Ho scoperto
i vini dell’azienda vitivinicola abruzzese “Praesidium”. Dapprima per caso. Poi nel corso
di una cena al ristorante “L’isola” di Foggia, dove ho anche conosciuto il
produttore. Infine, “repetita iuvant”, visitando l’azienda vitivinicola in quel
di Prezza, in provincia dell’Aquila. Raccontarla è un piacere, a cominciare
dalla figura del titolare, Ottaviano
Pasquale. Ottaviano ha raccolto l’eredità paterna nonostante percorsi
esistenziali alternativi ( è laureato in
Psicologia). Ma l’ha fatto non come chi subisce un destino fatale, ma come chi
è dotato di un’intima vocazione ed è
mosso da una passione sempre crescente. Il suo eloquio, quando ci siamo
incontrati per la prima volta, è stato
caldo e vibrante di emozione nel descrivere le sue creature, le ineffabili
riserve di Montepulciano d’Abruzzo che l’Azienda “Praesidium” produce da oltre
vent’anni. “Praesidium” è un presidio soprattutto dell’agricoltura virtuosa. In
un mondo sempre più bisognoso di “veri” contadini e di un rapporto con la
Natura corretto e rispettoso, la famiglia Pasquale implementa uno stile
agronomico che bandisce l’uso della chimica e rifugge ogni forzatura. Per cui
se occorre nutrire il terreno lo fa solo
con letame reperito in stalle del circondario o seminando tra i filari piante
da sovesciare, in particolar modo leguminose apportatrici del prezioso azoto. I
trattamenti per fronteggiare peronospora e oidio sono solo quelli a base di
rame e zolfo. Ogni lavoro in vigna è
manuale: per la rimozione di erbe
infestanti c’è la zappa; potature, spollonature, sfogliatura e raccolta delle
uve affidata a mani rispettose e sapienti. Le basse rese e le forti escursioni
termiche forniscono una materia prima eccellente che Ottaviano si guarda bene
dallo stravolgere in cantina dove l’interventismo è pressoché nullo. Dopo la
pigia-diraspatura di rito infatti la fermentazione avviene spontaneamente,
senza lieviti selezionati. Il vino poi
permane in acciaio e in legno per periodi variabili a seconda che si
tratti di Cerasuolo o di Montepulciano. I vini non subiscono l’impoverimento
recato dalla filtrazione e il depauperamento causato dalla pastorizzazione;
solo decantazione naturale previa opportuna serie di travasi e quote esiziali di solforosa solo in fase di
imbottigliamento. Nessun segreto dunque, nessuna oscura alchimia : Ottaviano
Paquale fa il suo vino così, come l’uomo ha sempre inteso fare dalle sue parti,
naturalmente. Il risultato? Eccellente! Dal millesimo 2010 di Montepulciano
spillato dalla botte ( non mi era mai capitato di degustare in un ristorante
una simile primizia recata dal produttore, per poi ritrovarne l’incanto durante
la visita alla cantina), alle annate 2009, 2008, 2007 e 2006, è stato un crescendo gustativo
straordinario, con fruttuosità sugli scudi. Nel nettare ancora da
imbottigliare, nonostante la manifesta e a tratti debordante ricchezza resa
impulsiva dalla gioventù, il naso colpisce per il nitore dei profumi ciliegiosi
e la generale franchezza. In bocca il vino già sciorina un bel bilanciamento
tra morbidezze e durezze e la trama tannica, ancora ben viva, già palesa
finezza e fa intravvedere una felice, completa, futura integrazione. Con il
procedere a ritroso delle annate e la riserva 2009, l’assaggio gusto- olfattivo
è parso solare, fresco, croccante, ed incentrato su toni d’amarena,
cuoio, caffè e spezie dolci. Un’autentica delizia. Con il 2006 una
sottile e pur nitida mineralità fa capolino e sciamano note terziarie quasi
affumicate e un inarrestabile susseguirsi di percezioni aromatiche che presto
l’intelletto rinuncia a codificare. E’ il momento del puro godimento, fine a sé
stesso. Per
chiudere, la “Ratafià” di Ottaviano, liquore fatto con infusione di ciliegie e
visciole nel Montepulciano, capace di scatenare un’esperienza emozionale che fa il
paio con quella vissuta dal critico eno-gastronomico “Ego” nel film
“Ratatouille”: nel degustare l’omonima pietanza, l’uomo ricorda e ritorna il
bambino che mangiava le prelibatezze
della cucina della mamma. Così per noi :il profumo e il gusto delle amarene sotto spirito della “nonna”
sembrano balenare
ad ogni sorso, ad ogni olfazione della solare e calda “Ratafià”.
Rosario Tiso
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