Giuliano Augusto - Draghi, l'uomo delle banche. Draghi, l'uomo della Goldman Sachs. Viste queste premesse, non c'è da meravigliarsi se le ultime misure della Banca Centrale Europea sono consistite in altra liquidità da immettere nel sistema finanziario per rimandare ancora nel tempo un resa dei conti (sui conti pubblici) dalla quale non si potrà scappare. Da marzo 2015 a settembre 2016 la Bce comprerà infatti il 16% circa del debito pubblico dell'Eurozona per un importo superiore ai 1.000 miliardi di euro (60 miliardi al mese). Grazie alla sentenza dell'Alta Corte europea, all'istituto di Francoforte è stata data l'autorizzazione legale di comprare titoli di Stato a lungo termine, un compito esclusivo in precedenza del fondo europeo permanente salva Stati (Esm). La Bce poteva soltanto comprare quelli a breve termine (3 anni) che generalmente sono associati (anche se non è la stessa cosa) alla liquidità vera e propria. L'acquisto di titoli a lungo termine da parte della Bce rappresenta una vera e propria svolta che non a caso ha registrato l'opposizione della Germania e della Bundesbank, il cui governatore e membro del direttivo della stessa Bce. Jens Weidmann, è stato consigliere economico di Angela Merkel. Così, le sue dichiarazioni in merito rappresentano quello che è il pensiero della Cancelliera che la stessa non può esplicitare per non correre il rischio di creare ulteriori tempeste finanziarie. Le banche centrali contribuiranno per l'80% mentre la Bce si accollerà il 20%. La prima conseguenza di questa brillante (si fa per dire) iniziativa è che le banche ordinarie (che sono private) potranno liberarsi dei titoli pubblici in portafoglio rifilandoli alla Bce e alle banche centrali. Di conseguenza avranno a disposizione nuova liquidità che, almeno teoricamente, dovrebbero utilizzare per finanziare l'economia reale e incidere positivamente sulla crescita. Una politica aziendale che dal novembre 2011 ad oggi, nonostante i prestiti triennali della Bce (mille miliardi al tasso dell'1%) le banche europee ed italiane si sono ben guardate di fare, preferendo comprare titoli pubblici (appunto!) che a differenza delle famiglie e delle imprese (l'economia reale) sono considerate solvibili, perché tanto paga sempre lo Stato. Che faranno allora le banche? Cambieranno registro? Oltretutto questi acquisti di titoli a lungo termine (in particolare i Btp decennali) hanno contribuito a far scendere i tassi di interesse e quindi l'inflazione. Il livello basso dei prezzi è il compito istituzionale della Bce che Draghi, come il suo predecessore Trichet, non ha mai mancato di ricordare. In realtà con la decrescita dell'economia il pericolo attuale è quello della deflazione che può rivelarsi devastante per le imprese che rischiano di vedere crollare in termini reali i propri ricavi. Nuova liquidità in circolazione potrebbe, dovrebbe nelle intenzioni di Draghi e della Bce, avere quindi un effetto positivo provocando un livello di inflazione “fisiologico”. Finora l'annuncio della Bce ha provocato due conseguenze. La prima un deprezzamento dell'euro nei riguardi del dollaro che dovrebbe favorire le esportazioni dell'Eurozona ma al tempo stesso provocare un maggiore onere nell'acquisto delle materie prime. La seconda è stata un calo dello spread (il differenziale di rendimento) tra i Btp e i Bund tedeschi che è sceso fino a 110 punti. Per questo dicevamo che si tratta soltanto di una misura per rimandare il più possibile l'inevitabile resa dei conti sul debito pubblico. Nel novembre 2011 quando cadde il governo Berlusconi il debito pubblico era al 120,1% e lo spread sui titoli decennali era a 570 punti. Ora il debito è sopra il 135% e lo spread sta sui 120 punti, cifra più cifra meno. E' un tetto evidentemente che non riflette la realtà e che è drogato dagli interventi della Bce e dell'Esm, in quanto lo spread riflette la considerazione che i mercati finanziari attribuiscono alla solvibilità di questo o quel Paese. E con l'economia a pezzi che garanzia di solvibilità può offrire l'Italia sul lungo termine? Per questo la Germania, pur essendo contraria alla svolta, di fatto l'ha lasciata passare. Se salta la Grecia passa, è stato il ragionamento di Merkel e Weidmann, ma se salta l'Italia sono cavoli amari per tutti. Da qui l'invito all'Italia (ma anche alla Francia) di realizzare le riforme (tipo quella del mercato del lavoro da rendere più precario e flessibile) e tagliare la spesa pubblica per gettare le premesse di una crescita economica che da noi non si vede ormai da lunghi anni. Resta la realtà di una Bce che, tanto per cambiare, si è ancora una volta offerta di dare soldi alle banche, viste come il centro della vita economica. E pensare che uno come Draghi tanti cialtroni italioti lo vorrebbero pure al Quirinale.
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