E’ successo mercoledì, alla Casa Bianca, durante la conferenza stampa che aveva come argomento le dimissioni di Gary Cohn, il direttore del Consiglio Economico Nazionale di Trump, andatosene perché contrario ai dazi annunciati dal presidente.
Il giornalista di Fox News, John Robert, chiede: Cohn “è un notorio sostenitore del libero commercio, un globalista. Il presidente lo sostituirà con un altro globalista, un altro liberista?”. Il giorno prima un uomo di Trump, Mick Mulvaney, direttore dell’ufficio amministrativo della Casa Bianca, nel salutare il dimissionario Cohn, aveva twittato: “Mai avrei immaginato di lavorare così bene con un “globalista”. Cohn è uno degli uomini più intelligenti con cui ho lavorato”. Terzo, Trump in persona, giovedì, parlando di Cohn, ha detto: “E’ un globalista, è indiscutibile, ma sapete, è a suo modo è anche un nazionalista perché ama la patria”.
Titolo dell’Huffington Post: “La Casa Bianca ha usato con noncuranza il termine antisemita tre volte in una settimana”. Ma soprattutto, una valanga di tweet: “Nemmeno più lo nascondono!”; “E’ consolante vedere il mio governo usare il più comune linguaggio antisemita”; “Orrendo! Globalista sta per Giudeo nello slang degli alt-right, e adesso è stato reso mainstream dai giornalisti accreditati”.
In effetti, in agosto il New York Times aveva pubblicato un articolo sul glossario delle “destre” (Alt-right) dove avvertiva che “globalista” è un eufemismo per “giudeo”
Dunque la parola “globalista” va censurata, espulsa dal discorso pubblico, come la parola “negro”; ma il lato più agghiacciante è che a mobilitarsi in questo processo alle intenzioni è stato il pubblico, centinaia di tweet di protesta, che ha agito da psico-polizia collettiva e spontanea.
Ovviamente questa censura, che sta cominciando ad essere imposta dalla popolazione Usa e presto (vedrete) sarà imposta da noi dai custodi nostrani della neolingua, esprime anche la verità meta-politica del nostro tempo.
Sì, l’ordine economico politico “globale” è il Regno d’Israele che si sta compiendo sotto l’azione potente e incessante dei signori del discorso.
Poco importa ormai se Trump porrà o no i dazi sull’acciaio o le auto, si accorderà con Kim o farà la guerra all’Iran come gli chiede Sion. Ha già fatto quello che, per la meta-storia, doveva fare: spostare l’ambasciata USA a Gerusalemme, ossia riconoscere Gerusalemme sola capitale dell’ebraismo; Gerusalemme con la sua Roccia, il solo luogo al mondo dove gli ebrei possono evocare sacramentalmente YHVH. Trump può anche finire ed essere buttato via, adesso.
E’ aperta la strada quella realtà che Ben Gurion, fondatore dello Stato d’Israele, apparentemente un irreligioso laicista, chiamò – davanti alla Knesset nel 1956- “la restaurazione del regno di David e Salomone” , e con precisi connotati di una “federazione mondiale”. Previde che Gerusalemme sarebbe stata “la sede della Corte Suprema dell’Umanità, per dirimere tutte le controversie fra i continenti federati,come profetizzato da Isaia”.
(David Ben-Gurion, Amram Duchovny, David Ben-Gurion, In His Own Words, Fleet Press Corp., 1969, p. 116)
Il profeta Isaia infatti (2:3-4) profetizza che “alla fine dei giorni”, quando “il tempio del Signore sarà eretto sui monti” (cioè ricostruito), “da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli”. Un arbitro divoratore, secondo il Deutero- Isaia: “Vi nutrirete della ricchezza dei goym” (61:6) e “il popolo e il regno che non vorranno servirvi periranno, le nazioni saranno completamente sterminate” (60:12) – realtà che i popoli del Medio Oriente hanno già sofferto sulla loro carne.
Come ha sottolineato il saggista Laurent Guyénot, grande studioso di ebraismo, quello di Ben Gurion non è affatto un sogno. E’ un progetto che si sta fabbricando. Nel 2003, si riunì un Jerusalem Summit, con Netanyahu, Avigdor Liberman e una dozzina di neocon “americani”, da Daniel Pipes a Morris Amitay (vice-capo del JINSA, Jewish Institute for National Security Affairs, lo strategico collegamento della lobby col complesso militare-industriale), fino a Richard Perle, uno degli artefici, nel governo di Bush jr., dell’11 Settembre e della invasione americana dell’Irak, e dell’assassinio di Saddam. Ebbene: questo vertice riaffermò testualmente che “uno degli obbiettivi della rinascita divinamente ispirata di Israele è di fare di esso il centro della nuova unità delle nazioni, che porterà all’era di pace e prosperità prevista da profeti”.
Si vede chiaramente che il governo mondiale viene inteso da costoro non come ordinamento politico, ma il compimento delle promesse messianiche. Alfred Nossig, un intellettuale sionista che collaborò con la Gestapo per la selezione degli ebrei nel ghetto di Varsavia, scrisse in Integrale Judentum(Berlino 1922): “La comunità ebraica è più che un popolo nel senso politico moderno. E’ il depositario di una missione storica globale, direi anche cosmica, affidatagli dai suoi antenati fondatori, Noè e Abramo, Giacobbe e Mosé. La volontà dei nostri antenati non fu di fondare una tribù, ma un ordine mondiale destinato a guidare l’umanità nel suo sviluppo”. Prima ancora, Kaufmannk Kohler, uno dei grandi del cosiddetto giudaismo riformato americano, scrisse nel suo Jewish Theology (New York 1918) : “Israele, il Messia sofferente dei secoli, alla fine dei giorni diverrà il trionfante Messia delle nazioni”.
Guyénot, nel suo importante excursus, tratta appunto del tema: “Quanto è sionista il Nuovo Ordine Mondiale?”
Egli si dedica a lumeggiare il paradosso per cui “il popolo più separatista della terra”, il più “tribale”, sia anche quello che predica il massimo universalismo ideologico; e ne fa risalire l’origine al YHVH biblico, ambiguamente “Dio del Cielo” e però il Dio genetico di Israele, “che è Dio in Gerusalemme” (Esdra 1:2-3), che ha portato ebrei contemporanei a parlare dell’ebraicità come essenza dell’umanità. Il giudaismo “è un particolarismo che condiziona l’universalità” (sic), sicché “c’è un’ovvia equazione tra Israele e l’Universale”, anzi “Israele equivale all’Umanità”: così Emmanuel Lévinas (Difficile Libertà, Saggi sul Giudaismo).
E’ una concezione carnale e razziale, orizzontale e aberrante di Dio stesso: “Nel cuore di ogni pio ebreo, Dio è un ebreo – Noi e Dio siamo cresciuti insieme – noi abbiamo bisogno di un mondo nostro, un mondo-Dio, che non è nella vostra natura, o gentili, di costruire”. Così Maurice Samuel in Voi Gentili (1924). Poiché chiunque sia rimasto un poco cristiano sente in questo progetto un sentore anticristico, violentemente avverso a quel Gesù che disse: “Il Mio regno non è di questo mondo”, a noi interesserebbe sapere qual è l’atteggiamento della gerarchia cattolica di fronte a questo ordine che si sta costruendo a tappe accelerate.
Da una rivista informatica siamo stati informati che “tra l8 e l’11 marzo”, si tiene in Vaticano “una lunga sessione che coinvolgerà 120 studenti per 36 ore su temi che sono cari alla Chiesa: inclusione sociale, dialogo interreligioso e assistenza ai migranti e rifugiati”.
Fino a ieri i temi cari alla Chiesa, e su cui cercava di istruire i giovani, erano cose come: il rischio della dannazione eterna, il modo per salvarsi dall’inferno, i sacramenti, i dieci comandamenti. Oggi sono il dialogo interreligioso e l’assistenza ai migranti, di cui si vuole la “inclusione sociale”: sono temi di un ordine orizzontale e globale che ricalca il “globalismo messianico” dell’ebraismo che si sente vicino alla meta di costruire a Gerusalemme il tribunale supremo dell’Umanità. .
Col precipitare degli eventi che portano a Gerusalemme capitale dell’ebraismo, la probabile ricostruzione del Tempio come coronamento pseudo-religioso del Sionismo, assume tutto il suo tremendo significato quel documento della Pontificia Commissione Biblica, Vaticano, © 2001, dal titolo «Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana». Clicca qui per leggerlo integralmente. Era allora prefetto della Congregazione della Fede – ossia custode dell’ortodossia – J. Ratzinger; il quale era anche d’ufficio Presidente della Commissione stessa, quindi approvatore del documento, che loda altamente nell’introduzione.
Ratzinger: “L’attesa ebraica non è vana”.
In quel documento si afferma che “l’attesa messianica ebraica non è vana” – ossia che coloro che hanno rifiutato Gesù come Messia, hanno ragione di aspettare un altro compimento: ora vediamo che cosa è il “compimento” che si sta attuando in Israele. Il Messia collettivo.
Come ben predicarono i gradi padri della Chiesa, il Messia che attendono gli ebrei sarà l’Anticristo. Ma la Chiesa modernista si è posta nelle condizioni di riconoscerlo come legittimo Messia, proprio in quel tremendo documento pontifici. In esso, infatti, si invita il cattolico a sforzarsi di leggere la Bibbia, l’Antico Testamento, come lo leggono i giudei. “I cristiani possono e devono ammettere che la lettura ebraica della Bibbia è una lettura possibile, che si trova in continuità con le sacre Scritture ebraiche dall’epoca del secondo Tempio».
Per secoli, i cristiani hanno letto la Bibbia come una metaforica “storia sacra” dove si adombra la futura venuta di Gesù di Nazaret come Messia, in profezie via via più precise e realizzatesi durante la vita del Nazareno. E’ un errore, perché “più si trova evidente il riferimento al Cristo nei testi veterotestamentari, più si ritiene ingiustificabile e ostinata l’incredulità degli ebrei».
Ora, si capisce che la ragion d’essere dei cristiani non è di credere in Gesù e salvarsi l’anima attraverso l’Eucarestia; è di giustificare e scusare l’incredulità ebraica in Gesù, “riconsiderare la loro interpretazione della Bibbia ebraica, l’Antico Testamento». Poi la frase agghiacciante, fatale: la Pontificia Commissione, e con essa Ratzinger, si domanda “se i cristiani non debbano rimproverarsi di essersi impadroniti della Bibbia ebraica facendone una lettura in cui nessun ebreo si riconosce».
Ora, perché dovremmo preoccuparci se “nessun ebreo si riconosce” nella “lettura” cristiana della Bibbia? E’ la “lettura” che diedero i primi apostoli tutti ebrei, che diede l’ebreo Paolo – è la ”lettura” della Bibbia che diede in persona, evidentemente, Gesù di Nazaret, altrimenti i primi apostoli, tutti ebrei, non avrebbero osato inventarla. E’ovvio che “nessun ebreo” vi si riconosca, perché non riconosce in Gesù il Messia. Adesso, poi, vediamo molto concretamente quale è la “lettura “ biblica che gli ebrei: “il governo mondiale ebraico”; Gerusalemme “tribunale dell’Umanità federata, “ ti nutrirai delle ricchezze della nazioni”; le “distruggerai completamente” se si ribellano. Questi stermini sono già in corso. E se si usa la parola “globalista”, si è accusati di essere “antisemiti”. E già la gerarchia vaticana collabora al governo mondiale, e sorveglia che non si commetta il peccato di antisemitismo, ossia di non-globalismo. In attesa di salutare il loro Messia.
La Roccia delle loro brame
Haram Er Sharif, il nobile Santuario, fu terminato nel 697 dal nono califfo ommyade, che chiamò per realizzarla maestranze di Bisanzio. Queste costruirono l’edificio come un martyrion, ossia come uno scrigno architettonico dove si conservano reliquie sante. Infatti non è una moschea: l’interno lo mostra:
La reliquia è la Roccia. La Roccia di Abramo, dove si dice che Abramo stesse per sacrificare suo figlio. Questa Roccia era inglobata nel Tempio ebraico, e solo lì si poteva validamente effettuare il sacrificio dell’Agnello, il cui scopo era rinnovare l’Alleanza con JHVH. Quando Gesù dice a Simone di Galilea: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”, è a questa Pietra che allude. La Pietra che rende valido il sacrificio eucaristico. Per gli ebei, prendere possesso della Roccia e celebrarvi il rito, rinsalderebbe il Patto che YHVH ha stretto con loro, legittimando divinamente il loro potere “globale”.
Maurizio Blondet
fonte https://www.maurizioblondet.it/vietato-dire-globalista-antisemita-allora-vero/
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