Quando coniai il
termine “Bevitori d’Alta quota” pensavo a Gravner e al suo
essere “vigneron”
sempre
in cammino sui crinali dell’Alta qualità e artefice di vini che
richiedono a chi li accosta continue riparametrazioni sensoriali ed
equilibrismi organolettici come pochi altri al mondo.
Nell’accogliente alcova di CASA LIOX a sorprenderci, come sempre
con Josko, è stata la volta del PINOT GRIGIO 2006 e del RUJNO 2001.
Semplicemente mostruosa la complessità di nettari capaci di spingere
i sensi fino alla vertigine dello smarrimento. Dico solo che il PINOT
GRIGIO ha chiuso le danze come il più raffinato dei distillati. Ad
introdurli una chicca champenoise prodotta in soli 500 esemplari,
l’OVALIE 2012 di Vadin-Plateau, e la cornice culinaria di un cuoco
sempre più valente , Antonio Lioce. Il giorno dopo lo scenario
interiore e il retrogusto emozionale della serata di ieri sono quelli
che i vini di Gravner sempre mi recano: dei sentimenti fatti della
stessa materia dei sogni. Descriverli è ripercorrere sentieri senza
tempo. Oggi, a provarci, le parole sarebbero quelle scolpite nel mio
cuore. Non mi resta che auto-citarmi.
“…….-I
vini di Gravner-
Il mondo dorato
dell’infanzia e della prima adolescenza tiene soggiogato il nostro
cuore attraverso quella sottile malìa che si è soliti definire le
proprie “Radici”. Possiamo fare ogni tipo di esperienza e
realizzare i nostri sogni più arditi ma sempre sopravviverà dentro
di noi il luogo delle nostre “Radici”.
Lì sono affiorati i primi turbamenti che poi
avremmo chiamate emozioni;
lì si
sono dispiegati come farfalle i nostri primi pensieri;
quella è stata l’alcova dei nostri primi amori, il semenzaio di
una nascente e imberbe spiritualità.
Forse è tutto questo che rende così
speciale la beva dei vini di Gravner. Oscuramente, sarà la
suggestione per le anfore interrate che il nostro definisce un utero
per il vino, è come se si cogliesse un sapore di “Radici” in
quei vini e l’ombra lunga dell’anima e della terra che li hanno
forgiati.
Le ragioni ultime della
nostra essenza sono lì dove sono le nostre “Radici”. Lì è il
nostro tesoro più prezioso. Lì il nostro piccolo o grande cuore
riposa. Possiamo avere tutto dalla vita, conquistare ricchezza e
bellezza, avere le case piene di cose inutili ormai necessarie, ma
sempre ci sarà bisogno, per non morire dentro, di nutrire la nostra
anima con cibi che non si possono comprare ma che dobbiamo suscitare
interiormente attraverso il silenzio, l’abbandono, il vuoto, la
contemplazione, il vagheggiamento interiore. Poi, quando ci si sente
troppo pieni di questo grande silenzio e si ha voglia di comunicarlo
agli altri, Josko Gravner lo fa attraverso i suoi vini. Vini che
partono dal cuore per finire nel bicchiere. Vini di memoria. E chi
li beve con vibratile e profonda attenzione non può che partecipare
delle sue più vive e nostalgiche emozioni.
Non
ho mai voglia di descrivere tecnicamente, qualora e quantunque ne
fossi capace, i vini di Gravner. Trovo stucchevoli e fuorvianti i
tecnicismi perché distolgono dalla lettura squisitamente emozionale
del nettare.
New
Nell’oscurità di un
mondo enologico che fra convenzionale, biologico, biodinamico e
naturale spesso è tutto preso dall’incensar se stesso, Josko è
come una stanza di vita quotidiana illuminata dallo spirito e
riscaldata dal calore di mani operose, dove le cose sono come
circonfuse dalla bellezza d’esistere, quando il loro incanto è
dato proprio dalla calma bellezza diffusa intorno ad esse. Il
riverbero luminoso che promana dall’uomo fa strada fra le ombre a
chi gli si accosta e conduce al tepore di occhi intrisi di dolcezza.
Tutto è sul punto di compiersi. In un mondo imperfetto, i vini di
Gravner sono la perfetta sintesi tra piacevolezza e mistero.
Quel che ci vuole per farci sognare.
Rosario Tiso……”
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