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domenica 18 ottobre 2015

Lager Europa


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Constatiamo con piacere che tanti maître à penser nostrani finalmente condividono le nostre opinioni.
L’euro è una gabbia. una prigione, l’Eurolager, mentre l’Europa non è ormai altro che il Quarto Reich Merkeliano.
Chiosa Aldo Cazzullo sul “Corriere della Sera”:
C’è poco da esultare per la vittoria della linea del rigore. Esiste ormai una questione tedesca. La Germania ha raggiunto con la pace l’obiettivo che aveva fallito scatenando due guerre mondiali: conquistare l’egemonia in Europa. (Aldo Cazzullo, “La Grecia e le illusioni del fronte antieuropeo”, corriere.it)
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Lager Europa
Mentre la genìa tedesca, fin dai tempi dei Cavalieri Teutonici, lavora per infliggerci il LAGER EUROPA, noi da lungo tempo affermiamo che l’euro e i trattati europei sono stati per il resto d’Europa e, in particolare per i P.E.S. (Paesi dell’Europa del Sud) armi ben più micidiali ed efficaci di Stukas e Panzer-Divisionen, ed ora, a settant’anni dalla clamorosa disfatta subita nella seconda guerra mondiale, i Teutonici possono finalmente festeggiare la realizzazione della Grande Germania, il cui progetto era iniziato dai tempi di Otto von Bismarck, pur avendo subendo i due rovesci del 1918 e del 1945.
I nostri politici, grossolani incompetenti o autentici Quisling, hanno commesso il grave errore di permettere la riunificazione tedesca. Con essa sono riaffiorati i rigurgiti nazisti e la politica neocoloniale da Superpotenza europea.
Con buona pace degli illusi finto-socialisti che si baloccano ciarlando di “Stati Uniti d’Europa”, mentre quella in cui vivono attualmente quattrocento milioni di Europei è solo la realtà del Lager Europa, agli ordini del Quarto Reich Merkeliano, in cui gli Eurocrati rivestono i panni delle SS Totenkopf e dei Kapò del “Vernichtungs lager Europa”
Dopo la “tragedia greca” di un pessimo e tremebondo Alexis Tsipras, anche Giorgio La Malfa parla di prigione Europa e di quella che potrebbe essere una “vittoria monca” dei Tedeschi:
Per ottenere questa vittoria, la Germania ha dovuto entrare in campo in prima persona, abolendo la mediazione delle istituzioni europee e sostanzialmente distruggendone la credibilità. Ha messo brutalmente da parte la Commissione europea che, pur se diretta da una personalità modesta come Juncker, capiva che non si poteva rinnegare totalmente l’idea che l’Unione europea nasce per afierìnare una qualche solidarietà fra i popoli europei. Ha dovuto richiamare bruscamente all’ordine i1 presidente della Banca centrale europea. Insomma ha rivelato che le istituzioni europee sono autonome solo se suonano lo spartito tedesco. Ma non si è resa conto che l’Europa non può diventare – e non diventerà – una prigione peri popoli che ne fanno parte.
Oltre 50 anni fa Thomas Mann ammoniva la gioventù tedesca a non sottovalutare i sospetti degli altri europei verso la Germania e spiegava che spettava alla Germania chiarire se essa volesse una Germania europea o un’Europa tedesca;
Ieri ha vinto l’Europa tedesca, ma ha perso la Germania Europea di Adenauer, di Schmidt e di Kohl. Alla lunga questo sarà quello che conta. (Giorgio La Malfa su Il Mattino del 15 luglio 2014: “Ma così l’Europa è una prigione”, giorgiolamalfa.it)

Matteo Renzi e Angela Merkel propagandano la “democratica” UE.
Ennesima conferma che viviamo nel Lager Europa o Eurolager viene dall’articolo L’euro, creato da gangster nazisti per devastare l’Europa di libreidee.org:
Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.
«Per assicurarsi che nessuno Stato si emancipasse dalla loro sovranità dominante, decisero di manipolare gli ideali dell’epoca», scrive Meyssan su “Megachip”. «Quel che allora veniva definito il “progetto europeo” non consisteva nel difendere presunti valori comuni, ma nel fondere lo sfruttamento delle materie prime e delle industrie della difesa di Francia e Germania per essere certi che questi paesi non potessero più farsi la guerra (teoria di Louis Loucheur e del conte Richard Coudenhove-Kalergi)». Il britannico Mi6 e la statunitense Cia, continua il giornalista, furono poi incaricati di organizzare il primo “Congresso dell’Europa” all’Aia nel maggio 1948, al quale parteciparono 750 personalità (tra cui François Mitterrand) provenienti da 16 paesi. «Si trattava, né più né meno, di rilanciare il “progetto di Europa federale” (redatto da Walter Hallstein – il futuro presidente della Commissione Europea – per il cancelliere Adolf Hitler) in base alla retorica di Coudenhove-Kalergi». L’Urss aveva reagito all’inizio della guerra fredda sostenendo i comunisti che avevano preso il potere, legalmente, a Praga? «Washington e Londra organizzarono allora il Trattato di Bruxelles, che prefigurava la creazione della Nato». […]
Tra i “padri” dell’euro, Meyssan segnala Joseph Rettinger, «ex fascista polacco divenuto un agente britannico». Su richiesta dell’Mi6, l’intelligence britannica, Rettinger «fondò la European League for Economic Cooperation e ne divenne il segretario generale. In questa veste, è il padre dell’euro. In seguito, ha animato il movimento europeo e ha creato il Club Bilderberg». Obiettivo dell’Elec, una volta create le istituzioni europee, era quello di «passare dalla moneta comune (la futura European Currency Unit – Ecu) a una moneta unica (l’euro), in modo che i paesi che aderivano all’Unione non potessero più lasciarla» […]
La crescita, nell’Unione Europea, è stata dell’1,2% nel 2014, il che va a classificarla al 173° posto nel mondo: uno dei peggiori risultati del pianeta (la media mondiale è del 2,2%). «È inevitabile constatare che appartenere all’Unione e utilizzare l’euro non sono garanzie di successo», osserva Meyssan con lugubre sarcasmo, di fronte alla catastrofe economica che sta travolgendo l’Eurozona. Ma attenzione, non si tratta di un fallimento per tutti: «Se le élite europee sostengono questo “progetto”, accade perché risulta loro profittevole. In effetti, nel creare un mercato unico e una moneta unica, gli “unionisti” hanno imbrogliato le carte. Ormai, le differenze non sono tra gli Stati membri, ma tra classi sociali che si sono rese uniformi su scala europea. Ecco perché i più ricchi difendono l’Unione, mentre i più poveri aspirano al ritorno degli Stati membri». L’Ue, aggiunge Meyssan, «non è stata creata per unire il continente europeo, ma per dividerlo, scartando definitivamente la Russia. Questo è ciò che Charles De Gaulle aveva denunciato mentre perorava un’Europa “da Brest a Vladivostok”».
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Uno degli infiniti delitti compiuti dalla genia tedesca in duemila anni di Storia: impiccagione di partigiani Russi.
Chi non ha avuto mai dubbi sul fatto che i tedeschi, en masse, nascondono nell’armadio la divisa da SS Totenkopf odorosa di naftalina è il giornalista e scrittore Paolo Barnard:
Ma possibile che dopo 6 anni che il Prof. Alain Parguez, il prof. Adam Tooze, io e altri ve lo diciamo, voi non avete ancora capito? Il Nazismo non è affatto morto, si è solo modernizzato. Ma quante dimostrazioni volete per convincervi? (…)
La volontà di potere, distortamente estratta da Friedrich Nietzsche, della Germania è un mostro vivo sui fumi di Auschwitz. Ma no, nonostante le fiumane di prove della crudeltà sociale dei governi tedeschi oggi, nel loro tentativo di devastare centinaia di milioni, no, voi non volete accettarlo.
Sapete tutti cosa hanno fatto alla Grecia. E per chi non lo sa, il paradigma è semplice: negli anni ’90 la Grecia doveva comprare a debito il maggior numero di prodotti tedeschi possibili, per alimentare assieme ad altri Paesi il primato export di Berlino. Poi, quando è stata introdotta la moneta unica euro, la Germania ha incolpato la Grecia (e altri) di aver… speso TROPPO! Ma dai! Che figli di troia sti germanici eh?
Oggi, su queste basi, stanno veramente massacrando un popolo, i greci, per estrargli ancora più sangue. Per vederli morire con urla ancora maggiori, come ad esempio quando la maggior rivista scientifica del mondo, il The Lancet, ci dice che la mortalità dei bambini greci è aumentata del 40%, BAMBINI MORTI CAZZO!, e le infezioni da Aids sono aumentate del 3018% in Grecia a causa della mancanza di siringhe. Ok?
Ora emerge uno studio fin banale, nel senso che era visibile dalla luna, che ci dice che la Germania è il maggior beneficiario europeo della crisi greca. Cioè:
ORA NON SOLO I NEONAZISTI DI BERLINO STANNO FINENDO A MORTE I GRECI, MA CI HANNO GUADAGNATO SOPRA MOLTO DI PIU’ DI QUELLO CHE SBANDIERANO DI AVER PERSO.
Agence France Press ha fatto due conti: La Germania, usando lo spauracchio dell’ipotetica crisi europea causata dalla Grecia, ha goduto di un flusso d’investitori che si sono rifugiati nei Titoli tedeschi per un guadagno di 100 miliardi di euro, mentre la Germania stessa è creditrice dalla Grecia di solo 56 miliardi di euro. Capito? AVETE CA-PI-TO? Usando la Grecia che muore, Berlino ha guadagnato 100, e la Grecia gli deve 56. (…)
Ma perché?, ma perché? vi rifiutate di capire come funziona il Vero Potere? Il Nazismo si è riciclato, ha capito che le camere a gas sono strumenti medievali, e ha imbracciato la finanza. Continuo a sostenere che la Germania va commissariata dall’Onu, il suo governo va smembrato, e i tedeschi vanno condannati da tribunali internazionali a lavorare per un secolo per riparare i danni fatti in 3 guerre: la I Guerra Mondiale, la II Guerra, e questa finale finanziaria. (Paolo Barnard, “Ma ancora non avete capito come si è riciclato Hitler in UE?”, paolobarnard.info)
Icastico questo breve articolo sempre di Paolo Barnard, sempre sui tedeschi:
La Germania è Nazista nel DNA. Wolfgang Schaeuble è Nazista. L’ONU deve fermarli. I GRECI STANNO CREPANDO, ANZIANI E FETI, LEGGETE LE RIVISTE MEDICHE INTERNAZIONALI. La Germania va de-sovranizzata per un secolo dalle Nazioni Unite. Non si fermeranno mai, hanno gli stermini nel DNA. (Paolo Barnard, “IL PROGETTO DELLA GERMANIA DI SCHAEUBLE PER LA GRECIA (POI NOI)”, paolobarnard.info)
Buchenwald corpses piled high
Uno degli infiniti delitti compiuti dalla genìa tedesca in duemila anni di Storia: Buchenwald.
Il saggio presidente Franklin Delano Roosevelt aveva da tempo compreso che il bellicoso popolo tedesco era un virus mortale per la pace mondiale e il Generale (successivamente Presidente USA) Dwight Eisenhower affermò che «l’intera popolazione tedesca è un paranoide sintetico».
Insieme a Henry Morgenthau, Roosevelt studiò un piano per impedire nei secoli a venire che la pericolosa genìa tedesca producesse altre catastrofi mondiali. Venne così stilato il lungimirante e geniale Piano Morgenthau:
Nella proposta originale questo programma doveva essere attuato in tre aspetti principali:
la Germania doveva essere divisa in due stati indipendenti;
i principali centri industriali ed estrattivi tedeschi, comprese le zone della Saar, della Ruhr e della Slesia Superiore dovevano essere internazionalizzati o annessi dalle nazioni vicine;
tutta l’industria pesante doveva essere smantellata oppure distrutta.
Le disposizioni principali possono essere così riassunte:
1) Smilitarizzazione della Germania. Dovrebbero essere obiettivo delle Forze Alleate provvedere alla totale smilitarizzazione della Germania nel più breve tempo possibile dopo la resa. Questo significa il disarmo totale delle forze armate tedesche e della popolazione (inclusa la rimozione o la distruzione di tutto il materiale bellico), la completa distruzione dell’industria tedesca dell’armamento e la rimozione o distruzione di altre industrie-chiave la cui produzione è basilare per la sua forza militare
2) Divisione della Germania.
(a) Alla Polonia dovrebbe andare quella parte della Prussia orientale che non è assegnata all’URSS e la parte meridionale della Slesia indicata sulla cartina allegata (Appendice A).
(b) Alla Francia dovrebbero andare la Saar ed i territori adiacenti delimitati dai fiumi Reno e Mosella.
(c) Come indicato nella parte 3, dovrebbe essere creata una Zona Internazionale che contenga la Ruhr e le aree industriali circostanti.
(d) La rimanente parte della Germania dovrebbe essere divisa in due stati autonomi ed indipendenti comprendenti (1) Stati tedeschi del sud che comprendano la Baviera, il Württemberg, il Baden e qualche territorio minore e (2) Stati tedeschi del nord, comprendenti gran parte dei vecchi stati di Prussia, Sassonia, Turingia e parecchi altri piccoli stati. Vi sarà una unione doganale fra il nuovo stato della Germania del Sud e l’Austria, i cui confini politici verranno ripristinati alla situazione antecedente il 1938.
3) La zona della Ruhr. (La Ruhr, le aree industriali circostanti, come si vede dalla cartina allegata, compresa la Renania, il canale di Kiel e tutti i territori a nord del canale di Kiel). Qui si trova il cuore del potere industriale tedesco, il calderone delle guerre. Questa area deve non solo privata delle attualmente esistenti industrie ma indebolita e controllata in modo che non possa in un prevedibile tempo futuro diventare un’area industriale. Ciò verrà attuato con i seguenti passi:
(a) nel breve periodo, possibilmente non oltre i sei mesi dalla fine delle ostilità, tutti gli impianti e i macchinari industriali non distrutti da azioni belliche saranno smantellati e allontanati dall’area se non distrutti. Tutti i macchinari delle miniere verranno rimossi e le miniere stesse accuratamente poste fuori uso. Si anticipa che questo passo verrà attuato in tre fasi:
(i) Le forze armate non appena entrate nella zona distruggeranno tutti gli impianti che non possono essere rimossi
(ii) Rimozione degli impianti e macchinari da parte di membri delle Nazioni Unite a titolo di restituzione e riparazione [dei danni di guerra, n.d.t.] (paragrafo 4)
(iii)Ogni impianto e macchinario non rimosso entro un determinato lasso di tempo, diciamo 6 mesi, sarà completamente distrutto o ridotto a rottame e posto a disposizione delle Nazioni Unite.
(b) A tutti coloro che abitano quest’area dev’essere chiaramente fatto capire che non le sarà più concesso di diventare una zona industriale. Conseguentemente tutti gli abitanti dell’area e le relative famiglie nelle quali sono presenti particolari specializzazioni od addestramento tecnico dovranno essere incoraggiati ad emigrare in modo definitivo dall’area in questione e dovranno essere sparsi su una territorio più ampio possibile.
(c) L’area dovrà divenire una zona internazionale governata da una organizzazione di sicurezza internazionale istituita dalle Nazioni Unite. Il governo di questa zona l’organizzazione internazionale dovrà essere ispirato a politiche volte all’attuazione dei sopra menzionati obiettivi.
4) Restituzioni e Riparazioni. Le riparazioni, in forma di pagamenti e forniture ricorrenti, non devono essere richieste. Le restituzioni e le riparazioni saranno effettuate da trasferimenti delle risorse esistenti della Germania e dei territori, ad es.
(a) mediante la restituzione di beni di proprietà saccheggiati dai tedeschi nei territori da loro occupati;
(b) con il passaggio di territori tedeschi e dei diritti privati su proprietà industriali site in tali territori alle potenze d’invasione e alle organizzazioni internazionali secondo il programma di ripartizione;
(c) mediante rimozione e distribuzione fra i paesi devastati di impianti industriali e macchinari siti all’interno della Zona Internazionale e negli stati delle Germanie del Nord e del Sud delimitate nella sezione di ripartizione;
(d) mediante lavoro forzato da parte di tedeschi fuori della Germania; e
(e) mediante confisca di tutti beni di proprietà germanica di qualsivoglia tipo siti fuori della Germania. (Piano Morgenthau, Wikipedia)
Un piano duro? Assolutamente meritato per i tedeschi e comunque una bazzeccola se confrontato al Piano Fame organizzato dagli infami tedeschi di fede hitleriana:
Il Piano Hunger (Piano Fame) (in tedesco der Hungerplan, o anche der Backe-Plan) fu un modello di gestione economica posto in essere per assicurare ai tedeschi la priorità nell’approvvigionamento alimentare a discapito di chiunque altro, e fu elaborato come parte della fase di pianificazione dell’invasione dell’Unione Sovietica del 1941. (…)
Il Piano Fame causò molte morti, innanzitutto tra gli ebrei (che i nazisti avevano rinchiuso in ghetti) e i prigionieri di guerra sovietici, più facilmente controllabili dai tedeschi, e ai quali dunque più agevolmente poteva venir impedito l’accesso al cibo[1]. Agli ebrei era ad esempio impedito l’acquisto di uova, latte, burro, carne o frutta. Le cosiddette ‘razioni’ per gli ebrei, a Minsk come in altre città sotto il controllo del Gruppo di Armate Centro non erano superiori a 420 calorie al giorno. Decine di migliaia di ebrei morirono di fame o per malattie legate alla fame nell’inverno tra il 1941 e il 1942. Tra uno e due milioni di prigionieri di guerra sovietici morirono di fame e stenti solo nel primo anno di guerra[3]. Sebbene un gran numero di morti tra i prigionieri fosse comunque da prevedere date le terribili condizioni in cui veniva condotta la guerra, l’affamamento di questi prigionieri divenne una pratica deliberata del regime nazista e della Wehrmacht[3]. Sebbene il Piano Fame fosse stato originariamente concepito per l’Unione Sovietica, esso venne ben presto esteso fino ad includere la Polonia occupata. Come in Russia, fu la popolazione ebrea a sopportarne la gran parte del peso, benché l’affamamento fosse una realtà anche per i polacchi. Raul Hilberg ha stimato in più di mezzo milione le morti di ebrei polacchi per fame nei ghetti [senza fonte]. All’inizio del 1943 Hans Frank, Governatore tedesco della Polonia, valutava in 3 milioni i polacchi che avrebbero rischiato la morte per fame per effetto del Piano; in agosto, la capitale Varsavia venne completamente esclusa dai rifornimenti di grano. Solo l’abbondante raccolto di quell’anno e l’arretramento del fronte orientale nel 1944 salvarono i Polacchi dalla morte per fame.
L’Europa Occidentale veniva terza nella lista della riprogrammazione alimentare tedesca: sebbene non avessero mai a soffrire il genocidio per fame dell’Est, anche la Francia e altre nazioni dell’Ovest fornirono cibo per la popolazione tedesca. Alla metà del 1941, in Polonia la minoranza tedesca aveva diritto a 2613 calorie al giorno, a fronte delle 699 per i polacchi e 184 per gli ebrei rinchiusi nel ghetto. Il che significa che solo la quota dei tedeschi corrispondeva al fabbisogno calorico quotidiano, rappresentandone il 26% quella dei polacchi e il 7,5 quella degli ebrei. Tuttavia, il Piano non venne mai realizzato compiutamente. Ai tedeschi mancavano forze a sufficienza per realizzare un totale embargo alimentare delle città sovietiche, né erano in grado di confiscare a proprio vantaggio la totalità delle derrate. Riuscirono comunque a rifornire significativamente i propri granai, particolarmente grazie alla fertilità ucraina, dai cui territori vennero tenuti lontani i russi, con importanti e drammatici risultati in termini di loro affamamento, specialmente nella Leningrado accerchiata, ove si contarono oltre un milione di morti. La carenza di cibo aumentò anche i decessi per fame tra prigionieri di guerra, lavoratori forzati e internati nei campi di concentramento in Germania. Alla fine del 1943 il Piano segnò un altro successo, normalizzandole scorte di cibo per la Germania: in autunno, per la prima volta dall’inizio della guerra le razioni dei cittadini tedeschi aumentarono, dopo le numerose precedenti diminuzioni.
Negli anni 1942-43 l’Europa occupata forniva alla Germania più di un quinto del fabbisogno di grano, un quarto del grasso e il trenta per cento della carne necessaria. Joseph Goebbels annotò nei suoi diari che il principio del Piano Hunger era che “prima che la Germania venga affamata, toccherà a un bel po’ d’altri popoli”. (Piano Fame, Wikipedia)
euro irreversibile
L’Euro è irreversibile
L’euro (la moneta fiat gestita dalla cabala massonica dei banchieri internazionali) e laUE sono un cancro in metastasi programmato per realizzare la morte certa di decine di milioni di europei del ceto medio, in particolare nel Sud Europa e la trasformazione dei sopravvissuti in iloti,schiavi agli ordini della mafia finanziaria mondiale.Di seguito un commento illuminante:
La crisi mette a rischio la sopravvivenza stessa di qualsiasi disegno di integrazione. L’economia europea è malata e rischia di infettare l’economia mondiale. Le proposte di mutualizzazione dei debiti (gli eurobond) e di creazione di un fondo federale consistente, tale da riequilibrare le crescenti asimmetrie territoriali e sociali, appaiono politicamente impraticabili a causa della ferma opposizione dei paesi del Nord Europa. In questo quadro di incertezza e di grave sofferenza sono possibili diversi scenari tra di loro non necessariamente incompatibili: la continuazione di una fase prolungata di stagnazione, o peggio di recessione e depressione; la (improbabile) ristrutturazione dei debiti dei paesi dell’Europa mediterranea; la rottura caotica dell’Eurozona con l’uscita forzata di uno o più paesi dall’euro e il crollo rovinoso del sistema europeo. (Manifesto/appello “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall’austerità senza spaccare l’euro” di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini)
Un anno fa ilgiornale.it intervistava Alberto Bagnai sull’indispensabile uscita dal Lager Europa:
Nel Manifesto di solidarietà si parla di un’uscita controllata dall’unione monetaria. Non si tratta di utopia. Dietro al progetto per salvare un’Europa che i tecnocrati di Bruxelles stanno facendo capitolare in un abisso senza fondo c’è una tesi economica ben documentata, una sorta di exit strategy, per salvare l’Italia e tutti i Paesi dell’Eurozona dall’abbraccio mortale dell’euro. 
Questo manifesto è stato sottoscritto anche da Alberto Bagnai, professore associato di Politica economica all’Università “Gabriele D’Annunzio”, che nel libro Il tramonto dell’euro spiega chiaramente come e perché la fine della moneta unica salverebbe non solo il benessere del Vecchio Continente, ma anche la democrazia. “Se i Paesi del Nord non dovessero accettare di uscire dall’euro seguendo un iter concordato – spiega – l’Italia dovrà andarsene il prima possibile fuggendo da questa trappola”. […] Chi sapeva?“I padri fondatori, come Albertini, Spinelli, Prodi, Padoa Schioppa e Ciampi, sapevano benissimo – e lo hanno pure detto più volte – che una moneta unica sarebbe stata insostenibile per Paesi così diversi ma, creando delle crisi, avrebbe spinto i popoli a unirsi. Sicuramente quando dicevano, con grande lucidità queste cose, questi politici hanno sottovalutato il fatto che crisi economica significa anche morte ed esclusione sociale. Contro questo modello di uso della violenza economica per un fine politico si stanno ribellando i cittadini europei.” […] I pensatori euroscettici sono stati sempre tacciati di pazzia. Perché questa feroce campagna mediatica contro di voi?
“L’euro nasce da un processo che è stato voluto da quella politica corrotta che lo stesso euro avrebbe dovuto moralizzare. Così, da quando il partito comunista, dopo essersi schierato nel 1978 contro l’unificazione monetaria, si è accodato con tutta la vecchia politica (corrotta o non corrotta) al disegno europeista, il dibattito è stato ampiamente falsato. Per uno studioso come me, che si occupa di economia monetaria internazionale, la situazione è schizofrenica: ai convegni internazionali ascolto teorie che in televisione ancora oggi sarebbero considerate eretiche. La campagna diffamatoria contro chi critica l’euro è una conseguenza dell’incapacità della vecchia politica di ammettere i propri fallimenti.” […] 
Chi ci guadagna a tenere i Paesi dell’Eurozona ancorati alla moneta unica?

“Una valuta forte favorisce le imprese che delocalizzano, cioè portano produzione e lavoro all’estero. Se l’Italia ha una valuta forte diventa più facile acquistare, per esempio un impianto in Romania. Una volta prodotto il bene, però, non può essere venduto al romeno perché troppo costoso per le sue tasche. Pertanto va riportato in Italia. A quel punto la valuta forte avvantaggia ulteriormente l’imprenditore nella reimportazione del bene. Basta, quindi, andare a vedere chi ha fatto questo tipo di operazione. Due esempi noti, fra quelli intervenuti nel dibattito, sono Della Valle e Squinzi che hanno delocalizzato massicciamente. Non deve dunque stupire se in questo periodo la Confindustria, che è guidata da industriali che hanno delocalizzato all’estero, sia ferocemente avversa all’ipotesi di uscita dall’euro. Al contrario le piccole e medie imprese che hanno deciso di mantenere le linee produttive in Italia sono contrarie, ma non hanno una voce. La Confapi è stata di fatto radiata dal dibattito.”
E nel mondo accademico?
“Ci sono casi sorprendenti, come quello di Alberto Alesina che nel 1997 definiva l’euro “un rischio da non correre”, e oggi che il rischio si è materializzato chiede dalle colonne del Corriere della Sera qualsiasi sacrificio pur di difendere la moneta unica. Non so se si tratti di convenienza personale o più semplicemente di conformismo, una malattia professionale degli economisti. Poi, certo, gli squilibri che l’euro crea sono una miniera d’oro per istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, che su questi squilibri prosperano e acquistano potere politico, e naturalmente per quella parte del mondo accademico che ruota attorno ad esse.”
E per quanto riguarda il sistema delle banche?
“Naturalmente è avvantaggiato da tutto quello che facilita la possibilità per consumatori e imprese di indebitarsi. L’euro si inserisce, infatti, in un disegno di finanziarizzazione del capitalismo dove si tende a comprimere la retribuzione dei lavoratori, con un aumento della disuguaglianza. Nel momento in cui il lavoratore guadagna come prima ma è molto più produttivo di prima, sul mercato vengono immessi più prodotti che possono essere comprati. Se però i salari sono gli stessi di prima, bisogna indebitarsi per fare acquisti. Ed è in questo contesto che il sistema finanziario si arricchisce. Tutto quello che facilita la capacità di cittadini, cittadini e imprese di indebitarsi va ovviamente a favore di chi offre credito. E l’euro ha enormemente facilitato questo processo.” (Andrea Intini intervista Alberto Bagnai, “Chi guadagna con l’euro”)
Anche il bocconiano Luigi Zingales definisce l’euro una camicia di forza, il Lager Europa:
Zingales rende bene l’idea dell’euro come camicia di forza, come qualcosa che ci lega all’albero di una barca che pare stia per affondare.
James (Jamie) K. Galbraith, amico e consigliere di Yanis Varoufakis, interviene sul brutale diktat merkeliano nei confronti della Grecia, precisando che «non è un accordo. E’ un brutale colpo di stato ottenuto con metodi mafiosi. Lo stesso Tsipras ha ammesso che ha firmato solo perché si è trovato con un coltello alla gola» e commenta che l’unica alternativa che avesse il governo greco era «l’uscita dall’euro».
Infine lancia un angosciante monito a tutti gli Europei in risposta all’intervistatore Thomas Fazi,
Come rea­gi­rebbe l’esta­blish­ment euro­peo alla vit­to­ria di un par­tito come Syriza in un altro paese della peri­fe­ria?
Assi­ste­remmo alla stessa semi-automatica sequenza di eventi a cui abbiamo assi­stito in Gre­cia: per prima cosa le ban­che del Nord comin­ce­reb­bero a tagliare le linee di cre­dito alle ban­che del Sud. A quel punto dovrebbe inter­ve­nire la Bce con la liqui­dità di emer­genza. Que­sto spin­ge­rebbe la gente a por­tare i capi­tali fuori dal paese, e in poco tempo il governo si ritro­ve­rebbe a gestire una crisi ban­ca­ria. Va da sé che se que­sto avve­nisse in un paese come la Spa­gna o l’Italia, avrebbe riper­cus­sioni infi­ni­ta­mente più gravi di quello a cui abbiamo assi­stito in Grecia.
Qua­lun­que par­tito di sini­stra che aspiri a gover­nare un paese euro­peo deve essere pre­pa­rato a questo. (Galbraith: «Per Syriza Missione Impossibile». ilmanifesto.it)
Anche Beppe Grillo ha finalmente compreso che l’euro è la Wunderwaffe, l’arma utilizzata dal braccio armato del Quarto reich tedesco (la TROIKA) per annichilire le democrazie e le vite di milioni di cittadini europei prigionieri nel Lager Europa:
In un post sul suo blog, il leader del M5S rompe gli indugi con un’analisi senza precedenti: dall’euro bisogna uscire di corsa, perché dentro la moneta unica europea non esiste possibilità di salvezza. Lo pensa anche Nigel Farage, il leader dell’Ukip, pronto a guidare la campagna referendaria del 2017 per spingere la Gran Bretagna fuori dall’Ue. Un altro referendum sarà indetto in Austria, sempre per chiedere l’uscita del paese dall’Unione Europea. Per non parlare della Francia, dove il Front National di Marine Le Pen minaccia l’uscita dall’Ue se a Parigi non sarà accordata l’uscita “morbida” dall’euro.
Non da oggi, un economista di sinistra come Emiliano Brancaccio accusa l’Italia: non è stata mai neppure ventilata la minaccia di uscire dal mercato comune europeo, argomento che sarebbe fortissimo per costringere Germania e Ue ad accettare una revisione radicale dei terrificanti trattati europei. Se “Syriza” in Grecia e “Podemos” in Spagna continuano a fantasticare sulla possibilità di vivere nel benessere pur restando nell’Eurozona, in tutti questi anni il Movimento 5 Stelle è rimasto in silenzio, limitandosi a proporre il “reddito di cittadinanza” contro il rigore sociale imposto da Bruxelles e poi un referendum consultivo sulla moneta unica. Ora, di colpo, Grillo cambia marcia. Il premier greco? «Rifiutare a priori l’Euroexit è stata la sua condanna a morte: convinto, come il Pd, che si potesse spezzare il connubio “euro & austerità”, Tsipras ha finito per consegnare il suo paese, vassallo, nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’euro solo dall’interno presentandosi senza un esplicito piano-B di uscita ha infatti finito per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’euro-debito».
Aggiunge Grillo: solo Vendola, il Pd e i media ispirati da Scalfari e «dai nostalgici del manifesto di Ventotene», cioè il miraggio degli Stati Uniti d’Europa, «potevano credere ad un euro senza austerità». E oggi «sono costretti a continuare a far finta di crederci, pur di non dover ammettere l’opportunità di una uscita dopo sette anni di disastri economici». Lo stesso Grillo non brilla per tempismo: oggi, nel 2015, abbraccia le tesi sovraniste enunciate da Paolo Barnard a partire dal 2010. E lo fa dopo aver rifiutato – durante la nera stagione di Monti e Fornero – la consulenza di Warren Mosler e del team di ecomomisti della Modern Money Theory, gli stessi che permisero all’Argentina di liberarsi del cambio fisso col dollaro, che (esattamente come l’euro) condannava l’economia del paese. Ora, Grillo riconosce che «la conseguenza di questa catastrofe politica è davanti agli occhi di tutti». Ovvero: «Nazismo esplicito da parte di chi ha ridotto la periferia d’Europa a suo protettorato attraverso il debito, con ricorsi storici allarmanti». E poi: «Mutismo o esplicito supporto alla Germania da parte degli altri paesi europei vuoi per opportunismo (nord) o per subalternità (periferia)». E ancora: «Mercati finanziari che celebrano con nuovi massimi la fine della democrazia».
La Grecia è tristemente eloquente: «Esproprio del patrimonio nazionale attraverso l’ipoteca di 50 miliardi di euro sui beni greci finiti nel fondo voluto da “Adolf” Schaeuble per passare all’incasso dei suoi crediti di guerra». Nessuna sorpresa: era tutto «studiato, previsto, pianificato nei minimi dettagli», perché «la Germania è sistematica nella sua strategia: prima crea un nuovo precedente e poi lo utilizza nella battaglia successiva imponendo decisioni via via più invasive della democrazia grazie al ‘chi tace acconsente’». […]
Grillo raccomanda addirittura di «prepararsi alla nazionalizzazione delle banche», oltre che «al passaggio ad un’altra moneta». Lo ritiene «il modo per non perdere la prima battaglia che dovremo affrontare quando arriverà il momento di staccarci dal bocchettone della Bce». Ogni piano-B, aggiunge, dovrà quindi prevedere l’introduzione di una moneta parallela, che all’evenienza potrà essere adottata per avviare il processo di uscita in maniera soft. Ancora più insolita l’analisi geopolitica di Grillo, che chiede di «tenere un occhio a Francoforte e l’altro a Washington», accusando direttamente l’élite statunitense di voler tenere in vita l’euro fino all’approvazione europea del Ttip, il trattato con cui gli Usa ridurranno in schiavitù l’Europa, così come ha finora fatto la Germania con l’arma della moneta unica creata su misura per Berlino. «L’euro e’ ormai una guerra esplicita tra creditori e debitori», chiosa Grillo, ormai allineato – meglio tardi che mai – alla lucida e solitaria denuncia di Barnard, rimasto inascoltato per molti anni. […] «Faremmo dunque bene a prepararci, con un governo esplicitamente anti-euro, all’assalto finale del patrimonio degli italiani», conclude Grillo. Patrimonio di famiglie e aziende ormai «sempre più a rischio, se non ci riprendiamo la nostra sovranità monetaria». (“La svolta di Grillo: basta euro, moneta sovrana o morte”, libreidee.org)
Le trattative tra quelli che una parte definiva – giustamente – “criminali”, “terroristi” e “nazisti tecnocratici” (i creditori) mentre gli altri definivano la controparte “fannulloni”“lassisti”, “truffatori” e “inaffidabili” (i Greci) non potevano che naufragare anche per l’inerzia di un pavido Tispras che, dopo aver rimosso come negoziatore l’apparentemente invitto Spartano Yanis Varoufakis a seguito dei duri scontri dello stesso con il rigido e tardo epigono di Himmler del Quarto Reich tedesco, Wolfgang Schäuble, non ha mutato in alcun modo la sua strategia da coniglio perdente.
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Schaeuble tardo emulo di Himmler
Un flashback alla Quentin Tarantino:
Ricordiamo che Helmuth Kohl, di cui Schäuble è stato il portaborse per decenni, conoscendolo profondamente, lo riteneva troppo debole per gestire l’Euro e, spregiativamente, lo definiva “l’uomo sul carrello” (la sedia a rotelle, ndr). Kohl aveva capito che dietro l’irremovibilità assoluta di Schäuble si nascondeva un animo debole, insicuro e piccino.
Kohl fece di tutto affinché il suo portaborse non divenisse il suo successore, ma commise l’errore di trasmettere il suo scettro a una persona ancora più debole, ottusa e rigida di Schäuble, la Gerarchetta del Quarto Reich tedesco: Angela Merkel.
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Il Quarto Reich merkeliano
Torniamo alla nostra Storia.
Il grigio socialisteggiante Tispras decide di indire, per la verità svogliatamente, un referendum popolare in cui chiede al popolo greco se approva o meno le richieste dure dei “creditori” (la Troika).
A posteriori sembrerebbe con la speranza della vittoria dei “sì”. Invece vincono i “no”. #OXI.

Mentre il 5 luglio 2015 i Greci festeggiano in piazza Syntagma, si riunisce – in una cupa atmosfera – il Praesidium di Syriza
Varoufakis ha da tempo un piano:
[Ho trascorso] il mese scorso ad avvertire il gabinetto greco che la BCE avrebbe chiuso le banche della Grecia per imporre un accordo. Quando lo avessero fatto, [ero] pronto a fare tre cose: emettere pagherò denominati in euro; applicare un “haircut” sui bond greci emessi nel 2012, con una riduzione del debito della Grecia; e prendere il controllo della Banca di Grecia sottraendolo alla BCE.
Nessuna di queste mosse avrebbe costituito un Grexit, ma l’avrebbe minacciato. [Ero] sicuro che la Grecia non poteva essere espulsa dall’Eurogruppo; non vi è alcuna disposizione di legge per una tale decisione. Ma solo rendendo possibile il Grexit la Grecia avrebbe potuto ottenere un accordo migliore. E [pensavo] che il referendum offriva a Syriza il mandato di cui [avevamo] bisogno per compiere queste mosse audaci – o, almeno, per annunciarle.
Alexis Tsipras è cupo, terreo in volto. E’ evidentemente deluso dall’esito del referendum e non fa nulla per nasconderlo. Impone la sua autorità, tradendo vilmente il mandato popolare.
Con quattro voti contro due, il vertice boccia il piano di Varoufakis. Il pauroso Tsipras è deciso a non giocare duro contro quelli che ora non chiama più criminali e terroristi, ma definisce servilmente partners europei e si presenta senza atout in mano, forse convinto che il solo risultato referendario gli farà ottenere risultati migliori. Non sarà così. .
Yanis Varoufakis, coerentemente, si dimette.
All’Eurogruppo, a seguito degli ordini dell’uomo sul carrello, assetato di vendetta, le richieste diventano – se possibile – ancora più feroci, sfociando nella provocazione e nell’umiliazione più sfrenata.
Schäuble presenta addirittura una proposta in contrasto con tutti i trattati Europei, l’uscita temporanea della Grecia dall’Euro (Grexit) per cinque anni.

Tsipras, a differenza di Varoufakis non ha compreso che il Quarto Reich merkeliano sta usando i trattati Europei, l’euro, gli accordi governativi (Two Pack, Six Pack. etc.) come catene per vincolare gli altri Paesi. ma i Tedeschi, per antica consuetudine, li considerano esattamente come il loro avo Adolf Hitler considerava i trattati e i “patti di non aggressione”firmati con gli altri Stati:
Più disprezzabili e meno vincolanti di un rotolo di carta igienica.
Che la gran parte dei tedeschi abbia una tradizione di infingardaggine e pulsioni al tradimento è attestato fin dal vile complotto di Armin verso il generale romano Varo.
Da migliaia di anni essi brandiscono coltelli per colpire vigliaccamente alla schiena i loro alleati senza remore o sensi di colpa.
Francesco Guicciardini scriveva già nel XVI secolo:
Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna; uno vivere di repubblica bene ordinato nella cittá nostra, Italia liberata da tutti e’ Barbari [i Tedeschi, ndr], e liberato el mondo dalla tirannide di questi scelerati preti.
A distanza di cinquecento anni siamo nella stessa condizione, tanto è vero che il continuo eccesso di surplus della bilancia commerciale tedesca è una palese violazione del Six Pack, ma i tecnocrati della CollaborazionistaCommissione UE non hanno mai attivato la prevista procedura di infrazione, mentre irrompono con rabbia draconiana contro i P.E.S. per sconfinamenti verso l’alto (anche infinitesimali) del rapporto deficit/PIL.
Torniamo a Varoufakis, l’eroe della nostra Storia.
Paolo Barnard, giornalista economico freelance e sponsor della geniale ME-MMT, non crede di aver a che fare con un nuovoLeonida:
Yanis [Varoufakis, ndr] lungo tutta questa tragedia si accompagna a Lazard sull’assunto sacro e intoccabile, vera unica Bibbia di tutta la storia, che di uscire dall’Eurozona, stracciare i Trattati economicidi della UE, e riprendersi la sovranità monetaria, è assolutamente escluso. Mentre era e rimane l’unica salvezza di quel Paese. Oggi Varoufakis in interviste cosiddette esclusive ci confessa che a un certo punto dei negoziati la sua sensazione fu “che era tutta una trappola già pronta”. Ma dai Yanis? Ehhh!!! Io il 25 febbraio 2015 scrissi questo articolo “MESI PRIMA DEL GENNAIO 2015, ERA GIA’ DECISO CHE LA GRECIA ERA FOTTUTA. TSIPRAS DORMIVA”. Leggetelo su paolobarnard.info. Draghi della BCE aveva già deciso nel 2014 che la Grecia era a priori tagliata fuori da qualsiasi aiuto da parte della portaerei nucleare dell’euro, la Banca Centrale Europea appunto, che ha un potere infinito di emissione e salvataggio su diversi piani e che poteva salvare la Grecia in un quarto d’ora. Era tutto già deciso un anno fa quasi, ma Yanis poverino se ne accorge nella primavera di quest’anno, lui, un ministro delle Finanze. Buffone bugiardo.
Ma qui arriviamo al fondo del pozzo nero delle menzogne e omissioni di Yanis Varoufakis.
Lui stesso, in un’intervista al NewStatesman, rivela che per un attimo appena dopo le elezioni “avevamo pensato all’uscita dalla moneta unica”, con un piccolo team di consiglieri greci. Ma prosegue Yanis: “Però non ero sicuro di farcela. Perché gestire il collasso della moneta unica richiede un grado di competenza immane, e non sono sicuro che noi qui in Grecia l’abbiamo… SENZA L’AIUTO DI ESPERTI STRANIERI”.
Era l’alba del 9 febbraio scorso, le 02,01 del mattino. Io scrivo a Varoufakis esattamente queste righe:
Yanis chiama Mosler adesso! Paolo Barnard
L’economista americano Warren Mosler è il maggior esperto al mondo di sovranità monetaria, di Banche Centrali, di gestione di crisi, e soprattutto è il massimo genio della ricostruzione economica Per l’Interesse Pubblico. Era pronto a partire per Atene il giorno dopo col suo Team di collaboratori come Pavlina Tcherneva, Stephanie Kelton, Mathew Forstater e altri accademici. Potevano letteralmente salvare la Grecia con la totale uscita dall’inferno dell’Eurozona.
Passano 14 minuti e ricevo da Varoufakis:
Hai un suo numero?
Chiamo Mosler, che cade dalle nuvole, controllo il numero e lo mando a Yanis Varoufakis.
Dopo 21 minuti Warren Mosler mi chiama dagli States. Si sono parlati al telefono, alle 2,30 del mattino europee, Warren ha 2 ore per mandare a Yanis un piano salva Grecia. Lo fa, e me lo manda in copia. E’ fantastico.
Io scendo nel bagno del pub e urlo, urlo e sbatto la testa contro le porte, e urlo ancora… Non ci posso credere, siamo a un millimetro dalla salvezza della Grecia e dalla fine del crimine contro l’umanità chiamato Eurozona. Se Varoufakis e Tsipras ingaggiano Warren Mosler & Team, vi garantisco, l’Europa di Junker, Lagarde, Merkel, e degli altri porci sarà asfaltata al muro, letteralmente da scrostare con una squadra di muratori.
Passano 48 ore. Alle prime ore dei due giorni successivi la stampa mondiale annuncia: Tsipras e Varoufakis hanno incaricato l’economista americano Jamie Galbraith come consulente nei negoziati con la Troika. Non una parola di Molser, che Yanis Varoufakis conosce benissimo e da cui è stato praticamente a lezione parecchi anni fa.
Scrivo a Warren. Ho un senso di disperazione che mi sta squartando, voi non capite, e glielo scrivo. Warren Mosler mi risponde: “Io pure”.
Jamie Galbraith era senza dubbio un noto economista, ma non sapeva praticamente nulla di ciò che occorreva alla Grecia per fuggire dall’Olocausto cui ora è sottoposta. Per chi non è ferrato dell’economia di Warren Mosler, vi dico appena una cosa: l’applicazione anche solo di una piccola dose delle sue ricette economiche, ripeto solo una piccola dose e per poco tempo, in Argentina, portarono quel Paese dal default del 2001 a una crescita del 7% (!!) in soli 3 anni, nonostante il totale isolamento internazionale e la guerra feroce delle banche USA.
Scrissi poi una mail oltre la disperazione a Yanis: “Associa Warren a Galbraith, è l’ultima speranza per i greci”.
No risposta. Il 15 di questo mese scrivo a Warren Mosler chiedendogli se almeno Varoufakis gli avesse poi scritto o detto due parole: “No, mai più sentito”, lapidario Mosler.
Ora a te signor Yanis Varoufakis, il bugiardo, falsario amico di Lazard Wall St. & soci, e colui che ha gettato al vento la salvezza di un intero popolo che solo un grande Team come quello di Warren Mosler poteva salvare. E’ ignobile che tu oggi persino sorrida, per la tua coscienza putrefatta, non per altro. Non certo per i creduloni (in Italia guidati dal fesso austero prof. Rinaldi) che in giro per il mondo ti hanno applaudito come il neo Lord Byron ellenico. Falsario ignobile, troppo vile per veramente ricacciare i Padroni stranieri dal tuo Paese.
La Grecia è morta ed è ora insalvabile. Le lacrime e gli strepiti non servono a nulla. (Paolo Barnard, “Yanis Varoufakis, la vergogna, il falsario”, paolobarnard.info)
Una conferma indiretta di quanto scritto da Barnard proviene da un autorevole studio, “Per una moneta fiscale gratuita”, eBook di MicroMega:
La proposta dei CCF [Certificati di Credito Fiscale, ndr] non nasce dal nulla. Tiene conto degli studi in materia del Levy Institute, uno dei più noti dipartimenti di economia degli Stati Uniti, e del gruppo di New Economic Perspectives, in specie i lavori di Warren Mosler e L. Randall Wray, che ha studiato l’introduzione in Argentina, ai tempi della crisi, di titoli per certi aspetti simili ai CCF. Tra i precursori dei CCF sono stati ampiamente esaminati i TAN (Tax Anticipation Notes ossia Titoli di anticipo tasse), usati per decenni negli Stati Uniti. Quando uno stato o anche un comune di laggiù vuole realizzare un determinato progetto – per dire, ristrutturare un ospedale o ampliare un parco pubblico – ma ha problemi di bilancio, emette una certa quantità di TAN con i quali paga in tutto o in parte le imprese che ci lavorano. A suo tempo, quando lo riterranno conveniente, queste ultime li useranno per saldare debiti fiscali. Una importante differenza dei TAN a confronto dei CCF è che i primi sono emessi in generale da un singolo ente per un valore limitato – in media alcune centinaia di milioni di dollari – mentre nel caso dei CCF si parla di centinaia di miliardi. Inoltre hanno come scopo un singolo progetto ben delimitato, laddove i CCF non hanno, per così dire, confini prestabiliti. Ciò nonostante, nel febbraio 2015 10 studiosi del Levy Institute hanno suggerito al ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, di emettere una buona dose di TAN per fronteggiare la carenza di liquidità che affligge il paese. Una firma di punta del «Financial Times», Wofgang Munchau, ha approvato l’idea. (Prefazione di Luciano Gallino)
Come a suo tempo ha rimarcato Enrico Grazzini, senza moneta nazionale non c’è democrazia:
In Europa, e soprattutto in Italia, si stenta ancora a comprendere il valore decisivo della moneta per l’economia, la politica e la democrazia. Purtroppo l’errore è condiviso anche da gran parte della sinistra. Tutti capiscono (almeno apparentemente) che non c’è democrazia politica senza stato democratico, cioè senza istituzioni statali che garantiscano la democrazia e che rispondano alla sovranità popolare. Ma ancora pochi comprendono che non esiste uno stato senza una moneta nazionale. Svolgiamo il sillogismo: non esiste una democrazia senza stato; e non esiste uno stato senza moneta. Quindi non esiste la democrazia se non c’è una moneta nazionale. 
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Yanis Varoufakis come il re spartano Leonida
Ritorniamo allo Spartano Varoufakis che non sarebbe sincero quando afferma nella sua intervista a NewStatesman qui tradotta:
Io non potevo garantire che un Grexit avrebbe funzionato. Dopo che Syriza aveva preso il potere a gennaio, una piccola squadra aveva, “in teoria, sulla carta,” riflettuto a come avrebbe potuto funzionare. Ma Io avevo detto: “Non sono sicuro che potremmo gestirlo, perché la gestione del crollo di una unione monetaria richiede un grande know-how, e non sono sicuro di averlo qui in Grecia, senza l’aiuto di stranieri.” Altri anni di austerità ci attendono, ma io so che Tsipras ha l’obbligo di “non lasciare che questo paese diventi uno Stato fallito”.
In realtà, Varoufakis ha portato le prove che dimostrano che il suo programma (il famoso piano B) per uscire dall’euro e tornare alla dracma sarebbe stato portato avanti fin quasi al punto X:
Varoufakis aveva un piano di riserva per passare a una moneta parallela nel caso i negoziati con i creditori fossero falliti. «Il primo ministro, prima che vincessimo le elezioni, mi aveva dato il disco verde per formulare un piano B. Io ho messo in piedi un piccolo team che avrebbe dovuto lavorare sottotraccia per ovvie ragioni». Così l’ex flamboyant ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, in un audio pubblicato sul sito dell’Official Monetary and Financial Institutions Forum (OMFIF) in cui spiega in dettaglio con tono professorale a un gruppo di fund manager della City l’ennesimo “piano segreto” consistente nel dare un codice bancario e fiscale ad ogni contribuente e società per gestire il passaggio a una nuova valuta in caso di fallimento dei negoziati con Bruxelles.
A capo del gruppo l’economista Usa James Galbraith, figlio di John Galbraight. «Ci stavamo preparando su vari fronti», ha detto Varoufakis nell’audio pubblicato – con il suo consenso – dall’Omfife registrato durante una conference call una settimana dopo le improvvise dimissioni di Varoufakis dal governo il giorno dopo aver vinto il referendum. «Prendiamo il caso dei primi momenti in cui le banche sono chiuse, i bancomat non funzionano e ci deve essere un qualche sistema di pagamento parallelo per permettere all’economia di stare in piedi e dare alla gente la sensazione che lo Stato abbia tutto sotto controllo e che ci sia un piano», ha detto Varoufakis. 
In questo frangente il team “coordinato” dal Galbraith aveva ideato un sistema di pagamento ombra basato sul sito dell’agenzia delle entrate greco che avrebbe permesso, attraverso un pin fornito a chi doveva del denaro, fosse lo Stato o soggetti privati, di trasferire le somme in “formato digitale”, nominalmente in euro.
«Questo sistema era ben sviluppato e avrebbe fatto la differenza», ha detto Varoufakis. «Avremmo potuto estendere il sistema agli smartphone con un’app e sarebbe potuto diventare un funzionale meccanismo finanziario parallelo: al momento opportuno sarebbe stato convertito nella nuova dracma». Sarebbe bastatao usare gli Iou, i pagherò di carta da dare a pensionati e dipedenti pubblici ma forse era troppo banale. Varoufakis, nella conversazione telefonica, ha detto anche che la crisi greca «non è affatto finita» e che la difficoltà di tradurre in realtà il piano stava «nel passare dalle cinque persone che lo stavano immaginando alle mille che avrebbero dovuto realizzarlo». Per la “fase due” serviva una seconda autorizzazione da parte del primo ministro Alexis Tsipras. Autorizzazione che […] non è mai arrivata. Galbraith, in un post apparso sul blog di Varoufakis, ha confermato di aver preso parte al gruppo di lavoro segreto dell’ex ministro greco. «Ho lavorato cinque mesi, da febbraio ai primi di luglio, a stretto contatto con Varoufakis ed ero parte del gruppo che ha elaborato piani alternativi contro tentativi di asfissiare il governo greco, compreso azioni aggressive per spingere il Paese ad abbandonare l’euro».
Poi Tsipras ha deciso che il piano B era licenziare Varoufakis e restare nell’euro. Più semplice che passare alla dracma. (“Il piano di Varoufakis per tornare alla dracma”, ilsole24ore.com)
Le voci non confermate di uno Tsipras ricattabile e/o ricattato dal Reich Imperialista di CDU-CSU-SPD, esattamente come venne ricattato a suo tempo l’ectoplasmatico presidente francese François Hollande (su Hollande cfr. Gioele Magaldi-Laura Maragnani, “Massoni Società a responsabilità illimitata – La Scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere Editore), troverebbero conferma in riferimento ad una delle tante menzogne del leader di Syriza.
Sulla questione ci illumina, come sempre, Francesco Maria Toscano su “ilmoralista.it”:
Alexis Tsipras è un farabutto ipocrita. Dopo avere vinto le elezioni di gennaio al grido “mai più Troika”, questa specie di Matteo Renzi ellenico si è completamente consegnato nelle mani dei tecno-nazisti Draghi, Merkel e Schaeuble, adducendo scuse false e risibili degne dei suoi nuovi compari Samaras e Venizelos. L’ex leader di Syriza, oramai ridottosi a patetica macchietta, ha tradito la sua gente, sterilizzando di fatto la straordinaria prova di forza e democrazia offerta al mondo dai greci il 5 luglio scorso. Come molti di voi ricorderanno, infatti, in Grecia è stato recentemente indetto, proprio da Tsipras, un paradossale referendum contenente un semplice quanto decisivo quesito: “Siete voi disposti a proseguire sul sentiero dell’austerita’?” Oxi o Nai? Il popolo ha detto “Oxi” e Tsipras ha fatto come se avesse detto “Nai”. Bella coerenza! Con quale faccia questo damerino infingardo possa ora ripresentarsi di fronte al corpo elettorale resta un mistero difficile da comprendere. Cosa dirà ai suoi concittadini Tsipras? Probabilmente le stesse menzogne che, prima di lui, recitavano su dettatura i suoi predecessori, bravissimi nel tentare di carpire consenso veicolando paure buone per intontire e raggirare i deboli e gli ingenui. In Grecia esiste già una schiacciante maggioranza assoluta, oltre il 60%, contraria alle misure contenute nel nuovo memorandum firmato dal traditore Tsipras. L’esito del referendum, grazie al cielo, non è interpretabile. Per cui, in vista dell’imminente voto per il rinnovo del Parlamento di Atene, si tratta solo di trasformare tale radicamento concettuale -già sedimentato- in vera forza politica, convogliando perciò tutti i voti degli uomini liberi all’interno di un unico contenitore pronto a battersi come un sol uomo contro i tecno-nazisti tedeschi e relativi collaborazionisti. “Normalizzando” Tsipras, i nipotini del fuhrer autentico- ora riverniciati alla meno peggio- hanno già ottenuto un importante risultato: si sono  infatti appena “pappati” gli aeroporti turistici ellenici in omaggio ad una crisi quanto mai lunga e provvidenziale (…).  
Non mi convincono affatto le spiegazioni di quelli che tendono a giustificare Tsipras. L’ex leader di Syriza sarà stato anche ricattato da qualche scagnozzo mandato da Schaeuble, ma un vero statista ha il dovere in primo luogo di saper gestire la sua di paura. Cosa sarebbe accaduto se Tsipras avesse trovato il coraggio di non tradire platealmente e in tempi record l’esito referendario? Probabilmente Draghi, Merkel e Schaeuble avrebbero portato ad Atene le stesse atmosfere di piazza Maidan, finanziando squadracce paramilitari filonaziste sull’esempio ucraino di Pravy Sektor. A Tsipras qualcuno avrà probabilmente detto di stare attento a non fare la fine di Yanukovich. Il ricatto, evidentemente, ha funzionato. (Francesco Maria Toscano, “Tsipras è un volgare traditore”)
Tsipras, sempre per accampare giustificazioni tanto inesistenti quanto patetiche, ha fatto divulgare la notizia che avrebbe chiesto alla Russia 10 miliardi di dollari per tornare alla dracma.
Niente di più falso.
In realtà,
Il governo russo ha formalmente negato il report apparso sul giornale greco To Vima secondo il quale, nelle ore successive al referendum, Putin avrebbe respinto una richiesta da Tsipras di 10 miliardi di dollari per sostenere una nuova dracma.
Il report in effetti non ha senso. Putin non sarebbe stato in grado di soddisfare una simile richiesta, se mai fosse stata fatta.
La Russia avrebbe potuto fornire alla Grecia 10 miliardi di dollari con così poco preavviso solo attraverso il suo fondo di previdenza nazionale. Ma questa operazione è vietata dalle sue regole che impediscono al fondo di investire in titoli che non abbiano un rating pari a “AAA”. Il Rating della Grecia è a livello “spazzatura”, quindi un prestito alla Grecia avrebbe violato le regole del fondo.
In realtà, una volta, Putin ha ordinato al fondo di prestare denaro a un debitore il cui rating di credito non lo qualificava per un prestito del fondo. E’ stato nel dicembre 2013 quando ha concesso un prestito all’Ucraina usando soldi prelevati dal fondo.
Da allora, i Russi si sono pentiti della decisione. […]
[Quindi] è molto più probabile — e molto più coerente con i fatti noti — che la richiesta di 10 miliardi di dollari non sia mai stata fatta.
Varoufakis, che dovrebbe sapere come si sono svolti i fatti, non ha mai menzionato tale richiesta nel resoconto dettagliato che ha dato delle varie trattative, ed è difficile capire perché non avrebbe riportato questa richiesta se effettivamente era stata fatta.
Ma allora perché, se è falsa, questa storia appare in questo momento?
In breve, la risposta è: a causa della crisi politica in Grecia. Mentre la crisi si aggrava, sta diventando urgente per Tsipras e i suoi sostenitori affermare che non c’era alcuna alternativa e addossare la colpa a qualcun altro.
Questo sembra essere l’obiettivo di questa storia, con Putin, insieme a Teheran e Pechino — che avrebbero rifiutato le richieste di aiuto di Tsipras— che vengono additati come le persone che hanno voltato le spalle alla Grecia nel momento del bisogno, lasciando Tsipras senza possibilità di scelta se non quella di cedere alle richieste dell’Unione Europea. […]
Putin sarà comunque più attento d’ora in poi a quello che dice a tutti i visitatori che arrivano dalla Grecia. (Russia Insider: Putin non ha mai detto no – è Tsipras che non ha mai chiesto.”, vocidall’estero.it)
Anche la difesa d’ufficio di Tsipras nei confronti di Varoufakis desta perplessità. Ha infatti dichiarato, 
“Potete accusare Varoufakis di tutto ciò che volete, per i suoi commenti, per i suoi piani politici, per il cattivo gusto nell’indossare le camicie, per le sue vacanze nell’isola di Aegina. Ma non potete dire che è un furfante, non potete dire che ha rubato i soldi dal popolo greco, non potete dire che aveva un piano segreto per sgretolare il paese“.
Tsipras, difendendo il suo ex ministro della Finanze, non fa altro che difendere se stesso. Come abbiamo visto (supra) il fatto è stato confermato anche da Jamie Galbraith, consigliere di Vaoufakis.
Il piano per uscire dall’euro, anche se affrettato e rudimentale, c’era e Tsipras non poteva non saperlo. Infatti non dichiara che non c’era un piano per uscire dall’euro, ma dichiara che «[Varoufakis non] aveva un piano segreto per sgretolare il paese».
Non dimentichiamo, come abbiamo visto ne il grande Complotto, che contro Berlusconi venne organizzato nell’estate del 2011 un golpe internazionale affinché venisse rimosso.
Fu un vero e proprio complotto cabalistico-massonico-bancario che subì una brusca accelerazione non appena Berlusconi e Tremonti manifestarono l’intenzione di liberare l’Italia dalle catene dell’euro e del Lager Europa

Alexis Tsipras, al contrario, non ha mai voluto veramente attuare il piano B di Varoufakis.
Quindi, il quisling Tsipras era già disposto ad attuare l’olocausto ai danni del popolo Greco richiestogli dai Gerarchi del Reich tedesco Neocoloniale (Merkel-Gabriel-Schäuble) nel momento stesso in cui ha licenziato Varoufakis, pur di mantenere la poltrona.
Dopo un Eurogruppo da farsa, dominato dal gerarca “sul carrello”, Schäuble, arriviamo ad un Eurosummit ancora piùkafkiano che comprova che il Quarto reich tedesco orina sfacciatamente sopra ogni accordo e trattato europeo.
Dopo aver minacciato un’illegale Grexit, del tutto disordinata e senza moneta alternativa, i Merkeliani organizzano un Eurosummit in cui il presidente della Commissione europea, Juncker, viene escluso, dimostrando che l’attuale europa è solo un marcio e corrotto coacervo di criminali merkeliani e dei loro Gauleiter.

Un Eurosummit (quello del 12-13 luglio 2015) durato 17 ore, che il Guardian definisce un “Waterboarding mentale”, gestito dal Führer europeo Angela Merkel come una geometrica compagna militare, con la collaborazione dei quisling Hollande eTusk, ai danni degli evanescenti Tsipras e Syriza, un generale e un’armata in rotta disastrosa.Il sinistroide Tsipras accetta condizioni ancora più umilianti e distruttive di quelle che gli erano state vietate dal referendum democratico del 5 luglio 2015.
E la conferma che Alexis Tsipras è solo l’ultimo Gauleiter-quisling greco del Quarto Reich merkeliano che – dal tecnocrate Papademos in poi – hanno lavorato solo per favorire gli interessi della Germania e della Cabala Finanziaria Mondiale – giunge proprio in questi giorni:
Oltre l’80% degli 85 miliardi di nuovi aiuti alla Grecia sarà destinato al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso(53%) e alla ricapitalizzazione delle banche (30%), mentre al governo resteranno da gestire solo 10 miliardi e gli investimenti per il rilancio dell’economia saranno ipotecati al buon esito delle cosiddette privatizzazioni. (articolo “Grecia, Eurogruppo dà l’ok ad aiuti: 86 miliardi in tre anni. Fondo per privatizzazioni operativo entro 2015”, ilfattoquotidiano.it)
In poche parole: il Terzo Memorandum greco impone a tutti i contribuenti europei di svenarsi affinché la Grecia paghi tutti gli interessi da strozzo ai creditori della Grecia, cioè soprattutto banksters tedeschi e francesi, e per salvare i banksters greci.
Viene distrutta ogni residua possibilità di ripresa greca e vengono espropriati beni pubblici e privati greci per un valore di 50 miliardi in cambio di un ipotetico aiuto alla crescita di 10 miliardi di euro!

Neanche la Wermacht negli anni Quaranta aveva prodotto tanti danni economici, umani e sociali in Grecia quanto la SS-Troika di oggi!
Nel frattempo, il nominato Renzi, quello che anni fa avrebbe dovuto battere i pugni sul tavolo a favore della crescita italiana,brillava, come Juncker, per la sua assenza all’Eurosummit postnazista conclusosi all’alba del 13 luglio.
I suoi continui ossequi – evidentemente – non sono serviti a guadagnargli maggior considerazione agli occhi della Merkel.
Renzi è, come afferma  Paolo Barnard, solo un pupazzo della troika.
Le sue riforme sono le riforme STRUTTURALI richieste dall’élite finanziario-cabalista per distruggere la sovranità nazionale, per disintegrare i diritti sociali ed accelerare l’estinzione degli Italiani.
Con i tagli alla sanità pubblica, l’aumento dell’età pensionabile e le TARTASSE renziste, avremo fra vent’anni almeno dieci milioni di Italiani in meno; ça va sans dire, il loro posto verrà preso da altrettanti immigrati clandestini, pretesi per il loro minor costo come prestatori d’opera dai CEO delle multinazionali parassite, dai banksters internazionali e dalle locuste finanziarie.
Il PD renzista è il partito che ha aumentato più di ogni altro le tasse in Italia.
Renzismo equivale a Tasse e lo conferma lo stesso Gauleiter pro tempore di Angela Merkel in Italia: Matteo Renzi, tradendosi nella trasmissione televisiva “Porta a Porta”: «Noi [PD, ndr] siamo quelli che hanno alzato le tasse».

I VASSALLI ITALIANI DI ANGELA MERKEL

Sul termine Gauleiter fu molto chiaro a suo tempo Giulio Tremonti:
«Più che scandaloso, il paragone tra Mario Monti e Alcide De Gasperi è penoso. Monti è solo il temporaneo Gauleiterdell’Italia. Come un podestà straniero»
Nessun dubbio che Matteo Renzi sia l’attuale Gauleiter di Angela Merkel, considerato che si recò in visita alla Cancelliera tedesca l’11 luglio 2013 per ottenere l’investitura, ancora prima di iniziare la scalata al PD, prima e alla Presidenza del Consiglio, poi. Né più e né meno di quanto facevano i vassalli nel Medioevo quando restavano giuramento di fedeltà al loro sovrano, ricevendone l’immixtio manuum.E non si comportò diversamente Bersani che si recò a Berlino per impetrare il consenso del Quarto Reich merkeliano da candicato premier (rectius, Gauleiter) nelle elezioni politiche del 2013.
Per quanto concerne le sedicenti riforme renziste, dire che sono arraffazzonate è dir poco; dire che sono inutili per la crescita è solo una mezza verità. 
L’intiera verità è che le riforme di Matteo Renzi sono tanto dannose per l’Italia e gli Italiani del ceto medio, quanto utili per avvoltoi e locuste finanziarie internazionali:
Il vanto di Renzi, secondo cui con le sue riforme l’Italia sta riprendendo a crescere, è errato. Senza il sostegno del ribasso del prezzo del petrolio (dimezzato fra aprile 2014 e aprile 2015) e il ribasso del cambio dell’euro col dollaro sceso del 25%, il governo Renzi avrebbe generato in Italia una decrescita del Pil dello 1%. [il grassetto è nostro, ndr]
Insomma, senza quei due fattori endogeni le sue non riforme e le sue riforme sbagliate avrebbero generato una nuova pesante recessione. La dimostrazione di ciò emerge da uno studio di Patrick Artus, capo dell’ufficio ricerche del gruppo bancario francese Natixis-Credit Agricole. Lo studio non è stato fatto per valutare il governo Renzi, ma per stimare gli effetti delle politiche monetarie della Bce e della discesa del prezzo nei quattro maggiori stati dell’euro. Germania, Francia Italia e Spagna. Il ribasso del petrolio, calcola Patrick Artus, ha generato una spinta positiva sulla domanda interna nei vari paesi dell’Eurozona in quanto ha aumentato il potere di acquisto dei consumatori, sia direttamente per i consumi energetici sia indirettamente per gli altri che incorporano quelli per l’energia. (…)
Le dolenti note sono per l’Italia. La politica economica renziana ha dato alla crescita un contributo negativo dello 1%. Questo studio è obbiettivo, ben documentato e ben articolato. Non è un lamento psicologico, quello che si desume dallo studio di Natixis, è un sentimento che emerge dai dati. Del resto i dati sulla disoccupazione, in Italia aumentata in un anno dello 1,7% e quelli negativi sul Mezzogiorno, la scarsa ripresa degli investimenti, in particolare nelle infrastrutture, lo confermano. (Francesco Forte, “L’Italia è arretrata dell’1% nonostante euro e petrolio”, ilgiornale.it)
Una conferma indiretta di quanto scritto ut supra, viene dal sostegno dispiegato a piene mani dal gotha finanziario italico nei confronti dell’ormai vacillante e impopolare Matteo Renzi. La casta economica ha comprato un’intera pagina del Corriere della Sera per sostenerloça va sans dire, sono «tutti esponenti autorevoli del mondo della finanza divisi tra avvocati d’affari, consulenti finanziari, manager e imprenditori».
In poche parole quel mondo finanziario che da trent’anni a questa parte si arricchisce spropositatamente a spese del ceto medio, grazie alle  schiforme di finti democratici (in realtà massoni ultra-oligarchici e neofeudali) come Bill Clinton e Tony Blair, con il conseguente codazzo di tardi epigoni à la Renzi.
Il premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz afferma che è in corso una sempre maggiore polarizzazione verso l’alto della ricchezza. Se più del 20% della ricchezza nazionale viene detenuta dall’1% della popolazione, il sistema economico non può essere che squilibrato. Conti alla mano Stiglitz afferma che negli ultimi trent’anni, coloro che ricevono i salari più bassi (e sono circa il 90% della popolazione) hanno visto aumentarli solo del 15%, mentre coloro che appartengono alle fasce più ricche (che sono solo l’1% della popolazione) hanno visto un aumento medio di circa il 150% mentre coloro che appartengono alla fascia dei super-ricchi (circa lo 0,1%) hanno beneficiato di un aumento del 300%. Alla faccia dell’equità.
La teoria del “Trickle-down“, sostenuta dai paladini del liberismo secondo cui dare più soldi ai ricchi darà maggiori vantaggi a tutti, è difficile da sostenere alla luce dei dati sopra esposti. O meglio, tale sistema offre molti vantaggi a pochi e pochi vantaggi a molti. Se la ricchezza mondiale è aumentata, questo non vale per tutti. O almeno ne stanno beneficiando in maniera sempre crescente una ristretta parte della popolazione. Il tranello è tutto qui. I posti alla tavola del benessere stanno diventando sempre di meno e sempre più cari. Mentre per chi viene escluso, vengono lasciate solamente le briciole.
Secondo la conclamata teoria secondo cui chi sta alla base della scala sociale della ricchezza paga sempre il prezzo più alto, Thomas Piketty e Stiglitz propongono di distribuire i costi di questa crisi in maniera eguale tra tutti i contribuenti.(Giampaolo Conte, “Crisi Grecia, l’austerità ad Atene è un affare per i pochi ricchi”, ilfattoquotidiano.it)
Sui migranti, che se da un lato rappresentano un problemo economico per il ceto medio, dall’altro sono un ulteriore risorsa per i potentati cabalistico-finanziario, aggiungiamo questo intervento di Maurizio Blondet:
Sarebbero gli Stati Uniti a finanziare il traffico di migranti africani dalla Libia verso l’Italia.
Lo afferma l’austriaco InfoDirekt, che dice di averlo appreso da un rapporto interno dello ’Österreichischen Abwehramts (i servizi d’intelligence militari di Vienna): ed InfoDirekt è un periodico notoriamente vicino alle forze armate.
l titolo dice: “Un Insider: gli Stati Uniti pagano i trafficanti (di immigrati) in Europa”. Il testo non dice molto di più. Dice che i servizi austriaci valutano il costo per ogni persona che arriva in Europa molto più dei 3 mila dollari o euro di cui parlano i media.
“I responsabili della tratta chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa” Si va dai 7 ai 14 mila euro, secondo le aree di partenza e le diverse organizzazioni di trafficanti; e i fuggiaschi sono per lo più troppo poveri per poter pagare simili cifre. La polizia austriaca che tratta i richiedenti asilo sa questi dati da tempo; ma nessuno è disposto a parlare e fare dichiarazioni su questo tema, nemmeno sotto anonimato.
Da parte dei servizi, “Si è intuito che organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti”. Sarebbero “le stesse organizzazioni che, con il loro lavoro incendiario, hanno gettato nel caos l’Ucraina un anno fa”. Chiara allusione alle “organizzazioni non governative” americane, cosiddette “umanitarie” e per i “diritti civili”, bracci del Dipartimento di Stato o di Georges Soros.
L’articolo termina con un appello “a giornalisti, funzionari di polizia e di intelligence”perché “partecipino attivamente nella ricerca di dati a sostegno delle accuse qui espresse. L’attuale situazione è estremamente pericolosa e il lavoro informativo può prevenire l’intensificarsi della crisi”.
In un successivo articolo, il giornale austriaco rivela che “anche in Austria c’è il “Business dei profughi”, Una “azienda per i richiedenti asilo” ha ottenuto dallo stato 21 milioni per assisterli nelle pratiche e nutrirli. E’ una vera e propria azienda a scopo di lucro, con sede in Svizzera, la ORS Service AG, ed è posseduta da una finanziaria, la British Equistone Partners Europa ( PEE), che fa’ capo a Barclays Bank: ossia alla potentissima multinazionale finanziaria nota anche come “La corazzata Rotschild”, che ha come principali azionisti la banca privata NM Rotschild e la loro finanziaria satelletite Lazard Brothers. “Presidente di Barclays è stato per anni il figlio Marcus Agius Rothschild . Questi ha sposato la figlia di Edmund de Rothschild : Katherine Juliette. Di conseguenza, ha il controllo anche della British Broadcasting Corporation (BBC), ed uno dei tre amministratori del comitato direttivo del gruppo Bilderberg”. I Rotschild non disdegnano nessun affare: e quello degli immigrati da “accogliere” e curare con denaro pubblico è certo l’industria di cui hanno previsto ( sanno) che crescerà in modo esponenziale.http://www.info-direkt.at/rothschild-und-die-asyl-industrie/
Thierry Meyssan (Reseau Voltaire) rilancia l’informazione perché vi trova confermato un suo lungo e complesso articolo da lui postato quattro mesi fa, in cui fra l’altro sosteneva che l’ondata di rifugiati in Europa non è l’effetto collaterale accidentale dei conflitti in Medio Oriente, ma un obiettivo strategico degli Stati Uniti. Meyssan chiamava la strategia Usa “la teoria del Caos”, e la faceva risalire a Leo Strauss (1899-1973), il filosofo padre e guru dei neocon annidati nel potere istituzionale Usa.
“Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un Paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate USA e dell’alleanza che esse guidano, la NATO, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington”.
“Le migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema umanitario (200.000 persone nel 2014), continueranno a crescere fino a divenire un grave problema economico. Le recenti decisioni della UE (…) non serviranno a bloccare le migrazioni, ma a giustificare nuove operazioni militari per mantenere il caos in Libia (e non per risolverlo)”.
http://www.voltairenet.org/article187426.html
E’ proprio così: la strategia americana sembra effettivamente quella di trascinare gli europei in avventure militari in Libia come in Siria e in Ucraina; una volta impantanati fino al collo in quelle paludi del caos, per cui non abbiamo alcuna preparazione militare, dovremo implorare l’aiuto della sola superpotenza rimasta, a cui ci legheremo più che mai perché “ci difende dal caos”.
Una sola ultima considerazione: la sinistra dell’accoglienza, come sempre la sinistra, “fà l’interesse del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”: Ad essa s’è aggiunta, con Bergoglio, la Chiesa di Galantino.(Maurizio Blondet, “Negri e scafisti finanziati dagli Usa?”, maurizioblondet.it)
Per concludere, la chiosa definitiva sulle schiforme neofasciste del Gauleiter merkeliano Matteo Renzi:
La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del Paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio.
Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le c.d. regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse e 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.
Molto importante è stata la politica fiscale di Monti, diretta a distruggere il valore degli immobili come garanzia con cui le aziende e le famiglie italiane ottenevano liquidità dalle banche, le quali ora praticamente non accettano quasi più il mattone per dare credito ad esse. In questo modo si è arreso il paese molto più povero e dipendente dal potere bancario straniero. Inoltre, colpire il settore immobiliare è servito per colpire il risparmio degli italiani e l’industria edilizia come volano di occupazione e crescita.
Incominciando con il governo Monti, imposto da Berlino attraverso Napolitano, e continuando con Letta e Renzi, che Napolitano ha sostenuto politicamente allargando notevolmente il suo ruolo prescritto dalla costituzione, l‘Italia è stata preparata per l’occupazione finanziaria straniera. Al fine di sviare l’attenzione da questa strategia generale e impalpabile, agli italiani viene anche offerto un nemico tangibile e immediato con cui prendersela, ossia gli immigrati o invasori.
Per completare l’occupazione finanziaria straniera bisognerà spingere il paese a più elevati livelli di sofferenza e paura, per raggiungere i quali basterà, ad esempio, togliere i puntelli del quantitative easing; quindi è urgente creare le strutture giuridiche con cui il governo possa controllare la popolazione e reprimere possibili sollevamenti popolari contro il regime e i suoi piani. Questa è la ragione dell’urgenza di attuare la riforma fascista dello Stato (elezioni, Senato, Rai, bail in…) che il governo Renzi sta realizzando, e che altrimenti non avrebbe ragion d’essere, dato che si tratta di riforme a basso o nullo impatto sull’economia. E che aumentano anziché diminuire il potere della partitocrazia parassitaria e inefficiente, anzi, della parte peggiore di essa, cioè degli amministratori regionali, che diventano la base per il Senato renziano. Il presidente Mattarella, ovviamente, essendo stato nominato da Renzi, lo lascia andare avanti.
La riforma forma neofascista del Partito Democratico consiste, essenzialmente, nel concentrare i poteri dello Stato nelle mani del Primo Ministro eliminando in pratica gli organi di controllo e di bilanciamento, e creando un parlamento di nominati, cioè limitando radicalmente la possibilità del popolo di scegliere i propri rappresentanti, che vengono legati alle mani del primo ministro con rapporti di dipendenza e interesse poltronale. Belpaese, brutta fine. Onorevoli e Senatori formalmente rappresentano il popolo, ma votano qualsiasi cosa voglia il premier, altrimenti il premier non li ricandida o rinomina e non li lascia mangiare: un perfetto sistema di voto di scambio legalizzato. Belpaese, brutta fine. [il grassetto è nostro, ndr]
Questo è il piano per l’Italia, che ha già perduto circa un quarto della sua forza industriale. Il piano per l’Europa, portato avanti da Washington e dai banchieri privati che possiedono la Fed, attraverso il vassallo tedesco appoggiato e coperto moralmente da Parigi, mira invece a impedire che l’Europa si unisca, che diventi una potenza economica e tecnologica effettivamente concorrente rispetto agli Stati Uniti, e che abbia una moneta propria e funzionante, concorrente col dollaro. Strumento perfetto per questi scopi è risultato l’euro, che sta creando disunione, divergenze, instabilità e recessione nell’ambito europeo. Esso sta creando addirittura i presupposti affinché ancora una volta gli USA siano legittimati a intervenire, non necessariamente in modo materiale, per salvare i paesi minacciati dalla sopraffazione tedesca, recuperando così la loro oggi vacillante supremazia sull’Occidente.
Mentre collabora a questo piano, la Germania riceve evidenti benefici a spese dei paesi deboli, così come i governanti collaborazionisti (italiani e non solo italiani) li ricevono a spese dei loro popoli. E l’euro, finché serve a questo piano, viene mantenuto e dichiarato irreversibile assieme, alle sue regole, nonostante i danni che l’uno e le altre causano, e i loro evidenti difetti strutturali. 
Tutto quadra e corrisponde ai fatti osservabili.(Marco Della Luna, “Renzicratura: Partito Democratico, Riforme Neofasciste”, marcodellaluna.info)
Evidenziamo un fatto. Sono in tanti a definire Matteo Renzi la fotocopia-caricatura di Benito Mussolini.
Tra questi anche il notissimo geopolitico americano Edward Luttwak:
Da Draghi a Prodi  […] Luttwak ne ha per tutti. Davvero per tutti. Nel suo mirino, infatti, torna anche Mario Draghi: il politologo bolla come “masochismo” il fatto che la Bce continui ad inviare milioni di euro alle banche elleniche. “Sono mesi che il governo di Tsipras sta ricattando il resto d’Europa. Ma, anziché mandarlo al diavolo, i leader europei sembrano avere paura. Sono degli incapaci”, sentenzia. E tra gli incapaci c’è anche Angela Merkel, “sì anche lei. Come gli altri giudica impensabile un euro senza la Grecia – continua -. Come gli altri ritiene che ci possa essere un effetto domino. E invece no. Non ci sarà alcun effetto domino. E’ un’assurdità”. Dunque si parla dell’Italia, che potrebbe in un prossimo futuro ad essere la prossima Grecia: “Non ci credo, ma non lo escludo – afferma il politologo -. Il problema per l’Italia è essere entrata nell’euro con un cambio dannoso, negoziato, anzi accettato supinamente da Romano Prodi”. Anche il Mortadella, dunque, viene colpito e affondato. E ancora, su Prodi, Luttwak ricorda: “Un tempo disse: dobbiamo entrare nell’euro per poter guardare in faccia i tedeschi. Un po’ quello che disse Mussolini quando entrò in guerra al fianco di Hitler”. E i tedeschi? “Ringraziano commossi”, conclude, tranchant, Luttwak. (articolo, Edward Luttwak: “Angela Merkel una incapace. Matteo Renzi come Mussolini quando entrò in guerra con Hitler”, liberoquotidiano.it)
Il fatto che milioni di Italiani abbiano condiviso sui loro account Facebook e Twitter (ritenendola credibile) la notizia bufala cheRenzi avrebbe ceduto alcune regioni alla Merkel, dimostra che il premier fiorentino ha raggiunto il nadir della sua popolarità, al pari del Partito Democratico, un partito ontologicamente EuroQuisling come Parti Socialiste eSozialdemokratische Partei Deutschlands.
E comunque Renzi dovrebbe essere ormai avvezzo alla conventio ad excludendum. Ogniqualvolta c’è da prendere decisioni serie che concernono l’intera Europa, i Merkeliani dimenticano il suo numero di telefono.
E’ finito il credito telefonico, affermano sarcasticamente.
Già all’indomani della vittoria del “No” in Grecia,
Renzi si ritrova escluso dalle prime analisi del voto a livello europeo: domani Angela Merkel vola da François Hollande e il premier italiano si infuria, in attesa dell’Eurogruppo che si terrà martedì pomeriggio. Renzi così avrebbe chiamato Francia e Germania per sottolineare che non serve un formato a due, ma che ci vuole un coinvolgimento dei leader e delle istituzioni europee. (Renzi escluso dal vertice tra Merkel e Hollande, ilgiornale.it)
Le Cancellerie tedesca e francese non si sono neanche prese la briga di rispondergli.
Nel frattempo, la SS-Troika chiede tagli sempre più inumani:
La Troika torna ad Atene, con qualche giorno di ritardo dovuto alla necessità di trovarle un posto sicuro per riunirsi e il negoziato con le autorità greche sul nuovo Memorandum è pronto a partire. Ma non sarà una trattativa facile: i creditori non hanno dimenticato che la riforma delle pensioni, chiesta già per il 15 luglio, non è mai stata approvata e ora vogliono che governo e Parlamento diano nuova prova di fiducia dando il via libera a quella e altre riforme prima di metà agosto.
Il governo Tsipras non ha molta scelta, anche perché dovrà vedersela con una new entry dei negoziatori, cioè la capo-missione del Fmi Delia Velculescu, nota per aver già negoziato con Cipro imponendogli una cura molto dura che le è valsa il soprannome di “Draculescu”. I due blocchi di riforme approvati il 15 e il 22 luglio sono stati ben giudicati dalle istituzioni (Ue, Bce, Fmi) ma non sono ancora abbastanza per rinsaldare la fiducia tra Atene e Bruxelles. Sono ancora troppi i rischi di una derapata del Paese, con Tsipras che si regge su una maggioranza trasversale ma lontana dall’essere una grande coalizione e quindi pronta a ritirargli l’appoggio in qualunque momento.
Inoltre, resta prevalente la posizione di chi vuole aiutare la Grecia “ma non ad ogni costo”, come ricorda oggi Benoit Coeuré, membro francese del board della Bce, spiegando come ora “deve mettere in atto le riforme che assicureranno la crescita e la stabilità della sua economia”. Per questo il primo atto della Troika, da oggi al lavoro anche nei ministeri ai quali Tsipras ha garantito l’accesso, sarà stilare una nuova lista di ‘azioni prioritarie’, o riforme, da approvare prima della metà di agosto cioè prima che si chiuda il negoziato sul terzo salvataggio, che durerà dalle due alle quattro settimane.
Entro il 20 agosto, con la nuova scadenza Bce da 3,6 miliardi da onorare, deve essere tutto pronto per consentire il primo esborso: le riforme devono essere approvate e il negoziato sul Memorandum finito e approvato anche da Eurogruppo e dai sei Parlamenti dell’Eurozona che devono esprimersi su tutte le questioni legate al bilancio, tra cui Germania, Olanda e Finlandia.
Ma c’è già il primo ostacolo: Atene non è d’accordo a varare nuove riforme, specialmente quella dolorosa riforma delle pensioni che comporterebbe – secondo Protothema – un pesantissimo taglio del 30%. Che potrebbe anche essere rivisto al rialzo se la recessione continuasse. Inoltre, resta da chiarire la posizione del Fmi, che si siede al tavolo del negoziato avendo chiesto all’Eurozona, qualche giorno fa, di rivedere la sua posizione sulla ristrutturazione del debito ellenico. Ma non ha ancora ricevuto una risposta. (Atene, ripartono i negoziati e arriva anche «Draculescu». Chiesto taglio del 30% alle pensioni”, ilsole24ore.com)
genia_tedesca
Uno degli infiniti delitti compiuti dalla genìa tedesca in duemila anni di Storia: l’infame tedesco criminale Joseph Mengele somministra pesticida come aerosol a due bambini gemelli ebrei.
Esattamente come avveniva nel Terzo Reich tedesco, con il permesso dato a criminali pervertiti come Joseph Mengele di effettuare esperimenti inumani su bambini e donne ebree, il Quarto Reich tedesco sta utilizzando la Grecia come un laboratorio di ricette criminali del più sfrenato e brutale capitalismo globale:
Sull’Independent un articolo che rappresenta il vero volto delle “riforme” imposte alla Grecia: poiché è scontato e risaputo che il “salvataggio” non servirà, quello a cui ci troviamo di fronte è un laboratorio di capitalismo estremo, un modello che – se passa – sarà imposto anche agli altri paesi. E probabilmente noi siamo i prossimi.
di Nick Dearden, 13 agosto 2015
L’ultimo piano di salvataggio non ha nulla a che fare con il debito. Si tratta di un esperimento di capitalismo così estremo che nessun altro Stato Ue sinora ha osato tentarlo
La Grecia è al suo terzo “salvataggio”. Questa volta sul tavolo ci sono 86 miliardi di €, inviati in Grecia dai creditori in cambio di un pacchetto di misure di austerità, solo per poi tornare indietro agli stessi creditori nel prossimo futuro.
Sappiamo tutti che il debito non può essere rimborsato e non lo sarà. Sappiamo tutti che l’austerità non farà che peggiorare la depressione della Grecia. Eppure continua.
Se guardiamo più a fondo, però, scopriamo che l’Europa non è guidata da dei personaggi mentalmente confusi in fase terminale. Prendendo quei leader in parola, ci perdiamo quello che sta realmente accadendo in Europa. In breve, la Grecia è in vendita, e i suoi lavoratori, gli agricoltori e le piccole imprese saranno spazzati via.
Nell’ambito del programma di privatizzazioni da lacrime e sangue, la Grecia deve consegnare 50 miliardi di € dei suoi “beni patrimoniali dello Stato” ad un organismo indipendente sotto il controllo delle istituzioni europee, che procederà alla vendita. Aeroporti, porti, infrastrutture energetiche, terreni e proprietà – tutto deve essere dismesso. Vendi i tuoi beni, sostengono, e sarai in grado di ripagare il debito.
Ma, anche in quest’ottica ristretta, svendere delle attività redditizie o potenzialmente tali rende un paese meno capace di ripagare i suoi debiti. Non sorprende che le attività più redditizie siano messe all’asta per prime. La lotteria nazionale del paese è stata già acquistata. Gli aeroporti che servono le isole delle vacanze greche con tutta probabilità saranno vendute con un leasing a lungo termine ad una società aeroportuale tedesca.
Il porto del Pireo sembra che sarà venduto ad una compagnia di navigazione cinese. Nel frattempo, 490.000 metri quadrati di spiaggia a Corfù sono stati arraffati da un fondo di private equity statunitense. Ha ottenuto un contratto di locazione della durata di 99 anni al prezzo speciale di € 23 milioni. Secondo i giornalisti, il fondo delle privatizzazioni sta prendendo in esame 40 isole disabitate, oltre ad un importante progetto a Rodi che comprende un campo da golf.
Parallelamente alle privatizzazioni, vi è un ampio programma di deregolamentazione che dichiara guerra ai lavoratori, agli agricoltori e alle piccole imprese. Le diverse leggi greche che proteggono le piccole imprese, come le farmacie, i panifici e le librerie, dalla concorrenza con i supermercati e le grandi imprese, devono essere spazzate via. Queste riforme sono così dettagliate che la UE sta scrivendo leggi in materia di misurazione del pane e date di scadenza del latte. Incredibilmente, alla Grecia viene perfino detto di fare delle leggi più liberali della Germania sull’apertura domenicale dei negozi. E’ in atto un vero e proprio esperimento di libero mercato. (…)
La bonanza di deregolamentazione e privatizzazione apre al grande business nuovi e vasti settori della società greca su cui non aveva mai potuto metter piede prima. La speranza è che questo possa generare lauti profitti e far crescere il grande business, oltre a fornire un modello estremo di quello che potrebbe essere fatto in tutta Europa. Anche se quel che è ancora più sgradevole dell’ipocrisia dei leader europei, che costringono la Grecia ad adottare delle politiche che essi stessi non hanno osato mai proporre in casa propria, è il cinismo con cui gli stessi leader impongono delle politiche che andranno a vantaggio delle grandi società del loro stesso paese.
L’intensità del programma di ristrutturazione concordato per la Grecia dovrebbe dissipare anche l’ombra dell’idea che questo sia un tentativo ben intenzionato, ma maldestro, di affrontare una crisi del debito. Si tratta di un tentativo cinico di creare nel Mediterraneo un paradiso per le grandi corporation, a cui si deve resistere a tutti i costi. (The Independent: La Grecia sta per essere fatta a pezzi e data in pasto alle corporation affamate di profitto, traduzione di Carmenthesister, vocidall’estero.it)
 http://www.isoladiavalon.eu/lager-europa/


1 commento:

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