La sera di domenica 19 luglio Eugenio Finardi arriva aBarolo in occasione del Collisioni Festival per presentare il suo ultimo lavoro in studio: Fibrillante, un disco uscito nel gennaio del 2014 che il cantautore sta portando in giro per la Penisola con la sua nuova band composta da Giovanni GiuvazzaMaggiore, Marco Lamagna, Claudio Arfinengo e Paolo Gambino.
Dal suono prettamente rock, Fibrillante inquadra perfettamente l'odierno stato d'animo di uno dei cantautori simbolo dei movimenti di protesta degli anni '70. Un disco agitato e vibrante, di protesta sociale, come lascia ben intuire il suo titolo.
«Penso che oggi sia il momento giusto per indignarsi - racconta il cantautore - è un periodo particolarissimo: un piccolo gruppo di persone sta attingendo a piene mani alle risorse globali, lasciando agli altri solo le briciole. La qualità della vita delle persone normali sta peggiorando, l'essere umano ha dato l'inizio a una nuova estinzione di massa».
«Purtroppo - continua l'autore di Musica ribelle - è forse troppo tardi per tornare indietro, ma nessuno dice niente: l'umanità è troppo occupata a seguire l'evolversi di falsi problemi, come le scie chimiche, o il veganesimo, specchietti per le allodole».
«Nessuno si preoccupa di dire che la finanza mondiale sta divorando il pianeta - racconta Finardi - Il controllo del pensiero portato avanti dai media e della comunicazione è fortissimo, non è mai stato così forte dal medioevo».
È un Eugenio Finardi che ha dissotterrato l'ascia di guerra quello che mi parla dall'altro capo del telefono, il che mi fa pensare che in alcuni casi è piacevolmente vero che il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Quindi non posso fare a meno di pungolarlo, chiedendogli perché la sua generazione, che sognava un mondo migliore, ha fallito dando di fatto vita alla moderna società, basata sul predominio della finanza sulla politica e delle banche sull'essere umano, come racconta nel branoCome Savonarola: e il mondo che sognavo, e tutto ciò per cui lottavo, ora sembra inutile, hanno vinto i culi stanchi gli arrivisti, gli arroganti.
Ma il cantautore, classe 1952, mi risponde con una provocazione: «Erano solo parole - mi dice per poi alzare il tiro - tra gli anni '60 e '70 il mondo è cambiato moltissimo grazie alle proteste giovanili, ma la reazione del sistema è stata fortissima, reazionaria, ed è culminata conl'elezione di Regan e di Margaret Thatcher».
«Il cambiamento che abbiamo innescato dando un nuovo ruolo alle donne e ai giovani - che erano categorie fino ad allora emarginate dalla scena sociale - ha spaventato il sistema, che si è riorganizzato, dando vita a una reazione viscerale passata attraverso un forte impiego dei mezzi di comunicazione, che hanno cominciato a diffondere falsi problemi, falsi valori,narcotizzando di fatto la società».
Ho acceso un mutuo e mi sono sposato, credevo anche di esser fortunato, ma poi un giorno m'ha chiamato il capo, m'ha detto l'azienda ha delocalizzato, mi dispiace ma sei licenziato: canta Finardi in Cadere sognare, brano che tratta il dramma vissuto dai cosiddetti esodati: «Tutti vengono sfruttati, non solo gli esodati - puntualizza - l'ideologia liberista è perversa, vuole trarre profitto da ogni cosa. Le privatizzazioni selvagge sono oscene, famose multinazionali fannocampagne contro l'acqua vista come bene comune, propagandando la concezione che non è un bene dell'essere umano, ma che deve essere pagato. C'è sempre stato un contrappeso nella società, capace di frenare questa perversione liberista, ma oggi non c'è più ed è un pericolo».
Rispetto agli anni giovanili, Finardi è anche più disilluso: «Non ho più fiducia negli esseri umani, o almeno non in chi siede sulle poltrone del potere. Ci vorrebbe una presa di coscienza globale e istantanea per cambiare le cose, ma non mi sembra che ci sia questo all'orizzonte».
Non si respira più il vento del cambiamento come negli anni '70, epoca che vide il cantautore protagonista di uno degli eventi più significativi della controcultura giovanile degli anni '70: ilFestival musicale del Parco Lambro del 1976, che l'artista ricorda con orgoglio e nostalgia: «Quella del '76 fu l'edizione spartiacque (ce ne furono due precedenti nel '74 e nel '75). Fu ilmomento culminate di quel movimento, che voleva vedere il futuro; dopo cambiò tutto: con il '77 arrivarono i punk del no future e il movimento cominciò la sua decadenza. Esiste un prima e un dopo il '76, che è stato un anno delirante. Il vertice di un'utopia».
Nel 2015, quasi quarant'anni dopo, Finardi non ha intenzione di fermarsi e, anche se non sono più gli anni delle grandi contestazioni sociali, il cantautore non mancherà di portare al Festival di Collisioni il suo repertorio storico, intrecciandolo con i nuovi brani di Fibrillante: «Arriverò con tutta la mia nuova band, giovane e potente. Inizialmente avrei dovuto venire con una formazione ridotta e suonare in acustico - non c'erano i soldi per tutto lo spettacolo - ma alla fine ho deciso che i soldi non erano importanti, così ho rinunciato al guadagno in favore della musica».
Andrea Carozzi
http://www.mentelocale.it/65993-barolo-cn-finardi-collisioni-oggi-momento-indignarsi/
Nessun commento:
Posta un commento