Ho sempre provato un sincero moto di stupore di fronte
all’appassionato bevitore che dichiara significative preferenze riguardo a
vitigni,categorie e particolari tipologie di vino. I soggetti che mi
incuriosiscono maggiormente sono quelli che bevono quasi esclusivamente
bianchi, i cosiddetti “bianchisti”, rossi , i “rossisti”, o i fanatici delle “bollicine”. Nelle rade occasioni in cui si
concedono la digressione tradente l’inclinazione dominante sembrano quasi
patire una sorta di nostalgia per la rinuncia alla sicura e maggiore
piacevolezza della strada “vecchia”. Altrettanto singolari sono i bevitori (ma
meritano simile appellativo?) che affermano di non gradire particolarmente gli
esiti enologici e sensoriali di alcuni vitigni. C’è chi ha l’idiosincrasia per Chardonnay e
Sauvignon,chi per la famigerata coppia Cabernet-Merlot,i più creativi
addirittura per il Sangiovese. Mi chiedo:che razza di giudizio è mai questo?
Dov’è il riconoscimento per l’universalità dei colori,dei profumi e dei gusti
che sola sostanzia e rende giustizia ad una cosmogonia gustativa pressochè
infinita? Sarebbe come dichiarare un amore viscerale per l’elemento “Mare” e
nel contempo indifferenza per
l’ambiente “Bosco” o “Montagna”.
Se c’è un’anima,dei sensi e una poetica, la Natura ovunque è mistero ineffabile
e beltà. Forse è la vastità della nostra capacità di “percepire” e di
discernimento la discriminante. Possono
esserci infinite declinazioni dei desideri e vivaddio che ci siano, ma non il
mancato riconoscimento della grandezza che travalica il sé. Che significato
avrà mai dichiarare di non aver mai
trovato uno “chardonnay” emozionante,un “merlot” appagante,un “sangiovese”
grande? Se è un bevitore seriale è tecnicamente impossibile. Anche se si
cimentasse col Grignolino. E’ un’affermazione destituita di ogni fondamento. O
meglio,dal mio punto di vista,è l’autocertificazione indiretta della propria
inadeguatezza(a volte si cede anche inconsapevolmente alla tentazione di
mettersi in mostra,di smarcarsi dal coro per vanità o per celare una personale
limitatezza o anche per alludere ad una
sorta di esoterismo del gusto a cui ovviamente si è prossimi; altrimenti non si
userebbero,ad esempio,perifrasi del tipo “evoluzione palatale” solo per
descrivere il proprio personalissimo approdo ai riesling tedeschi!!). Quando si
ama veramente il vino lo si accoglie e difficilmente si resta nel recinto delle
proprie opinioni più del tempo di una bevuta,di una degustazione,di un periodo
limitato,di una fase evolutiva o semplicemente
di una serata goliardica quando con gli amici si fa il gioco delle
preferenze. Nel momento in cui si è al cospetto dell’umanità,”ex cathedra”,bisogna vestire i panni
organolettici degli Dei.
Sto bevendo un Gewurztraminer,il “Nussbaumer” 2011 di Tramin. E’ lui il responsabile della
tracotanza delle mie idee. Perché sono di fronte ad un monumento di struttura e
di intensità,ad uno tsunami di stimolazioni sensoriali,nell’alveo di una
compiutezza enologica e di un’armonia esemplari. Non è fra i miei preferiti del
momento. Anch’io appartengo alla risma di quanti aderiscono alla religione
attuale della deità trinitaria “sapidità,acidità,sorbevolezza”. Non so se
riuscirò da solo a domare questo oleoso 15° gradi alcolici. Ma di fronte al
fuoriclasse capisco che al di là del fiume e dei monti,del mio umile strumento
gustatorio,ci sono orchestre capaci di suonare sinfonie molto più esaustive di
quel che può apprezzare il mio umilissimo “ego” sensorio. Capisco Veronelli
quando coniò l’immaginifico,metaforico,subliminale termine “vino da
meditazione”. Col vino si può meditare. Più di un monaco buddista,di un’asceta
cristiano,di un anacoreta “sine lege”, il bevitore consapevole e appassionato attraverso
un’ambrosia e la relazione anima-anima con essa assurge a figura di alta spiritualità e può
sperimentare la multidimensionalità dello spirito e del vuoto al pari dei più grandi mistici di
ogni tempo. Provare per credere. Quelli che parlano di vino considerandolo solo
un fatto ludico,dando sempre l’impressione che potrebbero o avrebbero qualcosa
di meglio da fare e prestati al mondo del vino
da qualche altro emisfero intellettuale,non sanno cosa dicono e che si
perdono. Nel vino quello che ci metti ci trovi. Il Gewurztraminer è un vino che
nelle migliori versioni, quali questo “Nussbaumer”, qualcuno considera troppo
esuberante in tutti i suoi aspetti. Io dico che è semplicemente,al di là del
personale gradimento,uno dei più grandi vitigni del pianeta.
Rosario Tiso
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