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sabato 2 maggio 2015

Sui bevitori "specialisti"



Ho sempre provato un sincero moto di stupore di fronte all’appassionato bevitore che dichiara significative preferenze riguardo a vitigni,categorie e particolari tipologie di vino. I soggetti che mi incuriosiscono maggiormente sono quelli che bevono quasi esclusivamente bianchi, i cosiddetti “bianchisti”, rossi , i “rossisti”, o i fanatici delle  “bollicine”. Nelle rade occasioni in cui si concedono la digressione tradente l’inclinazione dominante sembrano quasi patire una sorta di nostalgia per la rinuncia alla sicura e maggiore piacevolezza della strada “vecchia”. Altrettanto singolari sono i bevitori (ma meritano simile appellativo?) che affermano di non gradire particolarmente gli esiti enologici e sensoriali di alcuni vitigni. C’è  chi ha l’idiosincrasia per Chardonnay e Sauvignon,chi per la famigerata coppia Cabernet-Merlot,i più creativi addirittura per il Sangiovese. Mi chiedo:che razza di giudizio è mai questo? Dov’è il riconoscimento per l’universalità dei colori,dei profumi e dei gusti che sola sostanzia e rende giustizia ad una cosmogonia gustativa pressochè infinita? Sarebbe come dichiarare un amore viscerale per l’elemento “Mare” e nel contempo indifferenza per  l’ambiente  “Bosco” o “Montagna”. Se c’è un’anima,dei sensi e una poetica, la Natura ovunque è mistero ineffabile e beltà. Forse è la vastità della nostra capacità di “percepire” e di discernimento  la discriminante. Possono esserci infinite declinazioni dei desideri e vivaddio che ci siano, ma non il mancato riconoscimento della grandezza che travalica il sé. Che significato avrà mai dichiarare  di non aver mai trovato uno “chardonnay” emozionante,un “merlot” appagante,un “sangiovese” grande? Se è un bevitore seriale è tecnicamente impossibile. Anche se si cimentasse col Grignolino. E’ un’affermazione destituita di ogni fondamento. O meglio,dal mio punto di vista,è l’autocertificazione indiretta della propria inadeguatezza(a volte si cede anche inconsapevolmente alla tentazione di mettersi in mostra,di smarcarsi dal coro   per vanità o per celare una personale limitatezza o anche  per alludere ad una sorta di esoterismo del gusto a cui ovviamente si è prossimi; altrimenti non si userebbero,ad esempio,perifrasi del tipo “evoluzione palatale” solo per descrivere il proprio personalissimo approdo ai riesling tedeschi!!). Quando si ama veramente il vino lo si accoglie e difficilmente si resta nel recinto delle proprie opinioni più del tempo di una bevuta,di una degustazione,di un periodo limitato,di una fase evolutiva o semplicemente  di una serata goliardica quando con gli amici si fa il gioco delle preferenze. Nel momento in cui si è al cospetto dell’umanità,”ex cathedra”,bisogna vestire i panni organolettici degli Dei.
Sto bevendo un Gewurztraminer,il “Nussbaumer”  2011 di Tramin. E’ lui il responsabile della tracotanza delle mie idee. Perché sono di fronte ad un monumento di struttura e di intensità,ad uno tsunami di stimolazioni sensoriali,nell’alveo di una compiutezza enologica e di un’armonia esemplari. Non è fra i miei preferiti del momento. Anch’io appartengo alla risma di quanti aderiscono alla religione attuale della deità trinitaria “sapidità,acidità,sorbevolezza”. Non so se riuscirò da solo a domare questo oleoso 15° gradi alcolici. Ma di fronte al fuoriclasse capisco che al di là del fiume e dei monti,del mio umile strumento gustatorio,ci sono orchestre capaci di suonare sinfonie molto più esaustive di quel che può apprezzare il mio umilissimo “ego” sensorio. Capisco Veronelli quando coniò l’immaginifico,metaforico,subliminale termine “vino da meditazione”. Col vino si può meditare. Più di un monaco buddista,di un’asceta cristiano,di un anacoreta “sine lege”, il bevitore consapevole e appassionato attraverso un’ambrosia e la relazione anima-anima con essa  assurge a figura di alta spiritualità e può sperimentare la multidimensionalità dello spirito  e del vuoto al pari dei più grandi mistici di ogni tempo. Provare per credere. Quelli che parlano di vino considerandolo solo un fatto ludico,dando sempre l’impressione che potrebbero o avrebbero qualcosa di meglio da fare e prestati al mondo del vino  da qualche altro emisfero intellettuale,non sanno cosa dicono e che si perdono. Nel vino quello che ci metti ci trovi. Il Gewurztraminer è un vino che nelle migliori versioni, quali questo “Nussbaumer”, qualcuno considera troppo esuberante in tutti i suoi aspetti. Io dico che è semplicemente,al di là del personale gradimento,uno dei più grandi vitigni del pianeta.
Rosario Tiso


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