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sabato 19 maggio 2018

Le ONG “salvano vite”? No: sono la causa delle tragedie in mare- di Francesca Totolo


Spiaggia libica. Quando i trafficanti di schiavi avvistano la nave ONG, buttano in mare i gommoni carichi di immigrati, gommoncini leggeri senza motore. E la gente muore. Si chiama pull factor: i taxi del mare, quelle ONG che “salvano vite”, in realtà sono le uniche responsabili dei morti in mare.
Di Francesca Totolo.
Missing Migrants è un progetto sviluppato dalla IOM (Organizzazione internazionale per le migrazioni, agenzia delle Nazioni Unite) per monitorare i dati relativi alle morti avvenute in corrispondenza dell’immigrazione irregolare riguardante tutte le rotte mondiali. Il progetto è finanziato da UKAID del governo britannico, e quindi sono possibili eventuali manipolazioni “politiche” dei dati esposti da Missing Migrants.
Ricordiamo altresì che nell’high level Migration Advisory Board di IOM è presente una fedelissima della Open Society Foundations di George Soros, Maria Teresa Rojas.
Una considerazione iniziale: l’accordo del luglio 2017 intercorso tra il nostro governo presieduto da Paolo Gentiloni e il Primo Ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia, Fayez al-Sarraj, che prevedeva l’impegno delle autorità libiche nella lotta contro i trafficanti di esseri umani e nel monitoraggio della zona SAR di competenza, non ha rispettato ancora tutte le promesse fatte in termini di fornitura di mezzi e strumenti, come, ad esempio, l’invio di un adeguato numero di motovedette alla Guardia Costiera di Tripoli. La formazione di quest’ultima è stata affidata alla Guardia Costiera italiana e al contingente europeo di EUNAVFOR MED Operazione Sophia, e dovrebbe concludersi a dicembre con l’istituzione dell’MRCC Libica.
I dati di Missing Migrants tengono conto dei migranti partiti dalla Libia ma salvati e riportati indietro dalla Guardia Costiera Libica: 5.109 persone fino al 1 maggio 2018 (dati Mixed Migration Working Group) a cui si aggiungono i 3.560 migranti registrati fino al 13 maggio e i 139 fermati dalla Polizia di Zuwara mentre si apprestavano a partire.
Quindi, per correttezza nelle prossime stime calcolate, ai 10.300 migranti sbarcati nei porti italiani grazie ai “salvataggi” delle ONG, della Guardia Costiera Italiana e della flotta di EUNAVFOR MED Operazione Sophia, si aggiungono i 8.808 migranti partiti dalle coste ma ricondotti indietro dalla Guardia Costiera Libica. Il totale sale, perciò, a 19.108 migranti stimati fino al 13 maggio.
Già dal grafico pubblicato da Missing Migrants, si può facilmente constatare che il numero delle morti è drasticamente calato in seguito all’approvazione dell’accordo Italia-Libia e alla radicale diminuzione del numero delle ONG operanti nel Mediterraneo, dopo l’introduzione del Codice di Condotta del Ministro Minniti e il sequestro della nave Iuventa di Jugend Rettet per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Save The Children, Medici Senza Frontiere (attiva solo sulla nave Aquarius come personale medico-sanitario) e MOAS, ovvero le ONG con le navi più capienti, hanno interrotto le proprie missioni SAR. Rimangono attive davanti alle coste libiche: SOS MEDITERRANEE, la già indagata Proactiva Open Arms, Sea Watch e Sea-Eye.
Come si può facilmente dedurre, le morti aumentano / diminuiscono proporzionalmente con l’aumento / la diminuzione degli sbarchi in Italia.
Un altro dato è rilevante: con la riduzione del numero delle ONG presenti davanti alle coste libiche e le connesse attività di ricerca e salvataggio della Guardia Costiera Libica, il numero delle partenze dalla Libia è drasticamente diminuito. Questo evidenzia ancora una volta il pull factor delle ONG in zona SAR libica.
La presenza delle organizzazioni non governative è la garanzia per i trafficanti di esseri umani del “servizio traghettamento” verso i porti siciliani.
A sostegno dell’effettiva esistenza del pull factor (negata da ogni centro di ricerca pro immigrazione, come ISPI) e del connesso aumento delle morti nel Mediterraneo, possiamo fare il chiaro esempio riguardante il periodo pre-elettorale quando tutte le ONG, curiosamente, erano nei rispettivi porti di appoggio: gli esigui sbarchi durante il suddetto arco temporale non provengono dalla rotta libica (rotta tunisina) e non sono stati effettuati dalle organizzazioni non governative.
Questo è solo un caso esemplificativo che spiega che i gommoni e i barconi stipati dai trafficanti non partono quando le ONG non sono presenti in zona SAR (pull factor). Quello che ne deriva è anche una forte diminuzione dei morti in mare. Infatti, per l’assurda teoria che “gli umanitari delle organizzazioni salvano le vite dei migranti” durante il suddetto periodo sarebbero dovute morire centinaia di persone a bordo dei “gommoni della morte” come ormai vengono definiti anche dall’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone. Situazione che non è avvenuta secondo i dati divulgati da IOM.
Anche il rapporto di EUNAVFOR MED Operazione Sophia, inviato alle istituzioni europee il primo marzo 2018, conferma il pull factor causato dalle ONG presenti in zona SAR libica: “Esiste una forte correlazione tra la presenza delle ONG, le partenze dei migranti dalla costa della Libia e quindi l’attività della Guardia Costiera Libica”. La dichiarazione è convalidata dai grafici presenti nel rapporto.
Come ultimo dato in esame prendiamo la proporzione tra le morti e le partenze dalla Libia (ovvero l’incidenza dei morti rispetto alle partenze). A differenza di Missing Migrants che, non correttamente ai nostri fini, utilizza i dati aggregati riguardanti le tre rotte del Mediterraneo (Mediterraneo ovest, Mediterraneo centrale, Mediterraneo est), abbiamo usato i dati IOM della sola rotta del Mediterraneo centrale e per meglio paragonare il 2018 al 2017, abbiamo paragonato solo i primi quattro mesi dell’anno.
L’incidenza delle morti rispetto alle partenze dalla Libia è sensibilmente diminuita sia considerando il valore statistico (dal 2,7% del 2017 al 2,5% del 2018) sia in termini assoluti (dai 1.021 migranti morti del 2017 ai 379 del 2018).
Questi ultimi dati confermano che le operazioni in zona SAR libica delle ONG e altresì quelle della Guardia Costiera Italiana guidata dal Ministro dei Trasporti Graziano Delrio, non solo hanno aumentato il pull factor che ha spinto migliaia di migranti a partire prima dai Paesi di origine e poi dalle coste libiche, ma hanno accresciuto anche l’incidenza delle morti in mare.
Per questo motivo, è irragionevole continuare a sostenere le attività private davanti alle coste della Libia (spesso in acque territoriali) delle organizzazioni non governative.
Chi persiste in questo tipo di propaganda, è il chiaro mandante morale dei migranti morti e che moriranno nel Mediterraneo.
Le uniche soluzioni possibili, per scongiurare le inutili morti in mare, sono il proseguimento della formazione della Guardia Costiera Libical’invio di mezzi, strumenti e risorse a Tripoli idonei al pattugliamento delle coste, all’arresto dei trafficanti e alla migliore gestione dei centri di detenzione governativi dove già operano gli operatori di IOM e UNHCR, e infine il blocco definitivo delle operazioni SAR delle ONG che troppo spesso si sono altresì rivelate dilettantesche e piratesche, mettendo ancor più in pericolo le vite dei migranti.
fonte https://www.byoblu.com/2018/05/18/le-ong-salvano-vite-no-sono-la-causa-delle-tragedie-in-mare-di-francesca-totolo/

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