Esistono
luoghi dell’anima.
Luoghi
dove c’è un accordo perfetto fra la propria interiorità e lo
spirito del mondo.
Dove
facile sgorga l’ispirazione.
Per
me, più di tutti, è Venezia. Città che ho amato dal primo istante
che l’ho vista, o meglio, prima di averla toccata con lo sguardo,
nella proiezione del suo mito sulla lanterna magica
dell’immaginazione.
Dal
latino ”veni etiam”: vieni…ancora. Una sorta di sussurro
sensuale. E al suo sirèneo richiamo ho sempre ceduto, incapace di
oppormi ad un fascino supremo.
Le
acque sciabordanti negli angusti rii sono la sua musica.
Le
segrete osterie, la sua calda alcova.
Il
merletto delle sue mirabolanti e monumentali architetture, sospese
miracolosamente sul mare, la sua magnificenza.
La
sua storia, un compendio di quella dell’umanità intera.
Tutti
i mondi vi sono convenuti e quel che ne è scaturito è
l’imperfettibile estasi che promana da un impareggiabile profilo
estetico e dalla unicità ambientale della sua laguna.
La
madre “terra” e la madre “acqua” qui si compenetrano come in
nessun altro luogo al mondo.
Essere
figli di Venezia significa anche essere il frutto di due fattrici
ancestrali e universali. Destino esclusivo.
Penso
a Cannaregio e all’autentica venezianità che vi si respira, al
Ghetto e al fascino di una cultura millenaria che sembra esservi di
casa. Alla grandiosità e agli echi dell’Arsenale. Al mistero della
Giudecca e all’eleganza del Lido. E poi il Tiziano e il Tintoretto,
le chiese ed i “campi”, le isole che la contornano.
In
principio, dalla fumèa di un sogno, sorse Torcello.
Poi
Malamocco generò Venezia e una genìa di isolotti incantati nacque
dalle sue costole. Ricordo il lembo di terra emersa che si aggrappa a
Burano attraverso un’unica campata di ponte: Mazzorbo. Lì adesso è
nato un vino. Ennesima, spettacolare rinascita lagunare, meraviglia
addizionale che stenteremo a cogliere bulimici e viziati come siamo,
nel pescare a piene mani da un tesoro inesauribile, lanciando una
sonda nella memoria, ogni volta una piacevolezza, uno stupore, un
incanto.
Da
quella mirabile fucina di bellezza che è Venezia.
Rosario
Tiso
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