RENZI, VIA BOSCHI, TIRA I FILI AI BURATTINI PADOAN E GENTILONI: NIENTE TASSE NELLA MANOVRINA O SALTA IL GOVERNO – OFFENSIVA DEL NAZARENO CONTRO IL "TROPPO ATTIVO" CALENDA. MATTEO VUOLE VOTI DI FIDUCIA A RAFFICA – CERCA L’INCIDENTE O VUOLE STANARE BERSANI?
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
«La gente ci chiede segnali, i nostri avversari ci massacrano: dopo il congresso si cambia musica». Le primarie dem sono ancora tutte da giocare, ma con i fedelissimi Matteo Renzi guarda già un paio di passi più avanti. Fiuta trame ostili, anche dalle parti del Nazareno. Si sente costretto tra timidezze che non può più tollerare. Quali? Alcune «prudenze» di Pier Carlo Padoan l' hanno innervosito parecchio.
Ma ce l' ha soprattutto con ministri «un po' troppo attivi» - (leggi Carlo Calenda) - che provano a incidere sulla politica economica di Palazzo Chigi scavalcando il partito di maggioranza. Ora basta. E infatti: «Dal primo maggio - detta la linea ai suoi - il Pd tornerà a fare il Pd. E chiederemo di mettere la fiducia ogni volta che sarà necessario ». Un consiglio interessato a Paolo Gentiloni, quello di usare le "maniere forti", per stroncare anche le trame degli scissionisti di sinistra. E per gelare l' apertura ai cinquestelle di Pierluigi Bersani, ieri a colloquio con Alessandro Di Battista.
Sembra la quiete prima della tempesta. Sulla legge elettorale è tutto immobile. «Matteo ha sfidato gli altri a votare una riforma, per superare una melina che non gli possono certo imputare - ragiona Michele Anzaldi, deputato prestato alla comunicazione del leader - Non dovessero riuscirci, ci penserà lui a cambiare passo, appena rieletto segretario».
Ha in mente una scossa, in effetti. Per prepararla, Matteo Orfini ha incontrato ieri i capigruppo e Lorenzo Guerini. Ed è nata una cabina di regia che ha un unico obiettivo: stare con il fiato sul collo di Gentiloni, per evitare che il Pd sprofondi nella palude. Un paio di spine tormentano l' ex capo dell' esecutivo, in effetti.
Oltre alla legge elettorale, il Def e la manovrina. Nel documento economico sarà chiarita anche la filosofia del ritocco dei conti d' aprile. Con un obiettivo prioritario, che Renzi ha chiarito in due parole: «Niente tasse». Una parola, per la verità: «Inventatevi quello che volete, ma di aumento dell' Iva non voglio neanche sentire parlare». L' ha spiegato di nuovo anche a Padoan, nelle ultime ore. Con modi un po' bruschi che hanno colpito il ministro. Certo, che emerga una tensione fa gioco al leader, è propaganda in vista del congresso. Però c' è dell' altro.
«Piercarlo deve avere più coraggio », la sintesi del pensiero privato di Renzi. Ma questo è niente. Calenda, attaccato direttamente da Orfini nell' intervista a Repubblica, è in cima alla lista del malessere renziano. Dalle parti del Giglio magico pensano che abbia voltato le spalle nelle difficoltà. Che abbia frenato sulla commissione d' inchiesta delle banche e giocato in autonomia sul tema delicato delle privatizzazioni.
La strategia dei democratici, insomma, passa dalla voglia di Renzi di non restare schiacciato tra i mille nemici che lo logorano. Perché le elezioni si avvicinano e non può essere soltanto il Pd a farsi carico della responsabilità di scelte difficili. «Ma tu lo sai - confidava ieri in Transatlantico il capogruppo Ettore Rosato a una collega, senza badare a chi gli passava vicino - che oggi Mdp ha votato 50 volte su 77 contro il governo? E se decidono di fare così anche al Senato, magari sui dossier economici? Vogliono cuocerci a fuoco lento, ma non riusciranno a farci morire per consunzione».
Ecco uno spiraglio del sogno renziano, ancora non del tutto sopito: il voto a settembre. Se i bersaniani alzeranno il tiro su manovre e manovrine, i renziani reagiranno. «Dobbiamo correre - ripete Renzi - E, se serve, mettere la fiducia». Solo così - giocando di sponda con Gentiloni, «che resta leale» - si potranno mettere con le spalle al muro scissionisti e avversari interni. Magari sfruttando anche il rebus della legge elettorale.
Una riforma congelata, ma che Renzi toglierà presto dal freezer. Ufficialmente predica Mattarellum, ma in realtà pensa all' Italicum con il premio di lista, per non favorire la concorrenza di sinistra. Spingerà oltre il punto di rottura. E non è detto che non chieda a Gentiloni di metterci la testa. Così, almeno sembra di intuire ascoltando Orfini confidare ai compagni di corrente: «Un aiuto del governo? In questo momento tocca al Parlamento occuparsene». In questo momento, appunto. Domani si vedrà.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/renzi-via-boschi-tira-fili-burattini-padoan-gentiloni-niente-tasse-144278.htm
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