PEDOFILIA IN AFGHANISTAN NELLE BASI USA.
Ne hanno parlato in tanti nelle ultime settimane, ma quasi nessuno si è soffermato ad indagare sulle dinamiche che hanno spinto l’Esercito e i media americani a giustificare gli orrendi stupri commessi contro i ragazzini dell’Afghanistan.
È un’indagine scomoda, perché se si scava troppo a fondo si rischia di dover ammettere che l’uomo ha bisogno di una solida guida morale – di una Legge immutabile – altrimenti finisce per accettare anche il peggiore dei crimini, come dimostra l’articolo che vi proponiamo.
Non tutti sono disposti a riconoscere quanto sia facile manovrare e plagiare l’umanità (“finestra di Overton” docet) e nessuno si rallegra nel constatare che ormai la superpotenza americana è caduta più in basso dei fondamentalisti islamici.
È un dato di fatto che durante il regno talebano, fra il 1994 e il 2001, gli atti di pedofilia oggi tollerati dagli occupanti americani venivano puniti con la pena di morte. Anche la coltivazione di oppio, ora più fiorente che mai, era stata contrastata con successo.
Lungi da noi difendere i talebani: se nel 1979 la coalizione americana non avesse deciso di finanziare i fondamentalisti islamici per abbattere il Governo secolare afghano sostenuto dall’Unione Sovietica, di certo oggi non ci troveremmo a parlare di ragazzini costretti a subire l’indicibile sullo sfondo di un Paese occupato e martoriato.
(Martina Smerčan)
La razionalizzazione della pedofilia in Afghanistan nel programma militare di consulenza antropologica Human Terrain System
Nel corso degli ultimi otto anni, i media hanno gradualmente rivelato come i soldati afghani e gli ufficiali di polizia alleati con le forze militari USA stiano abusando sessualmente di ragazzini trattenuti contro la loro volontà — a volte anche all’interno di basi militari gestite dagli americani.
Il mese scorso, Joseph Goldstein ha pubblicato in prima pagina sul New York Times un articolo intitolato “Soldati americani obbligati ad ignorare gli abusi sessuali sui minori commessi dagli alleati afghani”in cuiviene riportata l’inquietante storia del Caporale Gregory Buckley Jr., ferito fatalmente assieme ad altri due marines nel 2012. Buckley è stato ucciso dopo aver espresso delle preoccupazioni in merito alla tolleranza dimostrata dall’Esercito americano verso gli abusi sessuali praticati dagli ufficiali di polizia afghani presso la base dove era stazionato, nell’Afghanistan meridionale. Il padre di Buckley ha dichiarato al NY Times:
«Mio figlio raccontò che i suoi superiori gli avevano detto di guardare dall’altra parte, perché si trattava della loro cultura».
Il NY Times riporta la spiegazione ormai logora secondo cui il fatto che uomini adulti facciano sesso con ragazzini – alcuni di soli 12 anni – costituisca un’eredità culturale nota come bacha bazi, o “gioco su bambini”.L’articolo racconta di soldati americani che entrano in stanze dove uomini afghani sono a letto con ragazzini, di una giovanissima adolescente stuprata dal comandante di una milizia mentre lavorava nei campi, e la storia di un ex Capitano delle Forze Speciali, Dan Quinn, che ha subìto una sanzione disciplinare dopo aver preso a botte il comandante di una milizia afghana che teneva un ragazzino incatenato al letto come schiavo sessuale. L’articolo racconta di pesanti misure disciplinari intraprese contro i soldati e i marines americani che hanno cercato di fermare questi abusi.
Secondo la posizione ufficiale dell’Esercito americano, queste sono abitudini culturali del luogo, al pari delle differenze nel vestiario, nell’alimentazione o nei gusti musicali, perciò i soldati statunitensi sono tenuti a guardare dall’altra parte e non interferire.
Secondo un recente studio del giornalista Shane Harris, i marines stazionati all’estero ricevono ben poche indicazioni su come comportarsi in caso siano testimoni di abusi sessuali commessi dalla gente del luogo. Harris è entrato in possesso della copia di un testo usato per la formazione del personale militare in cui l’aggressione sessuale viene esplicitamente descritta come un fenomeno “culturale” tipico dell’Afghanistan.
Forse, queste rivelazioni erano prevedibili. Un decennio fa, la “Dottrina della contro-insorgenza” sviluppata dal Generale David Petraeus e dai suoi associati veniva elogiata dai suoi sostenitori per essere un modo più gentile di fare la guerra. Avevano sposato l’idea che le popolazioni locali dell’Iraq e dell’Afghanistan fossero il “centro di gravità,” il perno su cui si basava il destino dell’occupazione americana.
La dottrina, espressa più chiaramente nel Manuale di contro-insorgenza FM 3-24 pubblicato dall’Esercito americano nel 2007, richiedeva alle forze statunitensi di collaborare con gli alleati della “nazione ospite” (ad esempio, i leader tribali iracheni nella provincia di Anbar, ed i signori della guerra afghani opposti ai talebani) le cui credenze e pratiche possono essere molto diverse da quelle dei soldati americani.
Nessuno dei materiali usati per la formazione dei soldati fornisce alcuna indicazione su come comportarsi con gli alleati che violano i princìpi della stessa dignità umana. Quel che è peggio, la “dottrina Petraeus” funzionava chiaramente in maniera gerarchica: i soldati e i marines dovevano mettere da parte il loro giudizio morale e la loro esperienza per conformarsi alle esigenze della nuova contro-insorgenza.
A rendere la questione più complicata c’è il fatto che le credenze e le pratiche culturali variano drammaticamente da una cultura all’altra. Un’abitudine che viene considerata tabù in un luogo, potrebbe essere accettata o incoraggiata altrove. Tra i contributi apportati dagli antropologi del XX secolo c’è il concetto di relativismo culturale — la nozione secondo cui ogni società dovrebbe essere vista nel suo contesto particolare, e compresa in base ai suoi stessi standard. Ma il relativismo culturale non equivale al relativismo morale. È sorprendente che non ci sia mai stata un’indagine su come gli ufficiali militari americani imbevuti di questa “consapevolezza culturale” siano arrivati ad accettare pratiche in cui bambini vengono sequestrati dalla polizia afghana e dai leader delle milizie, e usati per ottenere piacere sessuale.
Razionalizzare gli abusi sui bambini
Nonostante gran parte di questa storia rimanga sconosciuta, è provato che il programma militare americano di consulenza antropologica Human Terrain System (HTS) abbia avuto un ruolo nel razionalizzare la pedofilia in Afghanistan, sia all’interno dei circoli militari, sia nella retorica usata dai mass media per sostenere l’impiego di questi criteri “culturali”.
Alcuni lettori forse ricordano che l’HTS è stato un controverso programma sperimentale di contro-insorgenza che tra il 2007 e il 2014 ha inserito degli scienziati sociali all’interno di brigate di combattimento in Iraq e Afghanistan. Il programma è costato ai contribuenti più di 720 milioni di dollari, il che l’ha reso il progetto di scienze sociali più costoso di tutta la storia. Era così controverso dal lato etico che nel 2007 è stato condannato dall’Associazione Antropologica americana. All’inizio di quest’anno è stato scoperto che l’Esercito ha silenziosamente archiviato l’HTS in seguito ad accuse di frode, cattiva amministrazione e sprechi.
Ragazzini intervistati dal giornalista Najibullah Quraishi per il documentario The Dancing Boys of Afghanistan (2010)
Risale all’ottobre 2007 una delle prime ammissioni pubbliche degli abusi commessi dagli alleati afghani — e del modo in cui gli antropologi militari americani hanno incoraggiato ad accettare gli uomini afghani che fanno sesso con maschi in età prepuberale.
Durante un’intervista radiofonica,Montgomery McFate, una delle principali consulentidel programma antropologico Human Terrain, ha raccontato di come il suo team abbia aiutato un battaglione americano ad accettare queste “differenze culturali”. La McFate – che vanta un dottorato in Antropologia presso l’Università di Yale – ha dichiarato che l’HTS è servito ad incentivare la consapevolezza interculturale e l’accettazione di ciò che lei chiama “Amore tra uomo e ragazzo”, gli stessi termini usati dalla North American Man/Boy Love Association [organizzazione sorta nel 1978 per chiedere l’abolizione delle leggi che vietano rapporti sessuali tra uomini adulti e minori di sesso maschile, ndt].
La dottoressa ha riferito il tutto come se si trattasse di una storia “umoristica” che illustrava il ruolo dell’HTS nell’incoraggiare le interazioni dei militari con le popolazioni locali:
«Mi viene da ridere, perché gli antropologi credono molto nella riflessività e nel riconoscere i propri pregiudizi, e qualche volta può essere difficile e un po’comico insegnare ai militari a vedere le cose secondo questa prospettiva.
Vi faccio un esempio: in Afghanistan si trova una Base operativa avanzata in cui di giovedì pomeriggio è d’abitudine, per alcuni degli uomini più anziani, andare in mezzo ai cespugli per avere degli intrallazzi con ragazzini molto giovani.
Un giorno la Brigata americana ha chiesto ai membri dell’HTS: “Che diamine è questo Man-Boy Love del giovedì? Che stanno facendo?”.In sostanza, la Brigata pensava che fosse “necessario mettere fine a queste pratiche, perché sono sbagliate”[la voce della McFate viene distorta da una risata]“perché violano il nostro concetto di quello che è appropriato”.
Al che i membri dell’HTS hanno ribattuto: “Dovete sapere che questo fa parte della cultura afghana e voi non potete farci molto. Non potete fermarli solo perché a voi non sta bene. È parte di quello che sono. Non cercate di imporre i vostri valori sulle persone con cui state collaborando, non servirà a cambiarli”.
Ecco, questo lo trovo un aneddoto piuttosto divertente».
(McFate citata in “Anthropologists and War”, The Diane Rehm Show, 2007)
Montgomery McFate ha la fama di essere un personaggio bohémien della controcultura, e la sua indifferenza sembra aver influenzato gli ufficiali dell’Esercito americano, che hanno iniziato a vedere la pedofilia dilagante come se fosse poco più di una stranezza culturale. Il modo vacuo e superficiale con cui la McFate tratta l’argomento è un esempio di quello che succede quando l’antropologia viene privata della sua etica ai fini della convenienza.
Spacciando una versione scadente e dozzinale delle Scienze sociali ad uso e consumo dell’esercito, la McFate lascia intendere ai suoi finanziatori e al pubblico in generale che l’antropologia può avere un ruolo utile nell’èra dell’Impero Americano in quanto semplifica le complicazioni morali. Nonostante al New York Times vada riconosciuto il merito di aver posto un’attenzione critica al fenomeno del Man-Boy Love, per anni il giornale ha agito da complice, presentando il programma Human Terrain in termini entusiastici.
Nel 2007, il NY Times ha pubblicato in prima pagina un pezzo in cui i sostenitori dell’HTS descrivevano il programma come efficace e “brillante”, ignorando in massima parte tutti gli oppositori. Qualche mese più tardi il NY Times ha pubblicato un articolo d’opinione in cui un antropologo dell’Università di Chicago, Richard Shweder, elogiava il programma scrivendo:
«La McFate ha messo in risalto il suo successo nel convincere i soldati americani ad abbandonare i pregiudizi morali sulla pratica culturale afghana in cui gli uomini più anziani vanno con i ragazzini più giovani (…) ‘Smettetela di imporre i vostri valori sugli altri’era il messaggio per i soldati americani. Ho trovato rincuorante il fatto che la dottoressa sia andata ben oltre il famoso “Don’t ask, don’t tell.” [Non chiedere, non dire, la linea politica adottata dagli USA tra il 1993 e il 2010 in merito all’orientamento sessuale del personale militare, ndt]».
Girarsi dall’altra parte
Tra il 2009 e il 2011, l’Esercito americano ha creato una situazione in cui i documenti ufficiali dipingevano lo sfruttamento sessuale dei bambini come una componente naturale ed accettabile della cultura afghana.
Nel 2009 è stato pubblicato un rapporto dell’HTS sulla “Sessualità Pashtun” firmato da AnnaMaria Cardinalli (che ha conseguito un dottorato in Teologia presso l’Università di Notre Dame), in cui si asserisce che un vasto numero di uomini afghani pratica una “omosessualità indotta culturalmente”, soprattutto con i ragazzini. Viene suggerito al personale militare americano di interpretare queste dinamiche come una “forza sociale essenziale” che sta alla base della cultura Pashtun. Pur ammettendo che queste pratiche possono essere caratterizzate da un grande “disequilibrio di potere e/o autorità a svantaggio del ragazzino coinvolto,” viene messo in dubbio che “ciò possa essere correttamente definito un abuso se visto attraverso l’obiettivo lenticolare di quella cultura”.
Due anni dopo, nel 2011, l’Esercito ha pubblicato un manuale di addestramento in cui al personale americano viene consigliato esplicitamente di ignorare gli abusi perpetrati dagli ufficiali di sicurezza afghani. Il manuale, intitolato Una crisi di fiducia e incompatibilità culturale, è stato scritto dal Maggiore Jeffrey Bordin, che ha un dottorato in psicologia ed è certificato come team leader di Human Terrain. Il manuale include una lista di “argomenti tabù” che i soldati americani dovrebbero evitare, fra cui “ogni critica alla pedofilia” e “ogni riferimento all’omosessualità”. Come Cardinalli, anche Bordin sminuisce l’abuso sui bambini come una peculiarità culturale. Il volume conclude:
«In sintesi, i soldati potrebbero sperimentare uno shock culturale nei momenti di interazione [con le forze di sicurezza afghane] (…)È necessaria una maggior comprensione della cultura afghana per consentire una collaborazione più efficace ed evitare il conflitto culturale».
È notevole che le giustificazioni impiegate dall’HTS per difendere la pederastia abbiano suscitato così poca attenzione mediatica. In contrasto, le storie diffuse dagli ambienti militari che riferivano del maltrattamento delle donne afghane per mano dei talebani venivano riciclate continuamente dalla stampa dopo il 2001, e molti americani erano arrivati a credere che le donne afghane avessero bisogno di essere salvate dai loro uomini. Curiosamente, gli organi di informazione americani hanno largamente ignorato i maltrattamenti subiti dalle donne in Arabia Saudita, Kuwait o Pakistan, vicini alleati degli Stati Uniti.
Nel 2010, il regista documentarista Adam Curtis ha pubblicato sul suo blog una conversazione avuta con Montgomery McFate. Quando Curtis domanda che cosa l’antropologia potrebbe fornire all’Esercito, lei risponde, “il relativismo culturale”. E cita ancora l’aneddoto del “Man-Boy Love”:
«Gli americani che gestivano la base avevano deciso che era sbagliato. Temevano che gli uomini più anziani stessero violando sessualmente i ragazzini. Volevano arrestare gli uomini afghani, ma il team di Human Terrain ha convinto i comandanti della base che questa è una parte accettata della cultura sessuale afghana. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che gli antropologi inizino ad insegnare ai militari che quello che loro considerano ‘corruzione’è in realtà un sistema profondamente radicato di patronaggio tribale dell’Afghanistan e che dovrebbero accettarlo».
Il relativismo culturale non è relativismo morale
I commenti della McFate e degli altri membri di Human Terrain System rivelano un profondo equivoco di ciò che è l’antropologia e la stessa società afghana.
Forse il problema principale è che le idee espresse dal team di HTS tradiscono un fraintendimento di fondo circa la differenza fra relativismo culturale e relativismo morale. Il primo è un semplice riconoscimento antropologico del fatto che tutte le culture hanno credenze e comportamenti distinti che sono considerati normali e appropriati dai membri che condividono la stessa cultura. Vista l’universalità di questo assioma, gli antropologi usano il relativismo culturale per comprendere le differenze culturali in base agli standard formulati dalla cultura che stanno analizzando.
Ma il relativismo morale è un’altra cosa. Il relativismo morale va oltre il riconoscimento delle differenze culturali, rifiutandosi di valutare la moralità di quelle pratiche. In questo contesto, la pedofilia, nell’Afghanistan contemporaneo, non può essere separata dalla presenza militare americana, come vorrebbero gli pseudo-filosofi dell’HTS. Adottando una posizione di relativismo morale, lo Human Terrain System pretende di esonerare sé stesso e l’Esercito americano dalla responsabilità degli abusi che avvengono all’interno delle basi militari USA.
Non possiamo fare a meno di domandarci perché, dopo aver raggiunto questa posizione di relativismo morale, il personale dell’HTS specializzato in antropologia abbia clamorosamente ignorato l’adesione dall’Associazione Antropologica americana ai princìpi dei diritti umani internazionali. È interessante notare che di recente il Presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani – che detiene un dottorato in Antropologia presso la Columbia University – ha condannato gli abusi sui bambini che avvengono nel suo Paese ed ha promesso di reprimere più severamente chi li perpetra.
Quello che manca nelle analisi fornite da questi “scienziati sociali” prestati all’esercito è un riconoscimento del contesto politico in cui essi operano. Come tutto ciò che viene realizzato in un contesto di invasione e occupazione militare, anche lo studio della sessualità avviene attraverso un nebbia di guerra che offusca ogni capacità analitica.
In Afghanistan, queste condizioni hanno provocato un’escalation di eventi in cui gli antropologi dell’HTS hanno fornito la razionalizzazione necessaria per trasformare le strutture militari americane in aree in cui gli alleati degli USA stuprano e brutalizzano bambini urlanti.
Tali dinamiche di razionalizzazione non sono uniche a questa guerra. Come l’antropologo Marshall Sahlins osservò mezzo secolo fa nel saggio La distruzione della coscienza in Vietnam, i soldati si trovano invischiati in una situazione in cui “ogni razionalità periferica svanisce sullo sfondo”.
Gli sforzi dell’HTS per esonerare gli ufficiali da ogni responsabilità in questi casi di rapimento e stupro di bambini mettono i soldati americani in una posizione impossibile: devono fingere che la protezione offerta dagli USA a chi compie questi atti non renda moralmente colpevoli anche loro, anche quando assistono in prima persona agli abusi.
Forse non c’è indicazione più chiara del fallimento morale dello Human Terrain System degli effetti delle loro incoscienti forme di “ricerca,” che hanno un costo umano reale. Mentre i bambini afghani soffrono le conseguenze dell’indifferenza ufficiale dinanzi agli abusi sessuali, i soldati americani sono perseguitati dai sensi di colpa, trovandosi costretti a compiacere gli aguzzini e tollerare l’ennesima bugia dell’occupazione americana dell’Afghanistan.
a cura di Martina Smerčan
Ne hanno parlato in tanti nelle ultime settimane, ma quasi nessuno si è soffermato ad indagare sulle dinamiche che hanno spinto l’Esercito e i media americani a giustificare gli orrendi stupri commessi contro i ragazzini dell’Afghanistan.
È un’indagine scomoda, perché se si scava troppo a fondo si rischia di dover ammettere che l’uomo ha bisogno di una solida guida morale – di una Legge immutabile – altrimenti finisce per accettare anche il peggiore dei crimini, come dimostra l’articolo che vi proponiamo.
Non tutti sono disposti a riconoscere quanto sia facile manovrare e plagiare l’umanità (“finestra di Overton” docet) e nessuno si rallegra nel constatare che ormai la superpotenza americana è caduta più in basso dei fondamentalisti islamici.
È un dato di fatto che durante il regno talebano, fra il 1994 e il 2001, gli atti di pedofilia oggi tollerati dagli occupanti americani venivano puniti con la pena di morte. Anche la coltivazione di oppio, ora più fiorente che mai, era stata contrastata con successo.
Lungi da noi difendere i talebani: se nel 1979 la coalizione americana non avesse deciso di finanziare i fondamentalisti islamici per abbattere il Governo secolare afghano sostenuto dall’Unione Sovietica, di certo oggi non ci troveremmo a parlare di ragazzini costretti a subire l’indicibile sullo sfondo di un Paese occupato e martoriato.
(Martina Smerčan)
La razionalizzazione della pedofilia in Afghanistan nel programma militare di consulenza antropologica Human Terrain System
Nel corso degli ultimi otto anni, i media hanno gradualmente rivelato come i soldati afghani e gli ufficiali di polizia alleati con le forze militari USA stiano abusando sessualmente di ragazzini trattenuti contro la loro volontà — a volte anche all’interno di basi militari gestite dagli americani.
Il mese scorso, Joseph Goldstein ha pubblicato in prima pagina sul New York Times un articolo intitolato “Soldati americani obbligati ad ignorare gli abusi sessuali sui minori commessi dagli alleati afghani”in cuiviene riportata l’inquietante storia del Caporale Gregory Buckley Jr., ferito fatalmente assieme ad altri due marines nel 2012. Buckley è stato ucciso dopo aver espresso delle preoccupazioni in merito alla tolleranza dimostrata dall’Esercito americano verso gli abusi sessuali praticati dagli ufficiali di polizia afghani presso la base dove era stazionato, nell’Afghanistan meridionale. Il padre di Buckley ha dichiarato al NY Times:
«Mio figlio raccontò che i suoi superiori gli avevano detto di guardare dall’altra parte, perché si trattava della loro cultura».
Il NY Times riporta la spiegazione ormai logora secondo cui il fatto che uomini adulti facciano sesso con ragazzini – alcuni di soli 12 anni – costituisca un’eredità culturale nota come bacha bazi, o “gioco su bambini”.L’articolo racconta di soldati americani che entrano in stanze dove uomini afghani sono a letto con ragazzini, di una giovanissima adolescente stuprata dal comandante di una milizia mentre lavorava nei campi, e la storia di un ex Capitano delle Forze Speciali, Dan Quinn, che ha subìto una sanzione disciplinare dopo aver preso a botte il comandante di una milizia afghana che teneva un ragazzino incatenato al letto come schiavo sessuale. L’articolo racconta di pesanti misure disciplinari intraprese contro i soldati e i marines americani che hanno cercato di fermare questi abusi.
Secondo la posizione ufficiale dell’Esercito americano, queste sono abitudini culturali del luogo, al pari delle differenze nel vestiario, nell’alimentazione o nei gusti musicali, perciò i soldati statunitensi sono tenuti a guardare dall’altra parte e non interferire.
Secondo un recente studio del giornalista Shane Harris, i marines stazionati all’estero ricevono ben poche indicazioni su come comportarsi in caso siano testimoni di abusi sessuali commessi dalla gente del luogo. Harris è entrato in possesso della copia di un testo usato per la formazione del personale militare in cui l’aggressione sessuale viene esplicitamente descritta come un fenomeno “culturale” tipico dell’Afghanistan.
Forse, queste rivelazioni erano prevedibili. Un decennio fa, la “Dottrina della contro-insorgenza” sviluppata dal Generale David Petraeus e dai suoi associati veniva elogiata dai suoi sostenitori per essere un modo più gentile di fare la guerra. Avevano sposato l’idea che le popolazioni locali dell’Iraq e dell’Afghanistan fossero il “centro di gravità,” il perno su cui si basava il destino dell’occupazione americana.
La dottrina, espressa più chiaramente nel Manuale di contro-insorgenza FM 3-24 pubblicato dall’Esercito americano nel 2007, richiedeva alle forze statunitensi di collaborare con gli alleati della “nazione ospite” (ad esempio, i leader tribali iracheni nella provincia di Anbar, ed i signori della guerra afghani opposti ai talebani) le cui credenze e pratiche possono essere molto diverse da quelle dei soldati americani.
Nessuno dei materiali usati per la formazione dei soldati fornisce alcuna indicazione su come comportarsi con gli alleati che violano i princìpi della stessa dignità umana. Quel che è peggio, la “dottrina Petraeus” funzionava chiaramente in maniera gerarchica: i soldati e i marines dovevano mettere da parte il loro giudizio morale e la loro esperienza per conformarsi alle esigenze della nuova contro-insorgenza.
A rendere la questione più complicata c’è il fatto che le credenze e le pratiche culturali variano drammaticamente da una cultura all’altra. Un’abitudine che viene considerata tabù in un luogo, potrebbe essere accettata o incoraggiata altrove. Tra i contributi apportati dagli antropologi del XX secolo c’è il concetto di relativismo culturale — la nozione secondo cui ogni società dovrebbe essere vista nel suo contesto particolare, e compresa in base ai suoi stessi standard. Ma il relativismo culturale non equivale al relativismo morale. È sorprendente che non ci sia mai stata un’indagine su come gli ufficiali militari americani imbevuti di questa “consapevolezza culturale” siano arrivati ad accettare pratiche in cui bambini vengono sequestrati dalla polizia afghana e dai leader delle milizie, e usati per ottenere piacere sessuale.
Razionalizzare gli abusi sui bambini
Nonostante gran parte di questa storia rimanga sconosciuta, è provato che il programma militare americano di consulenza antropologica Human Terrain System (HTS) abbia avuto un ruolo nel razionalizzare la pedofilia in Afghanistan, sia all’interno dei circoli militari, sia nella retorica usata dai mass media per sostenere l’impiego di questi criteri “culturali”.
Alcuni lettori forse ricordano che l’HTS è stato un controverso programma sperimentale di contro-insorgenza che tra il 2007 e il 2014 ha inserito degli scienziati sociali all’interno di brigate di combattimento in Iraq e Afghanistan. Il programma è costato ai contribuenti più di 720 milioni di dollari, il che l’ha reso il progetto di scienze sociali più costoso di tutta la storia. Era così controverso dal lato etico che nel 2007 è stato condannato dall’Associazione Antropologica americana. All’inizio di quest’anno è stato scoperto che l’Esercito ha silenziosamente archiviato l’HTS in seguito ad accuse di frode, cattiva amministrazione e sprechi.
Ragazzini intervistati dal giornalista Najibullah Quraishi per il documentario The Dancing Boys of Afghanistan (2010)
Risale all’ottobre 2007 una delle prime ammissioni pubbliche degli abusi commessi dagli alleati afghani — e del modo in cui gli antropologi militari americani hanno incoraggiato ad accettare gli uomini afghani che fanno sesso con maschi in età prepuberale.
Durante un’intervista radiofonica,Montgomery McFate, una delle principali consulentidel programma antropologico Human Terrain, ha raccontato di come il suo team abbia aiutato un battaglione americano ad accettare queste “differenze culturali”. La McFate – che vanta un dottorato in Antropologia presso l’Università di Yale – ha dichiarato che l’HTS è servito ad incentivare la consapevolezza interculturale e l’accettazione di ciò che lei chiama “Amore tra uomo e ragazzo”, gli stessi termini usati dalla North American Man/Boy Love Association [organizzazione sorta nel 1978 per chiedere l’abolizione delle leggi che vietano rapporti sessuali tra uomini adulti e minori di sesso maschile, ndt].
La dottoressa ha riferito il tutto come se si trattasse di una storia “umoristica” che illustrava il ruolo dell’HTS nell’incoraggiare le interazioni dei militari con le popolazioni locali:
«Mi viene da ridere, perché gli antropologi credono molto nella riflessività e nel riconoscere i propri pregiudizi, e qualche volta può essere difficile e un po’comico insegnare ai militari a vedere le cose secondo questa prospettiva.
Vi faccio un esempio: in Afghanistan si trova una Base operativa avanzata in cui di giovedì pomeriggio è d’abitudine, per alcuni degli uomini più anziani, andare in mezzo ai cespugli per avere degli intrallazzi con ragazzini molto giovani.
Un giorno la Brigata americana ha chiesto ai membri dell’HTS: “Che diamine è questo Man-Boy Love del giovedì? Che stanno facendo?”.In sostanza, la Brigata pensava che fosse “necessario mettere fine a queste pratiche, perché sono sbagliate”[la voce della McFate viene distorta da una risata]“perché violano il nostro concetto di quello che è appropriato”.
Al che i membri dell’HTS hanno ribattuto: “Dovete sapere che questo fa parte della cultura afghana e voi non potete farci molto. Non potete fermarli solo perché a voi non sta bene. È parte di quello che sono. Non cercate di imporre i vostri valori sulle persone con cui state collaborando, non servirà a cambiarli”.
Ecco, questo lo trovo un aneddoto piuttosto divertente».
(McFate citata in “Anthropologists and War”, The Diane Rehm Show, 2007)
Montgomery McFate ha la fama di essere un personaggio bohémien della controcultura, e la sua indifferenza sembra aver influenzato gli ufficiali dell’Esercito americano, che hanno iniziato a vedere la pedofilia dilagante come se fosse poco più di una stranezza culturale. Il modo vacuo e superficiale con cui la McFate tratta l’argomento è un esempio di quello che succede quando l’antropologia viene privata della sua etica ai fini della convenienza.
Spacciando una versione scadente e dozzinale delle Scienze sociali ad uso e consumo dell’esercito, la McFate lascia intendere ai suoi finanziatori e al pubblico in generale che l’antropologia può avere un ruolo utile nell’èra dell’Impero Americano in quanto semplifica le complicazioni morali. Nonostante al New York Times vada riconosciuto il merito di aver posto un’attenzione critica al fenomeno del Man-Boy Love, per anni il giornale ha agito da complice, presentando il programma Human Terrain in termini entusiastici.
Nel 2007, il NY Times ha pubblicato in prima pagina un pezzo in cui i sostenitori dell’HTS descrivevano il programma come efficace e “brillante”, ignorando in massima parte tutti gli oppositori. Qualche mese più tardi il NY Times ha pubblicato un articolo d’opinione in cui un antropologo dell’Università di Chicago, Richard Shweder, elogiava il programma scrivendo:
«La McFate ha messo in risalto il suo successo nel convincere i soldati americani ad abbandonare i pregiudizi morali sulla pratica culturale afghana in cui gli uomini più anziani vanno con i ragazzini più giovani (…) ‘Smettetela di imporre i vostri valori sugli altri’era il messaggio per i soldati americani. Ho trovato rincuorante il fatto che la dottoressa sia andata ben oltre il famoso “Don’t ask, don’t tell.” [Non chiedere, non dire, la linea politica adottata dagli USA tra il 1993 e il 2010 in merito all’orientamento sessuale del personale militare, ndt]».
Girarsi dall’altra parte
Tra il 2009 e il 2011, l’Esercito americano ha creato una situazione in cui i documenti ufficiali dipingevano lo sfruttamento sessuale dei bambini come una componente naturale ed accettabile della cultura afghana.
Nel 2009 è stato pubblicato un rapporto dell’HTS sulla “Sessualità Pashtun” firmato da AnnaMaria Cardinalli (che ha conseguito un dottorato in Teologia presso l’Università di Notre Dame), in cui si asserisce che un vasto numero di uomini afghani pratica una “omosessualità indotta culturalmente”, soprattutto con i ragazzini. Viene suggerito al personale militare americano di interpretare queste dinamiche come una “forza sociale essenziale” che sta alla base della cultura Pashtun. Pur ammettendo che queste pratiche possono essere caratterizzate da un grande “disequilibrio di potere e/o autorità a svantaggio del ragazzino coinvolto,” viene messo in dubbio che “ciò possa essere correttamente definito un abuso se visto attraverso l’obiettivo lenticolare di quella cultura”.
Due anni dopo, nel 2011, l’Esercito ha pubblicato un manuale di addestramento in cui al personale americano viene consigliato esplicitamente di ignorare gli abusi perpetrati dagli ufficiali di sicurezza afghani. Il manuale, intitolato Una crisi di fiducia e incompatibilità culturale, è stato scritto dal Maggiore Jeffrey Bordin, che ha un dottorato in psicologia ed è certificato come team leader di Human Terrain. Il manuale include una lista di “argomenti tabù” che i soldati americani dovrebbero evitare, fra cui “ogni critica alla pedofilia” e “ogni riferimento all’omosessualità”. Come Cardinalli, anche Bordin sminuisce l’abuso sui bambini come una peculiarità culturale. Il volume conclude:
«In sintesi, i soldati potrebbero sperimentare uno shock culturale nei momenti di interazione [con le forze di sicurezza afghane] (…)È necessaria una maggior comprensione della cultura afghana per consentire una collaborazione più efficace ed evitare il conflitto culturale».
È notevole che le giustificazioni impiegate dall’HTS per difendere la pederastia abbiano suscitato così poca attenzione mediatica. In contrasto, le storie diffuse dagli ambienti militari che riferivano del maltrattamento delle donne afghane per mano dei talebani venivano riciclate continuamente dalla stampa dopo il 2001, e molti americani erano arrivati a credere che le donne afghane avessero bisogno di essere salvate dai loro uomini. Curiosamente, gli organi di informazione americani hanno largamente ignorato i maltrattamenti subiti dalle donne in Arabia Saudita, Kuwait o Pakistan, vicini alleati degli Stati Uniti.
Nel 2010, il regista documentarista Adam Curtis ha pubblicato sul suo blog una conversazione avuta con Montgomery McFate. Quando Curtis domanda che cosa l’antropologia potrebbe fornire all’Esercito, lei risponde, “il relativismo culturale”. E cita ancora l’aneddoto del “Man-Boy Love”:
«Gli americani che gestivano la base avevano deciso che era sbagliato. Temevano che gli uomini più anziani stessero violando sessualmente i ragazzini. Volevano arrestare gli uomini afghani, ma il team di Human Terrain ha convinto i comandanti della base che questa è una parte accettata della cultura sessuale afghana. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che gli antropologi inizino ad insegnare ai militari che quello che loro considerano ‘corruzione’è in realtà un sistema profondamente radicato di patronaggio tribale dell’Afghanistan e che dovrebbero accettarlo».
Il relativismo culturale non è relativismo morale
I commenti della McFate e degli altri membri di Human Terrain System rivelano un profondo equivoco di ciò che è l’antropologia e la stessa società afghana.
Forse il problema principale è che le idee espresse dal team di HTS tradiscono un fraintendimento di fondo circa la differenza fra relativismo culturale e relativismo morale. Il primo è un semplice riconoscimento antropologico del fatto che tutte le culture hanno credenze e comportamenti distinti che sono considerati normali e appropriati dai membri che condividono la stessa cultura. Vista l’universalità di questo assioma, gli antropologi usano il relativismo culturale per comprendere le differenze culturali in base agli standard formulati dalla cultura che stanno analizzando.
Ma il relativismo morale è un’altra cosa. Il relativismo morale va oltre il riconoscimento delle differenze culturali, rifiutandosi di valutare la moralità di quelle pratiche. In questo contesto, la pedofilia, nell’Afghanistan contemporaneo, non può essere separata dalla presenza militare americana, come vorrebbero gli pseudo-filosofi dell’HTS. Adottando una posizione di relativismo morale, lo Human Terrain System pretende di esonerare sé stesso e l’Esercito americano dalla responsabilità degli abusi che avvengono all’interno delle basi militari USA.
Non possiamo fare a meno di domandarci perché, dopo aver raggiunto questa posizione di relativismo morale, il personale dell’HTS specializzato in antropologia abbia clamorosamente ignorato l’adesione dall’Associazione Antropologica americana ai princìpi dei diritti umani internazionali. È interessante notare che di recente il Presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani – che detiene un dottorato in Antropologia presso la Columbia University – ha condannato gli abusi sui bambini che avvengono nel suo Paese ed ha promesso di reprimere più severamente chi li perpetra.
Quello che manca nelle analisi fornite da questi “scienziati sociali” prestati all’esercito è un riconoscimento del contesto politico in cui essi operano. Come tutto ciò che viene realizzato in un contesto di invasione e occupazione militare, anche lo studio della sessualità avviene attraverso un nebbia di guerra che offusca ogni capacità analitica.
In Afghanistan, queste condizioni hanno provocato un’escalation di eventi in cui gli antropologi dell’HTS hanno fornito la razionalizzazione necessaria per trasformare le strutture militari americane in aree in cui gli alleati degli USA stuprano e brutalizzano bambini urlanti.
Tali dinamiche di razionalizzazione non sono uniche a questa guerra. Come l’antropologo Marshall Sahlins osservò mezzo secolo fa nel saggio La distruzione della coscienza in Vietnam, i soldati si trovano invischiati in una situazione in cui “ogni razionalità periferica svanisce sullo sfondo”.
Gli sforzi dell’HTS per esonerare gli ufficiali da ogni responsabilità in questi casi di rapimento e stupro di bambini mettono i soldati americani in una posizione impossibile: devono fingere che la protezione offerta dagli USA a chi compie questi atti non renda moralmente colpevoli anche loro, anche quando assistono in prima persona agli abusi.
Forse non c’è indicazione più chiara del fallimento morale dello Human Terrain System degli effetti delle loro incoscienti forme di “ricerca,” che hanno un costo umano reale. Mentre i bambini afghani soffrono le conseguenze dell’indifferenza ufficiale dinanzi agli abusi sessuali, i soldati americani sono perseguitati dai sensi di colpa, trovandosi costretti a compiacere gli aguzzini e tollerare l’ennesima bugia dell’occupazione americana dell’Afghanistan.
a cura di Martina Smerčan
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