Giovanni Falcone, la lettera inedita: «Non abbandono per paura»
Il suo passaggio dalla procura di Palermo al ministero di Grazia e Giustizia spiegato a un docente che lo invitava a restare in una missiva pubblicata oggi da “L’Ora”
di Felice Cavallaro - Per Giovanni Falcone non fu un abbandono il passaggio dalla procura di Palermo all’ufficio affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, come allora si chiamava. Lo fece capire più volte nel 1991 il giudice considerato con Paolo Borsellino dai boss di Cosa nostra il nemico da abbattere. Lo disse anche durante una famosa trasmissione condotta contemporaneamente a Roma e Palermo da Maurizio Costanzo e Michele Santoro, presenti tanti sedicenti futuri “amici di Giovanni” pronti a criticare la scelta dell’incarico perché offerto da un socialista, il ministro del tempo, Claudio Martelli. Una storia e una posizione adesso confermata da una breve lettera inedita di Falcone. Un ringraziamento ad un docente che lo invitata a restare a Palermo. Poche righe riproposte nell’edizione domenicale da un giornale appena tornato in edicola, “L’Ora”.
Scelta obbligata
Al professore Vincenzo Musacchio che ha poi insegnato Diritto penale presso l’Alta scuola di formazione della presidenza del consiglio a Roma, presidente dell’Istituto nazionale di studi sulla corruzione e direttore scientifico della Scuola della legalità “Don Peppe Diana”, Giovanni Falcone replica dopo averlo ringraziato per la bella lettera ricevuta nel dicembre 1991: «Anche io come lei sono convinto che il mio posto sia a Palermo, ma ci sono momenti in cui occorre fare delle scelte e impiegare tutte le energie possibili per la lotta alla mafia. Mi creda il mio non è un abbandono. Continui a credere nelle giustizia, c’è tanto bisogno di giovani con nobili ideali».
di Felice Cavallaro - Per Giovanni Falcone non fu un abbandono il passaggio dalla procura di Palermo all’ufficio affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, come allora si chiamava. Lo fece capire più volte nel 1991 il giudice considerato con Paolo Borsellino dai boss di Cosa nostra il nemico da abbattere. Lo disse anche durante una famosa trasmissione condotta contemporaneamente a Roma e Palermo da Maurizio Costanzo e Michele Santoro, presenti tanti sedicenti futuri “amici di Giovanni” pronti a criticare la scelta dell’incarico perché offerto da un socialista, il ministro del tempo, Claudio Martelli. Una storia e una posizione adesso confermata da una breve lettera inedita di Falcone. Un ringraziamento ad un docente che lo invitata a restare a Palermo. Poche righe riproposte nell’edizione domenicale da un giornale appena tornato in edicola, “L’Ora”.
Scelta obbligata
Al professore Vincenzo Musacchio che ha poi insegnato Diritto penale presso l’Alta scuola di formazione della presidenza del consiglio a Roma, presidente dell’Istituto nazionale di studi sulla corruzione e direttore scientifico della Scuola della legalità “Don Peppe Diana”, Giovanni Falcone replica dopo averlo ringraziato per la bella lettera ricevuta nel dicembre 1991: «Anche io come lei sono convinto che il mio posto sia a Palermo, ma ci sono momenti in cui occorre fare delle scelte e impiegare tutte le energie possibili per la lotta alla mafia. Mi creda il mio non è un abbandono. Continui a credere nelle giustizia, c’è tanto bisogno di giovani con nobili ideali».
Un ingegnere a palazzo
Non un abbandono quindi, ma la volontà, come Falcone spiegò in una delle ultime interviste a tre cronisti siciliani, di ampliare il raggio della lotta alla mafia: «Finora è come se avessi fatto il muratore in una stanza che abbiamo provato a liberare dalla mafia. Adesso occorre provare a fare l’ingegnere per ristrutturare l’intero palazzo». Metafora del Paese dove un impasto di mafia ed interessi occulti bloccò i progetti di Falcone e Borsellino.
Testata contesa
E’ questa la materia di due pagine riproposte dal quotidiano che affonda le radici nella storica testata istituita nel 1900, chiusa dopo alterne vicende e adesso al centro di astiose polemiche. Il giornale in edicola è realizzato infatti da una associazione che fa capo ad alcuni ex de “L’Ora”. Ma altri ex giornalisti fino al 1992 attivi nel giornale poi chiuso, come Sandra Rizza, Vittorio Corradino e Giuseppe Lo Bianco, avevano recentemente provato a lanciare con la stessa testata un sito Internet a sua volta già in disarmo dopo altre polemiche interne. Adesso, arrivano i primi numeri del quotidiano. Con il biglietto di Giovanni Falcone trovato e pubblicato a firma di Ismaele La Vardera, un giovane del pianeta antimafia schierato contro i potenti del suo paese a due passi da Palermo, Villabate, e per questo protagonista di alcuni servizi denuncia trasmessi da “Le Iene”.
Non un abbandono quindi, ma la volontà, come Falcone spiegò in una delle ultime interviste a tre cronisti siciliani, di ampliare il raggio della lotta alla mafia: «Finora è come se avessi fatto il muratore in una stanza che abbiamo provato a liberare dalla mafia. Adesso occorre provare a fare l’ingegnere per ristrutturare l’intero palazzo». Metafora del Paese dove un impasto di mafia ed interessi occulti bloccò i progetti di Falcone e Borsellino.
Testata contesa
E’ questa la materia di due pagine riproposte dal quotidiano che affonda le radici nella storica testata istituita nel 1900, chiusa dopo alterne vicende e adesso al centro di astiose polemiche. Il giornale in edicola è realizzato infatti da una associazione che fa capo ad alcuni ex de “L’Ora”. Ma altri ex giornalisti fino al 1992 attivi nel giornale poi chiuso, come Sandra Rizza, Vittorio Corradino e Giuseppe Lo Bianco, avevano recentemente provato a lanciare con la stessa testata un sito Internet a sua volta già in disarmo dopo altre polemiche interne. Adesso, arrivano i primi numeri del quotidiano. Con il biglietto di Giovanni Falcone trovato e pubblicato a firma di Ismaele La Vardera, un giovane del pianeta antimafia schierato contro i potenti del suo paese a due passi da Palermo, Villabate, e per questo protagonista di alcuni servizi denuncia trasmessi da “Le Iene”.
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