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sabato 17 gennaio 2015

Francesco Cirelli e il vino in “anfora”



Credo che dovrei cominciare a parlare,ora che inizio a vederci chiaro. Ho 53  anni,ed è come se non sapessi nulla di vino. Ricapitolando:sono un sommelier,ho una trentennale esperienza di bevute,ho studiato,confrontato,analizzato,detto. Ho voluto,con saperi ambigui,dimostrare false tesi. E ho verseggiato,tanto,usando strumentalmente il vino. Ma con le esternazioni tecnico-poetiche si fa ben poca strada se si ha l’urgenza e l’inciampo di dispensarle troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere dati,sensi,intuizioni,umori per tutta una vita,possibilmente lunga,per poi proferire parole che fossero di una qualche validità. Poiché le parole discendono dai sentimenti e dal vissuto. Per una sola giusta intuizione  si devono bere molti vini,conoscere vitigni e uve,sapere di uomini e delle azioni  con cui provvedono all’allevamento della vite e alla vinificazione dei suoi frutti. Si deve poter ripensare a sentieri e capezzagne percorse in regioni sconosciute,a incontri inaspettati,a magiche congiunture astrali,a quando ci porgevano una verità e non la capivamo,a quando la capivamo e stentavamo a ritrovarla. A giorni e giorni passati in camere silenziose con un bicchiere in mano davanti ad un’etichetta. E non basterebbe. Si deve aver bevuto tanti pessimi vini da averne introiettato l’allure. E anche aver ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare  ed avere la pazienza di attenderne il ritorno. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non “sono”. Solo quando si fanno sangue,sguardo e gesto inconsapevole,entità non più scindibili da noi,possono alimentare il verbo che conta. Si sa,a volte la Natura distoglie l’attenzione degli uomini dalle cose essenziali,dai suoi segreti più profondi. Elabora dei paraventi dietro cui si agitano i moventi fondamentali. Ogni tanto ci si accorge di cavità misteriose e misconosciute che rimbombano sotto la superficie delle cose. E’ possibile che tanto di reale e di importante non sia stato ancora svelato? E’ possibile che secoli di menti operanti a guardare,riflettere,annotare,non abbiano prodotto un racconto esaustivo? Si,è possibile. Poiché la materia vino è infinita ed è refrattaria ad una rigida operazione di codifica. E a nulla è valso ricoprirla con un tessuto incredibilmente noioso e volto a fabbricare una dogmatica di riferimento. L’intera storia vinicola universale è piena di giganteschi fraintendimenti. Ci si ostina a snocciolare categorie e a dire che certi vini sono naturali e altri convenzionali,alcuni meritano di invecchiare e altri son da bere prontamente,tanti sono facili e pochi quelli austeri fino a definirli fruttati o complicati,senza il sospetto che da lungo tempo queste parole non hanno più alcun plurale,ma solo innumerevoli singolari. Basta con gli steccati,le schematizzazioni fisiche e intellettuali:andiamo incontro al nettare di turno con empatia ed esso ci parlerà la sua lingua unica ed irripetibile.
Da “Bacco e Perbacco” a Lucera vanno in scena i vini in “anfora”  di Cirelli. Nella tradizione caucasica,per trasmettere appieno il loro afflato materico, i vasi vinari devono essere interrati. Ma infinite sono le declinazioni del gusto,del sapere e dell’umano sentire. Francesco Cirelli ha voluto in Abruzzo,nella sua individualità,nel suo insindacabile estro,nella sua libera professione di fede,provare una versione atipica e personale dell’uso della creta. Starà al bicchiere emettere l’ardua sentenza. Ma vediamo di cosa consta la  variante “Cirelli”. Innanzitutto va detto che la vigna è di soli 2,5 h. e vi sono allevate le varietà tipiche dell’enologia abruzzese:Trebbiano e Montepulciano. Normalmente e fino a prima del 2011 il vino veniva affinato solo ed esclusivamente in acciaio e cemento per esaltare le peculiarità dei vitigni senza sovrastrutture organolettiche di sorta. A tale scopo anche la conduzione agronomica era ed è  finalizzata al rispetto dei cicli naturali per ottenere quella freschezza e franchezza di beva che solo un frutto intonso e puro possono assicurare. Nell’alveo di questa visione del mondo si è inserita ad un certo punto l’avventura delle “anfore”. Per la prima volta si è voluto dare importanza ad una tecnica di cantina che richiamasse metodi ancestrali. Quella di Cirelli è  l’unica cantina abruzzese a fermentare il vino in anfore di terracotta . La capienza è di 800 litri. Ed è a questo punto  che si palesa l’originalità,la diversità,la voce fuori dal coro dei  maceratori di Cirelli. I suoi vasi vinari,prodotti ad Impruneta in Toscana,non vengono né interrati né coibentati. Nessuna cera d’api dunque,nessuno scavo ma solo una cantina fresca e accogliente e il contatto diretto della creta con il frutto-uva. I suoi vini in anfora risultano  perciò miracolosamente scevri da  qualsiasi imbrunimento e ossidazione e con una tannicità contenuta. La scelta di non prolungare il contatto della parte liquida del mosto con le bucce oltre le tre settimane per il rosso e il cerasuolo e per soli quatto giorni per il bianco,l’assenza di qualsivoglia intento interventista durante la fermentazione e il rapporto macerativo a parte qualche canonico rimontaggio e l’encomiabile  pulizia esecutiva sciorinata in ogni fase della vinificazione ci consegnano dei vini di grande leggerezza,sapidità  e digeribilità .Rispetto alle versioni normali hanno il plusvalore di un maggior portato in complessità,fascino,eleganza. Ma nulla,nessuna nota che possa far rimpiangerne la fruttuosità del frutto primigenio. La versione in anfora rispetto a quella normale ha dunque una marcia in più in tutti e tre i casi,anche se il Montepulciano in acciaio ci è sembrato più pronto considerando che la versione “Anfora” ha trovato la vitrea prigione  da un paio di settimane appena. Breve descrizione dei tre campioni che hanno visto la creta.
Trebbiano:molto fitto e pulito;per niente evoluto questo vino ricco e potente. La freschezza è ancora viva e presente e il tono fruttato non potrà che evolvere  verso esotici lidi,obliando progressivamente lo splendore degli esordi. Agrumato,minerale e persistente.
Cerasuolo :non si finirebbe mai di goderlo in profumo e sapore questo rosato. Non ci concediamo una sosta:è certamente il campione più esile e beverino di tutti. Ciliega sugli scudi.
Montepulciano:Il suo portato in  estratti è crema di grande fittezza. Questa varietà in passato incontrata e ammirata a livelli di estrema concentrazione rivela in questo campione un olfatto balsamico e speziato di grande equilibrio. Una conca  di frutti rossi in confettura. Calore,polpa,morbidezza,sapore:non manca nulla per adagiarvisi sensorialmente. Ma tutto è “in nuce”. La beva sarà più succulenta e procederà  lesta fra qualche tempo.
Oltre al vino,l’azienda si  dedica all'allevamento delle oche che svolgono la funzione di spazzine in tutto il vigneto aziendale,crescendo nella massima libertà e  muovendosi a loro piacimento per tutto il pascolo aziendale. Durante l'anno vengono periodicamente portate a razzolare in Vigna e nell'uliveto con lo scopo di tenere “pulite” queste aree grazie alla loro azione di “diserbo”  naturale.
Concludendo: Francesco Cirelli ha ancora una volta  dimostrato come l’arte,in questo caso vinificatoria, sia consustanziale alla Natura.
Rosario Tiso

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