Nel 2012 c'erano circa 600 ragazze nigeriane a prostituirsi sulla strada. Sulla Domiziana, 30 chilometri di statale che uniscono il napoletano al basso Lazio, uno scenario fatto da una prostituta dietro l’altra. Con qualsiasi tempo loro sono sempre lì a difendere il metro quadrato di marciapiede, 300 euro al mese da consegnare alla mafia nigeriana che controlla il traffico di droga e prostituzione subappaltati dai casalesi.
Imposto anche il prezzo delle prestazioni, che deve essere basso, per attirare il maggior numero di clienti: 10 euro e le ragazze non possono permettersi di rifiutare nessuna richiesta, devono pagare un debito di 40 mila euro.
Maria, nome di copertura, ci racconta di essere stata costretta a prostituirsi sette lunghi anni per ripagare il suo debito. Ai genitori dissero che aveva le qualità per fare la segretaria in Italia, conosceva l'inglese e sapeva scrivere. Dopo due settimane si ritrovò sulla strada accanto a una ragazzina. "Non aveva nemmeno il seno, era piccola proprio, una bambina. La violentarono e poi la portarono sulla strada". Di ragazzine come le descrive Maria ce ne sono tante. Addirittura una di 13 anni che si prostituisce da quando ne aveva 12.
È un traffico, questo, che va avanti da anni, ininterrotto e incontrastato. Ma la camorra è andata oltre. Ha dato in gestione ai nigeriani alcune villette che si trovano proprio a ridosso della Domiziana, in modo da non perdere la clientela di questa strada. Ville nuove e apparentemente abbandonate dove alle prostitute sono riservati i sottoscala. Al primo piano vive il "magnaccia", lo sfruttatore.
Droga e prostituzione vanno di pari passo e così nell'ultimo periodo si sono diffuse le "connection house". Sono tuguri, stanzini di miseri appartamenti affittati per 5 euro l'ora da immigrati, per lo più libanesi, dove oltre alle prostitute è possibile trovare ogni sorta di droga.
Ma anche al Nord la situazione è simile. I primi flussi migratori dalla Nigeria legati al fenomeno della tratta a fini di prostituzione risalgono alla fine degli anni ’80; qualche anno prima dell’arrivo delle albanesi e con quasi dieci anni di anticipo rispetto alle moldave e alle altre ragazze dell’est.
Torino si caratterizza per una forte prevalenza di donne nigeriane nella prostituzione di strada, dovuta ad una particolare organizzazione della rete di sfruttamento e di organizzazione dell’immigrazione illegale concentrata sull'asse Benin City (Edo State) – Torino, avviata alla fine degli anni 80 e ancora attiva.
All'interno delle reti di controllo e sfruttamento nigeriane si possono individuare tre livelli organizzativi:
- Il primo è costituito da colui o colei che individua le possibili candidate e le avvicina nel paese di provenienza offrendo loro la prospettiva di una vita migliore in Europa;
- Il secondo è dato dai "mediatori" della tratta, personaggi che portano le ragazze in Italia, attraverso itinerari lunghi e il deserto del Sahara, passando per diversi paesi, per poi rivenderle;
- Il terzo si definisce attorno alla figura della “Madame” o “Maman”, che acquista la ragazza e si occupa dell’addestramento alla vita sulla strada e dell’organizzazione del quotidiano.
Un contratto da sottoscrivere prima della partenza. Si tratta di un vero e proprio atto formale, stipulato davanti ad un notaio, nel quale le ragazze e i familiari si impegnano a restituire una certa somma a risarcimento delle spese anticipate per le pratiche relative all'espatrio, il viaggio, e l’inserimento una volte giunte in Italia. A garanzia impegnano terreni, case e bestiame e così, in caso di mancato pagamento, la ragazza rischia di mandare in rovina la propria famiglia.
Le tariffe per il viaggio si assestano tra i 40 e i 90 mila euro. Ma spesso le ragazze (e le loro famiglie vengono ingannate perché non parlano di dollari, ma di euro o di naira, moneta locale). Una volta in Italia la Maman compra la ragazza per 10-15 mila euro a seconda dell’avvenenza.
"Loro mi hanno detto che dovevo pagare 30 mila euro, ma io non sapevo quanto valeva l'euro, se me lo avessero detto in dollari avrei capito. Io non sapevo cosa erano 30 mila euro, se lo avessi saputo forse non sarei venuta qui. Quando mi hanno detto che dovevo pagare 30 mila euro ho pensato che forse erano pochi soldi e potevo guadagnarli lavorando tre, quattro mesi, perché di la non sappiamo cosa c’è qui, non sapevamo niente" confessa Lucy.
Le modalità del viaggio hanno subito cambiamenti rilevanti nell'ultimo decennio. Inizialmente le ragazze si imbarcavano dagli aeroporti di Lagos o Benin City e sbarcavano direttamente a Roma, grazie a visti turistici a pagamento per motivi di "pellegrinaggio religioso" o di "turismo" rilasciati dall'ambasciata italiana a Lagos, i cui funzionari erano in rapporto con i trafficanti nigeriani.Dopo lo scandalo scoppiato nei primi anni novanta e le indagini della magistratura, il passaggio diretto non è stato più possibile e il viaggio è divenuto lungo e complicato.
Giunte a destinazione generalmente le ragazze trovano la Madame ad aspettarle. Molto spesso la Madam è essa stessa una ex-prostituta, a suo tempo vittima di tratta e riscattatasi attraverso il pagamento del debito, ma in altri casi è una donna che da molto tempo vive in Italia con regolare permesso di soggiorno, famiglia e un lavoro nel mercato ufficiale.
La madame è si una sfruttatrice ma non solo; è anche una sorta di vice-madre presente nell'organizzazione della gestione del quotidiano e nella risoluzione di problemi pratici di diversa natura. È colei che fornisce alle neo-arrivate un posto dove vivere, procura loro i vestiti, si occupa della loro formazione "professionale" ed è lei che si rivolge per necessità di tipo medico.
Un primo strumento utilizzato per legare le ragazze a sé è, come già detto precedentemente, la stipulazione di un contratto formale relativo la debito che la ragazza dovrà pagare in Italia. Per rendere più efficace l'indebitamento, il contratto è sancito da riti magici (Woodoo) svolti in Nigeria o in Italia che hanno un impatto fortissimo sulle ragazze anche se non tutte credono nella loro efficacia. Sostanzialmente queste "magie" vengono fatte prendendo dei capelli, delle unghie o del sangue mestruale; vengono recitate particolari frasi in cui viene detto che ormai la ragazza non può più scappare, il “patto di sangue” è stato fatto e la fuga segnerebbe la sua condanna a morte.
Continua Lucy "Quando andavo da lei a dare i soldi lei non mi diceva quanto dovevo ancora pagare. Io avevo sempre paura del coltello, tu non puoi pagare, guarda questo woodoo. Io aspettavo che lei mi dicesse basta, invece io continuavo a pagare. E io avevo paura del coltello e del woodoo, lei li aveva anche quando io pagavo e avevo paura. Però non sapevo quando avrei finito. Io le ho dato 35 mila euro e poi non si poteva più pagare. Io le ho telefonato e le ho detto, ti ho pagato già 35 mila euro e non posso pagare più. Lei allora ha detto che se non pagavo mia mamma e la mia famiglia avevano dei problemi. Allora ho chiamato mia mamma e le ho chiesto se c’erano dei problemi e lei mi ha detto di no. Quando sono scappata la Maman ha avuto paura e ha subito cambiato numero. Lei è scappata"
(Maris)
https://www.facebook.com/notes/maris-davis-joseph-chantal-b-dana/le-schiave-nigeriane-del-sesso-a-dieci-euro-a-prestazione/555437517827149
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