cercando
una tavola gourmet è certo che qui la
trova e senza quel sussiego tipico di chi crede di lambire l’eccellenza.
E questo è, ve l’assicuro, la
ciliegina sulla torta.
Rosario Tiso
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