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mercoledì 28 gennaio 2015

Il Simposio dei Gaudenti



Quando mi sono accostato per la prima volta con passione all'universo-vino,nutrivo la segreta ambizione di bere tutti i più grandi "nettari" della terra,sì da poter dire un giorno di non aver altro da scoprire,di possedere ogni nozione e ogni esperienza,una sorta di condizione di totale comprensione.
Ormai so,a distanza di anni, incanutito nel viso e nelle intenzioni, che devo accontentarmi della speranza di aver bevuto qualche buona bottiglia e nulla più,tale è la vastità dell'offerta,la profondità delle annate,la messe di eccellenze vinicole aggiunte all'esistente che rendono il mondo del vino una realtà in continua espansione,con profili organolettici cangianti,di dimensioni pressoché infinite.
Ma nel piacere profondo,ineffabile della degustazione,quando si sfiorano per un attimo tutte le corde del piacere e lo spirito si dilata ed entra in una specie di "trance",manca poco che si rasenti la felicità.
E quella infinità che si è fallita in lunghezza e quantità la si centra,per un attimo,in larghezza e qualità.
Io che ho sempre creduto l'ingenuità appannaggio degli ignoranti e che la malizia nuocesse gravemente a qualsiasi moto d'innocenza,ho iniziato a sospettare che la reale comprensione delle cose non fosse direttamente proporzionale al sapere e che l'aver bevuto tanto mi conducesse ad una sorta di nuovo inizio,dove si è creduli davanti a qualsiasi fantasmagorìa vinicola,quasi come un perfetto neofita,salvo poi saggiarla criticamente nel tempo.
Son caduto sotto l'irresistibile malìa di tante mode e vini che mi hanno sinceramente emozionato adesso stento a ricordarli.
Credo in definitiva che l'amore per un vino sia fatto di cose in parte inspiegabili,oscure.
A volte i vini sanno smuovere dei ricordi e ciò è sufficiente ad agganciare le nostre emozioni,perché se spazialmente siamo corporeità e sensi,sentimentalmente abitiamo il dominio della memoria.
Quel che sicuramente giova a coloro che si ritengono viandanti "enoici" è il fitto e consueto fraseggio degli appassionati.
Da mille strade,da sentieri diversi,da storie lontane,come raggi che si asserpano all'unico "sole" del condiviso amore per il vino,ci siamo ritrovati in sparuto lotto di aspiranti sommelier a cominciare una frequentazione più intima e proficua.
Il corso AIS è stato il luogo principe d'incontro e il primo e più vero movente d'aggregazione. Ma senza quelle affinità elettive che oscuramente attraggono animi apparentemente anche così diversi,non sarebbe scoccata nessuna scintilla relazionale.
Ci siamo ritrovati così,quasi magicamente,in sei attorno ad una tavola imbandita al wine-bar Cairoli di Foggia:Filomena Zerrilli detta "Filo",Tiziana Leone detta "Tizy",Giovanni Lombardi lo "skipper",Lino Bua..."il Bua",Antonio Lioce detto "Liox",Rosario Tiso detto "Ros".
Quel che ci accomuna è una spiccata propensione alla curiosità,uno sguardo aperto sul mondo,una sete inestinguibile di conoscenza e di piacere.
Ancora una volta il vino è il collante e il fine e detta i ritmi e gli umori della relazione. Ad un sontuoso "primo" di "Paccheri" con alici "millesimate" cantabriche e pomodorini osiamo accostare in abbinamento un "sauvignon" della Loira,un Pouilly-Fumè di rara leggiadrìa.
L'appellativo "fumè" se lo merita tutto questo "nettare" del Domaine des Berthiers 2008 del proprietaire-recoltant Jean-Claude Dagueneau.
Da una famiglia dall'impareggiabile "pedigree",una versione di "sauvignon" golosa eppure fresca,complessa e nel contempo fragrante. Sullo sfondo organolettico un velo di idrocarburi ammanta lievi note speziate.
Poi,con imberbe sfrontatezza,si è passati a tutt'altra musica:un etereo Nambrot 2000 della Tenuta di Ghizzano.
Rosso potente a dominante merlot,il vino ha richiesto pietanze di analoga importanza volumetrica e succulenza e la partita si è giocata con carni "chianine","angus" argentino e perfino del cinghiale.
Il tannino ancora graffiante del grande supertuscan ha trovato equilibrismi gustativi efficaci.
Finire col Muffato della Sala 2006 di Antinori e del cioccolato di Claudio Corallo,per quanto il testo AIS suggerisca un distillato a fronteggiare l'amaritudine del cacao,ha il sapore di un'autentica apoteosi conclusiva.
Guardando gli occhi felici degli astanti,ascoltando il loro allegro cinquettìo in un profluvio di parole,ho avuto la forte impressione di essere al centro di un "Simposio" di gaudenti.
Perché non sentirsi "carbonari" in un mondo in cui la regola sembra essere l'omologazione? Nasce così l'idea e l'esigenza di darci un nome,un motivo di distinzione.
Uscire dal "randagismo" enologico.
Sono fioccate le ipotesi. Chiamarsi "Sommelier per sempre","Sommelier per caso","Nati Sommelier","Finti Sommelier","I Sommelier di grano duro","Six for A.I.S." son state le proposte. Ma forse "Il Simposio dei Gaudenti" ,nell’alveo più generale dei bevitori “randagi”,potrebbe bastare.
Rosario Tiso


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