Travaglio: “Il capo dello Stato non è il padrone del governo o del Parlamento, e neppure il loro Tom Tom”. “Forse il Guardasigilli ha sentito dire che da qualche anno il Quirinale ha ripristinato il rito papalino del bacio della pantofola, e ha provveduto in tal senso”…
Marco Travaglio per “Il Fatto Quotidiano”
Sarà la carenza di stampa satirica, sarà l’incupirsi persino del Giornale, ultima ridotta dell’humour involontario. Fatto sta che, per farsi quattro risate in santa pace, non restano che le cronache dal Quirinale e palazzi limitrofi. Nella fattispecie la tenuta di Castelporziano, dove Giorgio Napolitano trascorre gli ultimi giorni di villeggiatura, sita nell’Agro Romano, con ampio corredo di arenile vietato alla balneazione per non disturbare le abluzioni di Sua Altezza Reale.
Il quale l’altroieri ha ricevuto il ministro della Giustizia Andrea Orlando che – assicura una nota ufficiale – “lo ha ragguagliato sulla preparazione di provvedimenti di riforma della giustizia”. L’ultima visita di intrusi, che si sappia, risale a due estati fa, quando Eugenio Scalfari, allora impegnato nella strenua difesa delle indifendibili telefonate fra Mancino e il Quirinale sulla trattativa Stato-mafia, si recò in pellegrinaggio da Re Giorgio.
Come i lettori ricorderanno, la sua marcia di avvicinamento alla reggia fu funestata dall’insalutata presenza di sinistre presenze faunistiche: “un cinghialotto ci passa davanti e scompare nel folto del bosco”, “sulle strisce di prato ai lati del viale saltella qualche merlo e un’upupa. L’‘ilare uccello’ cammina impettito con la piccola cresta sul capo”). Dribblate agilmente le due moleste bestiole, Scalfari incedette furtivo come il cinghialotto e impettito come l’upupa (il Merlo l’aveva lasciato in redazione a becchettare) fino al cospetto di Sua Maestà. Lì chiese “il permesso di togliermi la giacca” e il regnante, magnanimo, acconsentì: “Lui m’aiuta a sfilarmela. Indossa una maglietta azzurra”.
Lunedì è toccato al ministro Orlando. Varcato il primo cancello, il cinghialotto non l’ha riconosciuto. “Scusi, lei chi è?”. “Orlando”. “Grazie, ma non compriamo niente”. “Ma sono un ministro”. “Per che cos’era?”. “Le linee guida della giustizia”. “Guardi, i testimoni di Geova sono già passati un’ora fa e della Torre di Guardia abbiamo la collezione completa rilegata in similpelle”. “Intendevo la riforma della giustizia. Renzi m’ha detto di passare”. “Aspetti che chiedo... Sire, qui c’è un tizio che dice di essere il ministro della Giustizia... Faccio passare? Se lo dice lei... Prego, vada pure”.
Pochi passi ed ecco l’upupa. “Scusi, lei dove crede di andare?”. “A illustrare la riforma della giustizia al presidente”. L’ancor più ilare uccello, fra sé e sé: “Eccone ‘n artro che se crede er ministro de la ggiustizia, ‘nnamo bbene, porello”. E, ad alta voce: “Vada, vada pure. E tanti auguri eh!”.
La gita fuori porta del Guardasigilli è stata comunque proficua: “incontro cordiale”, assicura La Stampa, è “emersa una condivisione di opinioni tra i due interlocutori”. Il tutto – garantisce Repubblica – per ben “90 minuti”, durante i quali – informa il Corriere – il presidente ha “valutato positivamente il metodo oltre a diverse questioni di merito”, che naturalmente non è dato conoscere, ma che gli han fatto concludere: “Si è partiti con il piede giusto”, sebbene – beninteso – “il suo ruolo non gli permetta di avere alcun tipo di ‘sentimento’ rispetto alle scelte politiche che governo e Parlamento si preparano a fare”.
A questo punto viene da domandarsi perché mai un ministro debba fare tutti quei chilometri per mostrare a un capo dello Stato scevro da qualunque tipo di sentimento le “bozze e ipotesi sulla parte penale e ordinamentale”. Il capo dello Stato non è il padrone del governo o del Parlamento, e neppure il loro Tom Tom. Tra i suoi poteri c’è quello di firmare o respingere alle Camere le leggi che non gli garbano, ma dopo che sono state approvate, non prima che vengano scritte.
Forse il Guardasigilli ha sentito dire che da qualche anno il Quirinale ha ripristinato il rito papalino del bacio della pantofola, e ha provveduto in tal senso. O forse, più semplicemente, gli è piaciuta l’idea del suo staff di “graficizzare la riforma – è sempre il Corriere che scrive – con un sommario a forma di rosa... un fiore che ogni giorno si arricchisce di un nuovo petalo ma che ancora non è sbocciato completamente”. E ha pensato di fare cosa gradita andando a piantare la rosa nel vivaio di Castelporziano. A irrorarla e a concimarla ci pensano poi l’upupa e il cinghialotto.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mistero-napolitano-ministro-orlando-corre-castelporziano-portare-83113.htm
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