Ieri man mano che le borse cadevano, per una nuova fase della crisi greca, la manovra di Renzi negli intestini del consiglio dei ministri, si gonfiava dai 30 miliardi iniziali ai 36 per tentare di dare alla legge di stabilità un impatto mediatico ancora più rilevante e compensare il disastro psicologico creato dal ritorno in alto dello spread e dall’evidenza di una crisi che non passa. Però si tratta appunto di illusionismo mediatico, con conti tutti da verificare, ma che nell’immediato possono essere giocati per far pensare “alla più grande diminuzione di tasse dal dopoguerra”, come si è affrettato a dire il guappo.
In realtà i 18 miliardi di diminuzione delle tasse sono in gran parte costituiti dall’intenzione di prorogare gli 80 euro, conservandone però la natura di misura temporanea, dai tre miliardi di sconto Irap già applicati quest’anno, cui si andranno ad aggiungere altri 2 o 3 miliardi ulteriori e altri provvedimenti minori. Nel conto non figurano gli aumenti di tassazione su mille capitoli, tra cui la tasi, ma si spera comunque di recuperare in gran parte questi soldi dall’operazione tfr, dalla lotta all’evasione fiscale, ma soprattutto dai tagli che andranno a pesare sui servizi e dunque direttamente nelle tasche e sulla vita dei cittadini in misura maggiore degli sconti. In sostanza una manovra in parte puramente figurativa, in altra parte specchietto per le allodole e comunque sostanzialmente inutile a rilanciare consumi ed economia, anche ammesso che questo sia possibile grazie alle ricette che hanno provocato la crisi globale. E dotata per di più di un carattere dadaista visto il Def, varato appena due settimane fa e ora all’esame di Bruxelles prevede un aumento di 10 miliardi imposte.
In due parole ancora una volta siamo di fronte a un puro annuncio sia perché nelle prossime settimane dovranno essere apportate molte correzioni a questi numeri, sia perché l’intenzione di trovare qualche pertugio di flessibilità dentro le regole europee viene alla fine sprecata con qualche regalia a Confindustria, con giochi di prestigio sulla tassazione e l’illusione di invertire la rotta con provvedimenti tampone. Ma Renzi doveva in qualche modo rispondere alla percezione cui potrebbero portare i nuovi “avvertimenti” dei centri finanziari e cioè quella di non aver fatto dei significativi passi avanti dal 2011, davvero letale per un premier che per l’80% vive sulla leggenda dell’ultima spiaggia. Non certo perché egli sia ostile ai diktat della cupola euro finanziaria che di fatto lo ha imposto, né alle sue logiche, ma per presidiare la sua mistificazione essenziale, cioè quella di essere estraneo o addirittura contrario al potere che lo ha espresso.
Così è costretto ad alzare la posta tutte le volte che si alza quella del ricatto per rimanere in equilibrio come un funambolo. Solo che mentre le minacce sono vere il contrappeso è fasullo, fuffa che pesa come una piuma.
fonte https://ilsimplicissimus2.wordpress.com
In realtà i 18 miliardi di diminuzione delle tasse sono in gran parte costituiti dall’intenzione di prorogare gli 80 euro, conservandone però la natura di misura temporanea, dai tre miliardi di sconto Irap già applicati quest’anno, cui si andranno ad aggiungere altri 2 o 3 miliardi ulteriori e altri provvedimenti minori. Nel conto non figurano gli aumenti di tassazione su mille capitoli, tra cui la tasi, ma si spera comunque di recuperare in gran parte questi soldi dall’operazione tfr, dalla lotta all’evasione fiscale, ma soprattutto dai tagli che andranno a pesare sui servizi e dunque direttamente nelle tasche e sulla vita dei cittadini in misura maggiore degli sconti. In sostanza una manovra in parte puramente figurativa, in altra parte specchietto per le allodole e comunque sostanzialmente inutile a rilanciare consumi ed economia, anche ammesso che questo sia possibile grazie alle ricette che hanno provocato la crisi globale. E dotata per di più di un carattere dadaista visto il Def, varato appena due settimane fa e ora all’esame di Bruxelles prevede un aumento di 10 miliardi imposte.
In due parole ancora una volta siamo di fronte a un puro annuncio sia perché nelle prossime settimane dovranno essere apportate molte correzioni a questi numeri, sia perché l’intenzione di trovare qualche pertugio di flessibilità dentro le regole europee viene alla fine sprecata con qualche regalia a Confindustria, con giochi di prestigio sulla tassazione e l’illusione di invertire la rotta con provvedimenti tampone. Ma Renzi doveva in qualche modo rispondere alla percezione cui potrebbero portare i nuovi “avvertimenti” dei centri finanziari e cioè quella di non aver fatto dei significativi passi avanti dal 2011, davvero letale per un premier che per l’80% vive sulla leggenda dell’ultima spiaggia. Non certo perché egli sia ostile ai diktat della cupola euro finanziaria che di fatto lo ha imposto, né alle sue logiche, ma per presidiare la sua mistificazione essenziale, cioè quella di essere estraneo o addirittura contrario al potere che lo ha espresso.
Così è costretto ad alzare la posta tutte le volte che si alza quella del ricatto per rimanere in equilibrio come un funambolo. Solo che mentre le minacce sono vere il contrappeso è fasullo, fuffa che pesa come una piuma.
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