Legambiente ha presentato, come ogni anno, i dati del rapporto Ecomafia 2015. Dopo qualche anno di presenza costante su tutto il territorio nazionale, da questo nuovo rapporto si evince che nel corso del 2014 si è registrata una nuova impennata verso l'alto delle attività, e dei guadagni, delle mafie nel settore ambientale.
Il "fatturato" in nero dei clan nel 2014 ha raggiunto i 22 miliardi di euro; si tratta del valore più alto dopo il picco del 2007, con un aumento di ben 7 miliardi di euro rispetto al 2013.
Sul piano giudiziario, i dati fanno rabbrividire: 29.293 reati accertati in campo ambientale, circa 80 al giorno, poco meno di quattro ogni ora. Si tratta naturalmente di una punta d'iceberg: mancano all'appello tutti i reati commessi ma non accertati. Una situazione esplosiva che mette a repentaglio il futuro stesso del nostro Paese.A registrare l'impennata più alta è soprattutto il giro d'affari del settore agroalimentare e della pericolosa infiltrazione mafiosa che si registra in tutto il ciclo produttivo, di distribuzione e vendita. In crescita anche il business dell'archeomafia, sono infatti ben pochi i beni archeologici recuperati, i falsi sequestrati e i sequestri effettuati: nel 2014 con 500 milioni di euro di guadagni illeciti, l'archeomafia vede più che raddoppiata la sua presenza sul mercato nero.L'unico calo si registra sul fronte dell'abusivismo edilizio, che risente della contrazione del numero dei nuovi immobili costruiti abusivamente (circa 18mila secondo le stime più recenti, a fronte delle 26mila del 2013) e si riduce a 1,1 miliardi (nel 2013 era di 1,7 miliardi).C'è una seconda novità, nel rapporto Ecomafia 2015. Per la prima volta, la Campania perde il primato storico nella presenza ecomafiosa in tutte le sue attività. E' ora la Puglia la prima nella classifica delle illegalità ambientali in Italia. In realtà, è molto probabile che la Puglia avesse questo primato già da qualche anno, soprattutto grazie alla sua posizione strategica nel basso Adriatico, che la rende il fulcro di quasi tutti i traffici transfrontalieri: dai rifiuti tossici, ai beni archeologici, passando per gli animali esotici, proprio come nella prima metà degli anni '90 era al centro del traffico di sigarette di contrabbando.Nessuno se ne era ancora accorto, però, e la Puglia si scopre protagonista delle attività delle ecomafie solo perché nel 2014 c'è stato un capillare lavoro di monitoraggio e controllo svolto in tutta la regione dalle forze dell’ordine, in particolare dal Corpo Forestale dello Stato, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri, coordinate operativamente da diversi anni grazie a un Accordo Quadro promosso e finanziato dalla Regione e che si avvale delle competenze scientifiche di CNR e ARPA Puglia. Sono 4.499 le infrazioni accertate in Puglia, pari al 15,4% di quelle accertate su tutto il territorio nazionale. Record anche per numero di persone denunciate, 4.159, e di sequestri effettuati, 2.469; 5 le persone arrestate. Nella classifica provinciale dell’illegalità ambientale nel 2014, Bari si piazza al primo posto con 2.519 infrazioni accertate, l’8,6% su scala nazionale, scavalcando Napoli. Segue nella classifica la provincia di Foggia con 802 infrazioni accertate.C'è anche un altro settore strategico, assolutamente da non tralasciare, circa gli interessi delle ecomafie: gli investimenti a rischio; qui si registra un'impennata degli appalti pubblici nel settore ambientale infiltrati dalle mafie, soprattutto nell'ambito delle bonifiche e dei rifiuti speciali, stimati per il 2014 in 7,9 miliardi di euro, mentre rimangono stabili intorno al miliardo gli appalti a rischio per la gestione dei rifiuti urbani. Sommando i fatturati dell'ecomafia dal 1992 a oggi si superano abbondantemente i 340 miliardi.La fotografia di Legambiente è completata da altre novità: cresce di quattro volte la superfice boschiva percorsa dagli incendi, nonostante una stagione molto umida, mentre si assiste alla drastica riduzione degli illeciti nel traffico internazionale dei rifiuti.
Le indagini, inoltre, confermano che i traffici illeciti dei rifiuti urbani fioriscono dove il sistema di raccolta rispecchia i modelli antiquati dell'indifferenziato e della discarica, mentre per i rifiuti speciali è la collusione tra imprese ed ecomafie, con la mediazione dei colletti bianchi, a garantire gli affari illegali.E' di sicuro un bilancio pesante, quello sui crimini contro l'ambiente registrato nel corso del 2014. Le ecomafie, nonostante il primato della Puglia, seguita a ruota da Campania e Calabria, non sono più, da anni, una prerogativa del Sud Italia. Ad esempio, è allarmante il bilancio ambientale del Piemonte, che ha chiuso il 2014 con 469 infrazioni, 631 denunce, 2 arresti e 106 sequestri. L'ennesima prova del radicamento degli interessi mafiosi nell'economia delle regioni del Nord. Secondo gli autori del rapporto, un'attenzione particolare va posta al ruolo delle grandi opere, come Tav e Terzo Valico, e alle possibilità d'infiltrazione mafiosa. Per Legambiente è necessario intensificare i controlli sui cantieri delle opere pubbliche, attraverso la costruzione di commissioni di controllo specifiche che "abbiano i poteri per vigilare sulle gestione degli appalti e sulla realizzazione dei lavori, ma anche riducendo, ripensando e valutando bene l'elenco delle opere strategiche per la collettività".
Fondamentale, per l’associazione, è vietare i subappalti nei cantieri e abolire l'anomalo istituto del general contractor per evitare che la direzione lavori sia in carico alla stessa stazione appaltante”In conclusione come ha dichiarato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, "è preoccupante verificare che, nonostante la crisi, le ecomafie non subiscano flessioni". Nonostante la recente introduzione, dopo 21 anni di battaglie, degli ecoreati nel codice penale.In risposta a questo nuovo strumento di controllo e repressione, le mafie hanno alzato il tiro, dopo qualche anno di stabilità, uscendo dai tradizionali settori ambientali come edilizia e rifiuti speciali, e invadendo l'agricoltura ed il settore alimentare, giungendo così fino nei nostri piatti. Segno che la battaglia di verità, legalità, giustizia, ha ora un nuovo fronte su cui combattere.
6 luglio 2015
di Alessandro Iacuelli - tratto da http://www.altrenotizie.org
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