Dabiq, è il nome del magazine con cui l’Isis prosegue la sua campagna mediatica
Definire l’Isis solo come un gruppo terroristico è riduttivo e fuorviante, lo dimostra la pubblicazione del suo magazine, Dabiq che, pur nei toni deliranti della guerra santa, dimostra una strategia mediatica ben definita. D’altra parte gli indizi si potevano già dedurre dal primo video messo in rete su YouTube, quello della decapitazione di James Foley che, stando a quanto affermano gli esperti, è stato prodotto con tecniche sofisticate di post-produzione. A quello, purtroppo, ne sono seguiti altri, sempre realizzati con mezzi altamente professionali a dimostrazione che l’Isis non è solo un gruppo di predoni esaltati, ma al contrario dispone di mezzi e professionalità tecniche che nulla hanno da invidiare ai mezzi di comunicazione occidentale. Dopo i video shock a cui abbiamo dovuto assistere sbigottiti l’Isis ha messo in circolazione anche una clip che prende spunto dal più famoso video game “Grand Theft Auto” a dimostrazione delle proprie competenze informatiche e comunicative. Ultima, in ordine di arrivo, è la pubblicazione del magazine Dabiq, dove la propaganda del Califfato Islamico si ammanta del profumo patinato di una vera e propria rivista cartacea in cui si spiegano le ragioni della sua esistenza e dei suoi obiettivi.
L’ultimo numero, il quarto in ordine cronologico, ci riguarda particolarmente da vicino: infatti sulla copertina diDabiq n° 4 si vede la bandiera dell’Isis che sventola sull’obelisco di piazza San Pietro a Roma, il titolo della rivista è “The failed crusade” (la crociata fallita) in cui si parla della religione degli “infedeli”, la cristianità appunto, preannunciando la conquista della Capitale. All’interno del magazine è dedicato un ampio spazio alla profezia che riguarda i crociati romani dove si ricorda, citando gli hadith (narrazioni sulla vita del profeta Maometto) che i musulmani “saranno in guerra coi crociati di Roma” nell’ultima battaglia che vedrà l’Islam sottomettere i cristiani fino a diventare l’unica religione del mondo, il tutto per volere di Allah.
A capo dei “Romans” o “Crusaders” come l’Isis definisce i cristiani, ci sarebbero Barak Obama ed altri personaggi dell’amministrazione USA, come il senatore John McCain, ex candidato alla presidenza per i repubblicani e, riferendosi alle vittime protagoniste delle drammatiche decapitazioni, l’Isis le definisce come “danni collaterali” ricordando che non c’è differenza con i civili vittime inconsapevoli dei bombardamenti della coalizione contro il Califfato.
Ma nelle pagine dell’ultimo numero di Dabiq, oltre alle minacce contro la capitale della cristianità, foto di bambini dilaniati dai bombardamenti inglesi, francesi e americani e all’ultimo appello di Sotloff rivolto alla madre prima di essere giustiziato, si vedono anche le immagini di operai jiahdisti che lavorano al ripristino le reti fognarie, elettriche e idriche distrutte dopo i bombardamenti.
In ultimo va ricordato che è proprio attraverso l’uso della tecnologia informatica che l’Isis riesce a reclutare miliziani occidentali, il web ne è l’esempio concreto. Probabilmente la cosa sta creando non poco imbarazzo tra le autorità dell’intelligence occidentale: internet, Google e YouTube sono in fondo strumenti creati dalla tecnologia americana. C’è da aspettarsi forse che per non continuare a favorire la propaganda e il reclutamento informatico dell’Isis le autorità pongano dei limiti nell’uso della rete? Se così fosse, tutto sommato, sarebbe un altro punto a vantaggio del Califfato islamico e un danno per la democrazia
L’ultimo numero, il quarto in ordine cronologico, ci riguarda particolarmente da vicino: infatti sulla copertina diDabiq n° 4 si vede la bandiera dell’Isis che sventola sull’obelisco di piazza San Pietro a Roma, il titolo della rivista è “The failed crusade” (la crociata fallita) in cui si parla della religione degli “infedeli”, la cristianità appunto, preannunciando la conquista della Capitale. All’interno del magazine è dedicato un ampio spazio alla profezia che riguarda i crociati romani dove si ricorda, citando gli hadith (narrazioni sulla vita del profeta Maometto) che i musulmani “saranno in guerra coi crociati di Roma” nell’ultima battaglia che vedrà l’Islam sottomettere i cristiani fino a diventare l’unica religione del mondo, il tutto per volere di Allah.
A capo dei “Romans” o “Crusaders” come l’Isis definisce i cristiani, ci sarebbero Barak Obama ed altri personaggi dell’amministrazione USA, come il senatore John McCain, ex candidato alla presidenza per i repubblicani e, riferendosi alle vittime protagoniste delle drammatiche decapitazioni, l’Isis le definisce come “danni collaterali” ricordando che non c’è differenza con i civili vittime inconsapevoli dei bombardamenti della coalizione contro il Califfato.
Ma nelle pagine dell’ultimo numero di Dabiq, oltre alle minacce contro la capitale della cristianità, foto di bambini dilaniati dai bombardamenti inglesi, francesi e americani e all’ultimo appello di Sotloff rivolto alla madre prima di essere giustiziato, si vedono anche le immagini di operai jiahdisti che lavorano al ripristino le reti fognarie, elettriche e idriche distrutte dopo i bombardamenti.
In ultimo va ricordato che è proprio attraverso l’uso della tecnologia informatica che l’Isis riesce a reclutare miliziani occidentali, il web ne è l’esempio concreto. Probabilmente la cosa sta creando non poco imbarazzo tra le autorità dell’intelligence occidentale: internet, Google e YouTube sono in fondo strumenti creati dalla tecnologia americana. C’è da aspettarsi forse che per non continuare a favorire la propaganda e il reclutamento informatico dell’Isis le autorità pongano dei limiti nell’uso della rete? Se così fosse, tutto sommato, sarebbe un altro punto a vantaggio del Califfato islamico e un danno per la democrazia
fonte http://francescopulpito.altervista.org/dabiq-lisis-prosegue-la-sua-campagna-mediatica-attraverso-un-magazine/
continui a copiarmi gli articoli, ti sembra corretto?
RispondiElimina