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sabato 15 settembre 2018

Andar per "calli" a Venezia, metafora della vita


Perdersi nel fitto reticolo di “calli” e “campielli” che disegnano la ragnatela urbanistica veneziana è una sorta di percorso iniziatico e interiore per giungere a sperimentare una compiuta metafora della vita.
Nulla è ciò che sembra.
Lo stretto “sotoportego” pare un budello senza sbocco per poi aprirsi subitaneamente nel magnifico slargo di un “campo”. Da un’imponente “salizada” ci si ritrova costretti nell’angusto spazio di una “corte”. Un’ariosa “fondamenta” può moltiplicarsi in una “riva” come dimezzarsi e ancor più in una “fondamentina”, a un passo dal canale.
Così accade per l’umana esistenza.
Quel che pare una crescita può rivelarsi un’involuzione. Ed un periodo di aridità preludere ad una stupenda fioritura.
Lo spirito della millenaria civiltà lagunare ha informato i cuori e le menti dei veneziani e tutto quanto è frutto dell’alacre operosità del loro ingegno. Le arti, l’architettura, profumano di una sapienza antica.
E'  molto tardi e cammino senza meta.
I miei passi sembrano indirizzati verso qualcosa di preciso.
Ho capito: sto fuggendo gli ultimi passanti, voglio rimanere solo.
Una luce rossa mi attira in una "calle"; lo sciabordìo dell'acqua ed il mio respiro sono le uniche presenze.
Appena varcato l'angusto passaggio di un "sotoportego", ho la sensazione di essermi introdotto in un'altra dimensione.
I riflessi dei lampioni completano la singolare atmosfera: è sogno o realtà?
Né l'uno, né l'altra. A Venezia non esiste alcuna linea di demarcazione, alcun confine che li separi.
Tutto può essere, tutto può accadere.
Come fuori, anche dentro di noi.
Soprattutto di notte, quando montano la nostalgia e i ricordi. Qualcosa dentro di me si compie.
E mi ritrovo sull'orlo di gradini che si immergono nell'acqua.
Rosario Tiso




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