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mercoledì 22 novembre 2017

PERCHE' GOOGLE E' STATO UN VANTAGGIO PER L'NSA





All’interno della rete segreta che sta dietro la sorveglianza di massa, la guerra infinita e Skynet… Seconda parte 


INSURGE INTELLIGENCE, un nuovo progetto di giornalismo investigativo finanziato per mezzo di crowdfunding, fa breccia nella notizia esclusiva di come la comunità d’intelligence degli Stati Uniti ha finanziato, promosso e incubato Google, come parte di un impulso per dominare il mondo per mezzo del controllo delle informazioni. Finanziato in avvio dall’NSA e dalla CIA, Google è stato solo il primo di una pletora di start-up del settore privato, cooptate dall’intelligence americana per mantenere la “superiorità nelle informazioni”.
Le origini di questa geniale strategia risalgono ad un gruppo segreto sponsorizzato dal Pentagono che negli ultimi due decenni ha funto da ponte tra il governo degli Stati Uniti e le élites, tramite il settore degli affari, dell’industria, della finanza, delle corporation e dei media. Il gruppo ha permesso che alcuni dei più forti interessi particolari nell’ambito delle aziende americane eludessero sistematicamente la responsabilità democratica e lo stato di diritto, in modo da influenzare le politiche governative e anche l’opinione pubblica negli Stati Uniti e in tutto il mondo. I risultati sono stati catastrofici: la sorveglianza di massa dell’NSA, uno stato permanente di guerra mondiale, e una nuova iniziativa per trasformare le forze armate statunitensi in Skynet.
SI LEGGA LA PRIMA PARTE
Quest’esclusiva viene pubblicata gratuitamente nell’interesse pubblico, ed è stata resa possibile per mezzo di crowdfunding. Vorrei ringraziare la mia incredibile comunità di sostenitori per l’appoggio, che mi ha dato l’opportunità di lavorare a questa indagine approfondita. Per favore, sostenete il giornalismo indipendente e investigativo per i diritti globali.
La sorveglianza di massa concerne il controllo. I promotori possono anche sostenere e persino credere che si tratti del controllo del bene più importante, un controllo necessario per mantenere un limite al disordine, per essere pienamente vigili per la prossima minaccia. Ma in un contesto di corruzione politica dilagante, di ampliamento delle disuguaglianze economiche e aumento della pressione sulle risorse a causa del cambiamento climatico e della volatilità energetica, la sorveglianza di massa può diventare uno strumento di potere destinato a perpetuarsi, a spese del pubblico.
Una funzione principale della sorveglianza di massa, spesso trascurata, è conoscere in certa misura l’avversario da poterlo manipolare e sconfiggere. Il problema è che l’avversario non sono solo i terroristi. Siamo io e te. A tutt’oggi, il ruolo della guerra d’informazione come la propaganda è stato in pieno ritmo, anche se viene ignorato sistematicamente da gran parte dei media.
Qui, INSURGE INTELLIGENCE espone come la cooptazione dei giganti tecnologici come Google, da parte dell’Highlands Forum del Pentagono, per perseguire la sorveglianza di massa, ha svolto un ruolo chiave negli sforzi segreti per manipolare i media come parte di una guerra di informazioni contro il governo americano, il popolo americano, e il resto del mondo: per giustificare la guerra infinita e l’espansione militare incessante.
La macchina da guerra
Nel settembre 2013, il sito web della Cyber ​​Security Initiative (MIIS CySec) del Monterey Institute for International Studies, ha pubblicato la versione finale di un articolo sulla “Cyber-deterrence” del consulente della CIA Jeffrey Cooper, vicepresidente dell’appaltatore per la difesa americano SAIC e membro fondatoredell’Highlands Forum del Pentagono. Il documento è stato presentato nel 2010 al direttore dell’NSA, il generale Keith Alexander, in una sessione dell’Highlands Forum intitolata “Cyber ​​Commons, Engagement and Deterrence”.
Il Gen. Keith Alexander (in mezzo), che è stato direttore dell’NSA e capo del Central Security Service dal 2005 al 2014, nonché comandante dell’US Cyber ​​Command dal 2010 al 2014, alla sessione dell’Highlands Forum del 2010 sulla cyber – deterrence.

Il Gen. Keith Alexander, direttore della NSA e capo del Servizio di Sicurezza Centrale dal 2005 al 2014, nonché comandante del Cyber ​​Command US da 2010 a 2014, alla sessione del Forum Highlands 2010.
CySec dell’MIIS è formalmente associato all’Highlands Forum del Pentagono per mezzo di un memorandum d’intesa firmato tra il provost e il Presidente del Forum Richard O’Neill, mentre l’iniziativa stessa è stata finanziata da George C. Lee: il funzionario di Goldman Sachs che ha condotto le valutazioni di miliardi di dollari di Facebook, Google, eBay e altre società.
Il documento illuminante di Cooper non è più disponibile sul sito dell’MIIS, ma una versione finale è disponibile tramite i registri di una conferenza pubblica sulla sicurezza, ospitata dall’American Bar Association. Attualmente, Cooper è il principale funzionario dell’innovazione presso SAIC / Leidos, che è in un consorzio di aziende di tecnologia per la difesa tra cui Booz Allen Hamilton e altre,che sono sotto contratto per sviluppare le capacità di sorveglianza dell’NSA.
Il briefing dell’Highlands Forum per il capo dell’NSA è stato commissionato sotto contratto dal sottosegretario alla difesa per l’intelligence e basato su concetti sviluppati nelle precedenti riunioni del Forum. È stato presentato al Gen. Alexander in una “sessione chiusa” dell’Highlands Forum, moderata dalla direttrice di CySec dell’MIIS, la Dr.ssa Itamara Lochard, presso il Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington DC.

Jeffrey Cooper (al centro) di SAIC / Leidos, un membro fondatore del Forum Highlands del Pentagono, mentre ascolta Phil Venables (a destra), senior partner di Goldman Sachs, alla sessione del Forum 2010 sulla cyber-deterrence del CSIS.
Jeffrey Cooper (nel mezzo) di SAIC / Leidos, un membro fondatore dell’Highlands Forum delPentagono, mentre ascolta Phil Venables (a destra), partner senior di Goldman Sachs, alla sessione del Forum del 2010 sulla cyber-deterrence presso il CSIS.
Come da tabella di marcia nell’ambito dell’IO di Rumsfeld, il briefing di Cooper dell’NSA ha descritto “i sistemi digitali d’informazione” sia come una “grande fonte di vulnerabilità”che “potenti strumenti e armi” per “la sicurezza nazionale”. Sosteneva la necessità per la cyber intelligence americana di massimizzare la “conoscenza approfondita” degli avversari potenziali e reali, in modo da poter identificare “ogni potenziale punto d’influenza”che può essere sfruttato per la deterrenza o la rappresaglia. La “deterrenza in rete” richiede alla comunità di intelligence statunitense di sviluppare “profonda comprensione e conoscenze specifiche sulle reti speciali coinvolte e sui loro modelli di collegamento, compresi i tipi e le forze dei loro nodi”, nonché l’utilizzo delle scienze cognitive e comportamentali per aiutare a prevedere i modelli. Il suo documento ha proseguito essenzialmente nel delineare un’architettura teorica per modellare i dati ottenuti dalla sorveglianza e dai media sociali sui potenziali “avversari” e “controparti”.
Un anno dopo questo briefing con il capo dell’NSA, Michele Weslander Quaid – un’altra delegata dell’Highlands Forum –ha aderito a Google per diventare chief technology officer (n.d.T. direttore dell’informatica), lasciando il suo ruolo più alto al Pentagono di consigliere del sottosegretario alla difesa per l’intelligence. Due mesi prima, la Task Force della DSB (Defense Science Board) sull’intelligence per la difesa aveva pubblicato la sua relazione sulle operazioni di Counterinsurgency (COIN), Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (IRS) Operations. Quaid era tra gli esperti di intelligence del governo che avevano consigliato e informato la Task Force del Defense Science Boardnella preparazione della relazione. Un altro esperto che ha ragguagliato la Task Force è stato Linton Wells, veterano dell’Highlands Forum. La relazione DSB era stata commissionata da James Clapper, nominato da Bush, allora sottosegretario alla difesa per l’intelligence – che aveva anche commissionato il briefing di Cooper all’Highlands Forum per il generale Alexander. Clapper è ora Direttore della National Intelligence di Obama, ruolo in cui ha mentito sotto giuramento al Congresso, sostenendo nel marzo 2013 che l’NSA non raccoglie alcun dato sui cittadini americani.
I precedenti di Michele Quaid in tutta la comunità di intelligence militare degli Stati Uniti eranobasati sul fare in modo che le agenzie si spostassero verso l’utilizzo di strumenti web e tecnologia cloud. L’impronta delle sue idee è evidente in parti chiave della relazione della Task Force DSB, che descrive il suo scopo di “influenzare le decisioni di investimento” presso il Pentagono, “raccomandando adeguate capacità di intelligence per valutare le insurrezioni, capire una popolazione nel proprio ambiente e sostenere le operazioni di COIN”.
La relazione ha identificato 24 Paesi dell’Asia meridionale e Sud-est asiatico, dell’Africa settentrionale e occidentale, del Medio Oriente e del Sud America, che potrebbero rappresentare “possibili sfide COIN” per l’esercito americano nei prossimi anni. Tra i “regimi autocratici”sono inclusi il Pakistan, il Messico, lo Yemen, la Nigeria, il Guatemala, Gaza/Cisgiordania, l’Egitto, l’Arabia Saudita e il Libano. La relazione ha affermato che “crisi economiche, cambiamenti climatici, pressioni demografiche, la governance mediocre potrebbero far sì che questi Stati (o altri) falliscano o diventino così deboli da diventare obiettivi per aggressori/ribelli”. A quel punto, l’infrastruttura globale di informazione e i social media possono“ampliare rapidamente la velocità, l’intensità e l’impeto degli eventi” con implicazioni territoriali. “Tali aree potrebbero diventare rifugi da cui lanciare attacchi contro la patria statunitense, reclutare personale, finanziare, addestrare e fornire intervento”.
L’imperativo in questo contesto è aumentare la capacità militare delle operazioni “left of bang” – prima della necessità di un impegno importante delle forze armate – per evitare le insurrezioni o per prevenirle mentre sono ancora in fase iniziale. Il rapporto continua concludendo che “Internet e i social media sono fonti critiche dei dati di analisi dei social network in società che non solo sono istruite, ma anche connesse a Internet”. Ciò richiede “il monitoraggio della blogosfera e di altri media sociali in molte culture e lingue diverse”per prepararsi alle “operazioni centrate sulla popolazione”.
Il Pentagono deve anche aumentare la propria capacità di “modellizzazione e simulazione del comportamento” per “comprendere e anticipare meglio le azioni di una popolazione”sulla base di“dati fondamentali sulle popolazioni, reti umane, geografia e altre caratteristiche economiche e sociali”. Tali “operazioni centrate sulla popolazione”saranno “sempre più” necessarie nei “rischi emergenti delle risorse, basati su crisi idriche, stress agricolo, stress ambientale o concessioni” delle risorse minerarie. Ciò deve includere il monitoraggio della “demografia della popolazione come parte organica del quadro delle risorse naturali”.
Altre aree in cui vi sarà incremento sono “la videosorveglianza globale”, “i dati terrestri ad alta risoluzione”, “la capacità cloud computing”, “la fusione dati” per tutte le forme di intelligence in un “quadro spazio – temporale coerente per organizzare e indicizzare i dati” sviluppando“quadri di scienze sociali” che possono “sostenere la codifica e l’analisi spazio-temporale”, “distribuire tecnologie biometriche di autenticazione multiforme [“come impronte digitali, scansioni retiniche e campioni di DNA”] al punto di servizio dei processi amministrativi più basilari” al fine di “legare tutte le transazioni all’identità di un individuo”. Inoltre, l’istituto deve essere coinvolto per aiutare il Pentagono a sviluppare “dal punto di vista antropologico, socio-culturale, storico, della geografia umana, dell’istruzione,della salute pubblica e di molti altri tipi di dati della scienza sociale e comportamentale e informazioni”per sviluppare” una profonda comprensione delle popolazioni”.
Alcuni mesi dopo l’adesione a Google, Quaid ha rappresentato la società nel mese di agosto 2011 presso il Customer and Industry Forum dellaDefense Information Systems Agency del Pentagono. Il forum avrebbe fornito “le forze armate, i comandi per il combattimento, le agenzie, le forze di coalizione” l’“opportunità di impegnarsi direttamente con l’industria su tecnologie innovative per consentire e garantire competenza,in sostegno dei nostri combattenti”. I partecipanti all’evento sono stati parte integrante degli sforzi per creare un ambiente di informazione d’impresa per la difesa, definito “una piattaforma integrata che include la rete, l’informatica, l’ambiente, i servizi, la sicurezza delle informazioni e le funzionalità di NetOps”, consentendo ai combattenti di “connettersi, identificarsi, scoprire e condividere informazioni e collaborare nell’intero spettro delle operazioni militari”. La maggior parte dei membri presenti al dibattito erano funzionari del DoD, ad eccezione di quattro membri dell’industria, tra cui Quaid di Google.
Anche i funzionari del DISA hanno partecipato all’Highlands Forum – come Paul Friedrichs, direttore tecnico e ingegnere capo dell’Office of Chief Information Assurance Executive di DISA.
Il sapere è potere
Dato tutto questo non è sorprendente che nel 2012, pochi mesi dopo che la co-presidente dell’Highlands Forum, Regina Dugan abbia lasciato il DARPA per unirsi a Google come funzionaria senior, l’allora capo dell’NSA, il generale Keith Alexander, inviasse un messaggio tramite posta elettronica al funzionario fondatore di Google, Sergey Brin, per discutere la condivisione delle informazioni per la sicurezza nazionale. In quelle email, ottenute secondo laFreedom of Information, da parte del giornalista investigativo Jason Leopold, il generale Alexander ha descritto Google come “membro chiave della Defense Industrial Base [dell’esercito americano]”, una posizione che Michele Quaid stava apparentemente consolidando. Il rapporto gioviale di Brin con l’ex capo dell’NSA ora ha un senso perfetto, dato che Brin era in contatto con i rappresentanti della CIA e dell’NSA, che in parte finanziavano e supervisionavano, dalla metà degli anni ’90,la sua creazione del motore di ricerca di Google.
Nel luglio 2014, Quaid ha parlato a un gruppo dell’esercito americano sulla creazione di una “cella di acquisizione rapida” per il progresso delle “capacità cyber” dell’esercito americano come parte dell’iniziativa di trasformazione Force 2025. Ha detto ai funzionari del Pentagono che “molti degli obiettivi tecnologici dell’esercito per il 2025, possono essere realizzati con la tecnologia commerciale disponibile o in sviluppo oggigiorno”, ribadendo che “l’industria è pronta a collaborare con l’esercito per sostenere il nuovo paradigma”. Più o meno nello stesso periodo, la maggior parte dei media strombazzava l’idea che Google stava cercando di allontanarsi dal finanziamento del Pentagono, ma in realtà Google ha cambiato tattica per sviluppare in modo indipendente tecnologie commerciali che avrebbero applicazioni militari per gli obiettivi di trasformazione del Pentagono.Tuttavia Quaid non è l’unico riferimento nel rapporto di Google con la comunità di intelligence militare statunitense.
Un anno dopo che Google aveva acquistato nel 2004 il software di mappatura satellitare Keyhole dalla società venture capital della CIA, In-Q-Tel,il direttore tecnico di In-Q-Tel, Rob Painter, che ha avutoin primo luogo un ruolo chiave nell’investimento per Keyhole di In-Q-Tel – si è trasferito a Google. Nell’ambito di In-Q-Tel, il lavoro di Painter si è concentrato sull’individuazione, la ricerca e la valutazione di “nuove imprese di start-up tecnologiche che si riteneva offrissero un valore straordinario alla CIA, alla National Geospatial-Intelligence Agency e alla Defense Intelligence Agency”. Infatti, l’NGA aveva convalidato chela sua intelligence, ottenuta tramite Keyhole, è stata utilizzata dall’NSA per sostenere, dal 2003 in poi, le operazioni statunitensi in Iraq.
Un ex ufficiale dell’intelligence per le operazioni dell’esercito degli Stati Uniti, Painter, nel suo nuovo incarico a Google, a partire da luglio 2005, è stato direttore federale di ciò che Keyhole sarebbe diventato: Google Earth Enterprise. Painter è diventato, nel 2007, capo tecnico federale di Google.
Quell’anno, Painter ha riferito al Washington Post che Google era“in fase iniziale”per vendere versioni segreteavanzate dei suoi prodotti al governo degli Stati Uniti. “Google ha aumentato la sua forza delle vendite nell’area di Washington nel corso dell’anno scorso per adattare i propri prodotti tecnologici alle esigenze delle agenzie militari, delle agenzie civili e della comunità di intelligence”, ha riferito il Post. Il Pentagono stava già utilizzando una versione di Google Earth sviluppata in collaborazione con Lockheed Martin per “visualizzare informazioni per l’esercito sul terreno in Iraq”, tra cui “schermate di mappe delle zone chiave del Paese” e delineando “quartieri sunniti e sciiti a Baghdad, così come le basi militari statunitensi e irachene in città. Né Lockheed né Google dicono come l’agenzia geospaziale faccia utilizzo dei dati.”Google ha voluto vendere al governo nuove “versioni avanzate di Google Earth”e“motori di ricerca che possono essere utilizzati internamente dalle agenzie”.
Le annotazioni della Casa Bianca trapelate nel 2010 hanno dimostrato che i dirigenti di Google avevano tenuto diversi incontri con i funzionari senior del National Security Council degli Stati Uniti. Alan Davidson, direttore degli affari amministrativi di Google, ha avuto almeno tre incontri con funzionari del National Security Council nel 2009, tra cui il direttore senior alla Casa Bianca per gli affari russi Mike McFaul e il consulente in Medio Oriente Daniel Shapiro. È emerso anche da un’applicazione con licenza di Google, che la società aveva deliberatamente raccolto dati “payload” da reti private di wifi che consentirebbero di identificare le “geolocalizzazioni”. Nello stesso anno, ora sappiamo che Google aveva firmato un accordo con l’NSA offrendo all’agenzia un accesso aperto alle informazioni personali dei propri utenti, nonché il suo hardware e software, in nome di accordi di sicurezza informatica che il Gen. Alexander era impegnato a ripetere con centinaia di CEO delle telecomunicazioni in tutto il Paese.
Pertanto, Google non è solo un importante contributo e fondamento del complesso militare-industriale americano: è Internet nella sua interezza e l’ampia gamma di aziende del settore privato, molte delle quali sono promosse e finanziate sotto l’egida della comunità di intelligence degli Stati Uniti (o dei potenti finanzieri incorporati in quella comunità), che sostengono Internet e le infrastrutture di telecomunicazioni; è anche la miriade di start-up che vendono tecnologie all’avanguardia alla società di impresa In-Q-Tel della CIA, dove possono essere adattate e progredite per applicazioni in tutta la comunità di intelligence militare. Infine, l’apparato globale di sorveglianza e gli strumenti classificati, utilizzati da agenzie come l’NSA per amministrarlo, sono stati quasi interamente realizzati da ricercatori esterni e appaltatori privati ​​come Google, che operano al di fuori del Pentagono.
Questa struttura, che rispecchia il funzionamento dell’Highlands Forum del Pentagono, consente al Pentagono di sfruttare rapidamente le innovazioni tecnologiche che altrimenti perderebbe, mantenendo comunque il settore privato a portata di mano, almeno apparentemente, per evitare domande scomode sull’uso reale di tale tecnologia.
Ma non è ovvio, vero? Il Pentagono ha pertinenza in ambito di guerra, sia aperta che segreta. Contribuendo a costruire l’infrastruttura di sorveglianza tecnologica dell’NSA, le imprese come Google sono complici in ciò che il complesso militare-industriale riesce meglio: uccidere per soldi.
Come suggerisce la natura della sorveglianza di massa, il suo obiettivo non sono solo i terroristi, ma per estensione i “terroristi sospetti” e i “potenziali terroristi”, il risultato è che le intere popolazioni – in particolare gli attivisti politici – devono essere obiettivi della sorveglianza dell’intelligence degli Stati Uniti per identificare minacce attive e future, ed essere vigili contro le ipotetiche insurrezioni populiste, sia in patria che all’estero. In questo caso, l’analisi predittiva e i profili comportamentali svolgono un ruolo fondamentale.
La sorveglianza di massa e l’estrazione dati hanno anche un distintivo obiettivo operativo per aiutare nell’esecuzione letale di operazioni speciali, selezionando dagli elenchi obiettivi per gli attacchi con i droni della CIA tramite dubbi algoritmi, fornendo insieme informazioni geospaziali e altre informazioni per i comandanti combattenti di terra, aria e mare, tra le molte altre funzioni. Un singolo post dei social media su Twitter o Facebook è sufficiente per far scattare una watchlist sul terrorismo segreto, solo a causa di una sensazione o di un sospetto vagamente definito; e può anche piazzare un sospetto in una lista nera.
La spinta per una sorveglianza di massa indiscriminata e completa da parte del complesso militare-industriale, che comprende il Pentagono, le agenzie di intelligence, gli appaltatori per la difesa e i giganti tecnologici amichevoli come Google e Facebook, non è perciò un fine, ma uno strumento di potere, il cui obiettivo è l’autoperpetuazione. Ma c’è anche una giustificazione auto-razionale per questo obiettivo: pur essendo grande per il complesso militare-industriale, è anche, presumibilmente, grande per tutti gli altri.
La “lunga guerra”
Il libro del delegato dell’Highlands Forum, il Dr. Thomas Barnett, The Pentagon’s New Map,è la miglior illustrazione dell’ideologia veramente sciovinistica e narcisistica che conduce all’autocompiacimento del potere nel cuore del complesso militare-industriale. Barnett era assistente per futuri strategici nell’Office of Force Transformation del Pentagono dal 2001 al 2003 ed era stato raccomandato a Richard O’Neill dal suo capo, il Vice Ammiraglio Arthur Cebrowski. Oltre a diventare un best seller del New York Times, il libro di Barnett era stato letto in lungo e in largo nelle forze armate statunitensi, da funzionari senior della difesa a Washington e dai comandanti combattenti operanti sul terreno in Medio Oriente.
Barnett ha partecipato per la prima volta all’Highlands Forum del Pentagono nel 1998, poi è stato invitato a presentare un briefing sul suo lavoro al Forum il 7 dicembre 2004, al quale hanno partecipato funzionari senior del Pentagono, esperti di energia, imprenditori di Internet e giornalisti. Barnett ha ricevuto una recensione brillante sul Washington Post, una settimana più tardi, da parte di David Ignatius, suo compagno all’Highlands Forum, e un’approvazione da un altro amico nel forum, Thomas Friedman, entrambe hanno contribuito in modo massiccio a promuoverne la credibilità e la lettura.
La visione di Barnett è neoconservativa alla radice. Egli vede il mondo diviso essenzialmente in due settori: The Core, costituito da Paesi progrediti,diretti dalle regole della globalizzazione economica (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Europa e Giappone),assieme ai Paesi in via di sviluppo impegnati ad arrivarci (Brasile, Russia, India, Cina e altri); e il resto del mondo, che è The Gap, un’eterogenea landa desolata di Paesi pericolosi e senza legge, definita fondamentalmente per “non essere in connessione”con le meraviglie della globalizzazione. Ciò include la maggior parte del Medio Oriente e dell’Africa, grandi fette del Sud America, così come gran parte dell’Asia centrale e dell’Europa dell’Est. È il compito degli Stati Uniti “ridurre il divario”, diffondendo il “set di regole” culturale ed economico della globalizzazione che caratterizza The Core, e imponendo la sicurezza in tutto il mondo per consentire la diffusione di questo “set di regole”.
Queste due funzioni del potere statunitense sono racchiuse nei concetti di “Leviathan”e “System Administrator” di Barnett. Il primo riguarda la regolamentazione per facilitare la diffusione dei mercati capitalistici, regolamentati dalla legge militare e civile. Il secondo consiste nel proiettare la forza militare in The Gap, in una missione globale aperta, per imporre la sicurezza e impegnarsi nella costruzione di nazioni. Non “ricostruire”, ci tiene a sottolineare, ma costruire “nuove nazioni”.
Per Barnett, l’introduzione del Patriot Act in patria, da parte dell’amministrazione Bush nel 2002, con il totale annullamento dell’habeas corpus, e la National Security Strategy all’estero, con l’apertura di una guerra unilaterale di prevenzione, rappresentavano l’inizio della necessaria riscrittura del set di regole in The Core per intraprendere questa nobile missione. Questo è l’unico modo per gli Stati Uniti, affinché raggiungano la sicurezza, scrive Barnett, perché finché esiste The Gap, sarà sempre una fonte di violenza e disturbo senza legge. Un paragrafo in particolare riassume la sua visione:
“L’America come poliziotto globale crea sicurezza. La sicurezza crea regole comuni. Le regole attirano investimenti stranieri. L’investimento crea infrastrutture. L’infrastruttura crea l’accesso alle risorse naturali. Le risorse creano una crescita economica. La crescita crea stabilità. La stabilità crea mercati. E una volta che sei una parte crescente e stabile del mercato globale, fai parte di The Core. Missione compiuta.”
Gran parte di ciò che prevedeva Barnett avrebbe dovuto accadere per realizzare questa visione, e nonostante la sua tendenza neoconservativa, è ancora perseguita sotto Obama. Nel prossimo futuro, Barnett prevedeva che le forze militari americane saranno spedite al di là dell’Iraq e dell’Afghanistan,in luoghi come Uzbekistan, Gibuti, Azerbaigian, l’Africa nord-occidentale, l’Africa meridionale e l’America meridionale.
Il briefing al Pentagono di Barnett è stato accolto con entusiasmo quasi unanime. Il Forum aveva anche acquistato copie del suo libro e le aveva distribuite a tutti i delegati del Forum, e nel maggio 2005 Barnett è stato invitato a partecipare a un intero Forum incentrato sul suo concetto “SysAdmin”.
L’Highlands Forum ha quindi svolto un ruolo di primo piano nella definizione della concezione della“guerra al terrore” del Pentagono nella sua interezza. Irving Wladawsky-Berger, vicepresidente IMB in pensione che ha co-presieduto il President’s Information Technology Advisory Committee dal 1997 al 2001, ha descritto la sua esperienza di una riunione del Forum del 2007 in termini rivelatori:
“Allora c’è la Guerra al Terrore, che il DoD ha cominciato a chiamare la Lunga Guerra, un termine che ho sentito per la prima volta al Forum. Sembra molto appropriato descrivere il conflitto globale in cui ci troviamo ora. Si tratta di un conflitto veramente globale … i conflitti in cui siamo ora hanno molto più l’impressione di una battaglia di civiltà o di culture, nel tentativo di distruggere il nostro stesso modo di vivere per imporre il proprio”.
Il problema è che al di fuori di questa potente cricca del Pentagono, non vi è accordo tra tutti gli altri. “Non sono convinto che la cura di Barnett sarebbe migliore rispetto alla malattia”, ha scritto la Dr.ssa Karen Kwiatowski, ex analista senior del Pentagono nella sezione del Vicino Oriente e dell’Asia meridionale, che ha fatto una soffiata su come il suo dipartimento abbia deliberatamente fabbricato false informazioni nel periodo antecedente alla guerra in Iraq. “Sarebbe sicuramente costato molto di più in termini di libertà americana, di democrazia costituzionale e di sangue, rispetto a quanto ne valga veramente la pena”.
Tuttavia l’equilibrio di “ridurre il divario” con il sostegno della sicurezza nazionale di TheCore, porta su un versante scivoloso. Significa che se agli Stati Uniti sarà impedito di svolgere questo ruolo di leadership come “poliziotti globali”, The Gap si allargherà, The Core si ridurrà e l’intero ordine globale potrebbe svelarsi. Con questa logica, gli Stati Uniti non possono semplicemente permettersi che il governo o l’opinione pubblica rifiutino la legittimità della propria missione. Se lo facesse, consentirebbe a The Gap di allontanarsi dal controllo, sconvolgendo TheCore e potenzialmente distruggerlo, insieme al protettore di TheCore, l’America. Quindi, “ridurre il divario” non è solo un imperativo di sicurezza: è una priorità così esistenziale che deve essere sostenuta da una guerra di informazioni per dimostrare al mondo la legittimità dell’intero progetto.
Sulla base dei principi di guerra dell’informazione di O’Neill, come articolato nel suo briefing della Marina militare americana del 1989, i bersagli della guerra d’informazione non sono solo le popolazioni di The Gap, ma anche le popolazioni interne al The Core e i loro governi: compreso il governo degli Stati Uniti. Quel briefing segreto, che secondo l’ex ufficiale senior dell’intelligence americano John Alexander è stato ricevuto dalla leadership superiore del Pentagono, ha sostenuto che la guerra di informazioni deve essere mirata: per convincere gli avversari della loro vulnerabilità; per far accettare “la causa come giusta” da parte di potenziali partner in tutto il mondo; e, infine, per far credere alle popolazioni civili e alla leadership politica che “il costo” in sangue e bottino vale la pena.
Il lavoro di Barnett è stato reclamizzato dall’Highlands Forum del Pentagono, perché si adatta allo scopo, in modo da fornire un’irresistibile ideologia “feel good” per il complesso militare-industriale statunitense.
Ma l’ideologia neoconservativa, ovviamente, non è nata con Barnett:lui stesso è una figura relativamente di spicco e poco valore, anche se il suo lavoro è stato estremamente influente in tutto il Pentagono. Il pensiero retrogrado dei funzionari senior coinvolti nell’Highlands Forum è visibile molto prima dell’11 settembre, ed è stato interrotto dagli attori legati al Forum con una potente forza d’autorizzazione per legittimare la direzione sempre più aggressiva delle politiche estere e di intelligence statunitensi.
Yoda e i Sovietici
L’ideologia rappresentata dall’Highlands Forum può essere attinta molto tempo prima della sua istituzione nel 1994, al tempo in cui l’ONA di Andrew ‘Yoda’ Marshall era il principale luogo di attività del Pentagono per la pianificazione futura.
Un mito della sicurezza nazionale,ampiamente promulgato dai giornalisti nel corso degli anni, è che la reputazione di ONA, come meccanismo divinatorio interno al Pentagono,ricadeva sulla precaria analisi del direttore Marshall. Presumibilmente, è stato tra i pochi che hanno avutopreveggenza nel riconoscere che la minaccia sovietica era pretenziosa da parte della comunità di intelligence statunitense. A dispetto del suo essere una figura isolata aveva, la storia dice, una voce inesorabile all’interno del Pentagono, che invitava i responsabili politici a riesaminare le loro proiezioni della forza militare dell’URSS.
Salvo che la storia non è vera. L’ONA non si occupava di un’analisi moderata di minaccia, ma di una proiezione di minaccia paranoica che giustificasse l’espansione militare. Jeffrey Lewis del Foreign Policy sottolinea che, lungi dall’offrire una voce di buonsenso che richiedesse una valutazione più equilibrata delle capacità militari sovietiche, Marshall ha cercato di minimizzare le scoperte dell’ONA che scartavano l’imbonimento di un’imminente minaccia sovietica. Avendo commissionato uno studio che concludeva che gli Stati Uniti avevano sovrastimato l’aggressività sovietica, Marshall lo ha diffuso con una lettera d’accompagnamento, dichiarandosi “non persuaso” per i risultati. Lewis illustra come la mentalità di proiezione di minaccia di Marshall si estendeva alla commissione di una ricerca assurda che sostenesse i fondamentali resoconti neocon sul collegamento (inesistente) di Saddam con al-Qaeda, e anche la nota relazione di un consulente RAND che richiedeva di ridisegnare la mappa del Medio Oriente, presentata nel 2002 al Defense Policy Board del Pentagono su invito di Richard Perle.
Il giornalista investigativo Jason Vest ha trovato riscontro similmente anche dalle fonti del Pentagono, che durante la guerra fredda Marshall aveva a lungo ignorato la minaccia sovietica e svolto un ruolo chiave nel dare al gruppo d’influenza neoconservatore, il Committee on the Present Danger, l’accesso a dati classificati della CIA, per riscrivere il National Intelligence Estimate on Soviet Military Intentions. Ciò è stato un precursore della manipolazione dell’intelligence dopo l’11 settembre per giustificare l’invasione e l’occupazione dell’Iraq. Ex dipendenti di ONA hanno confermato che Marshall era stato bellicoso“fino alla fine”, al riguardo di un’imminente minaccia sovietica. Melvin Goodman, sovietologo della CIA, ha ricordato ad esempio, che Marshall era anche di valido aiuto a spingere, affinché i mujahideen afghani fossero dotati di missili Stinger – una mossa che ha reso ancora più brutale la guerra, incoraggiando i Russi a usare tattiche di terra bruciata.
Enron, i talebani e l’Iraq
Il periodo dopo la guerra fredda ha visto la creazione dell’Highlands Forum del Pentagono nel 1994, sotto l’ala dell’ex segretario alla difesa William Perry, ex direttore della CIA e primo sostenitore di idee neocon come la guerra preventiva. In modo incredibile, il dubbio ruolo del Forum come ponte governo-industria può essere chiaramente riconosciuto in relazione agli esperimenti di Enron con il governo degli Stati Uniti. Proprio mentre il Forum elaborava politiche di rafforzamento del Pentagono per la sorveglianza di massa, ha alimentato contemporaneamente, in modo diretto, il pensiero strategico che culmina nelle guerre in Afghanistan e in Iraq.
Il 7 novembre 2000, George W. Bush “ha vinto” le elezioni presidenziali statunitensi. Enron e i suoi dipendenti avevano dato in totale oltre 1 milione di dollari alla campagna di Bush. Ciò includeva un contributo di 10.500 dollari al comitato di riconteggio per Bush in Florida e altri 300.000 dollari per le celebrazioni d’insediamento che hanno fatto seguito. Enron ha anche fornito compagnie aeree per trasportare avanti e indietro avvocati repubblicani in tutta la Florida e alla lobby di Washington, per conto di Bush, per il riconteggio di dicembre. I documenti elettorali federali successivamente hanno evidenziato che dal 1989 Enron aveva realizzato un totale di 5,8 milioni di dollari in donazioni per campagne elettorali, il 73 per cento ai repubblicani e il 27 per cento ai democratici – con ben 15 funzionari senior dell’amministrazione Bush in possesso di azioni di Enron, tra cui il segretario Donald Rumsfeld, il consigliere senior Karl Rove e il segretario dell’esercito Thomas White.
Tuttavia, proprio un giorno prima di questa elezione controversa, il Presidente fondatore dell’Highlands Forum del Pentagono ha scritto a Kenneth Lay, direttore generale di Enron, invitandolo a fare una presentazione al Forum sulla modernizzazione del Pentagono e dell’Esercito. L’email da O’Neill a Lay è stata pubblicata come parte di Enron Corpus, le email ottenute dalla Federal Energy Regulatory Commission, il cui contenuto è ancora sconosciuto.
L’email iniziava“A nome del ViceSegretario alla difesa (C3I) e del DoD, il CIO (n.d.T. Chief Information Officer – Direttore Informatico) Arthur Money” e invitava Lay “a partecipare alla Segreteriaalla Difesa presso l’Highlands Forum”, che O’Neill ha descritto come “un gruppo multidisciplinare di eminenti studiosi, ricercatori, CEO (n.d.T. Chief Executive Officer – Amministratore delegato) / CIO / CTO (n.d.T. Chief Technical Officer – Direttore Tecnico)dell’industria e leader dei media, delle materie umanistiche e delle professioni che si sono incontrati negli ultimi sei anni per esaminare le aree di interesse emergente per tutti noi”. Ha aggiunto che le sessioni del Forum includono “funzionari senior della Casa Bianca, della Difesa e di altre agenzie di governo (la partecipazione governativa è limitata a circa il 25%)”.
Ed ecco che O’Neill rivela che l’Highlands Forum del Pentagono stava fondamentalmente per esplorare non solo gli obiettivi del governo, ma anche gli interessi dei leader dell’industria partecipanti come Enron. Il Pentagono, continua O’Neill, voleva che Lay si impegnasse nella “ricerca di strategie di informazione e trasformazione del Dipartimento della Difesa (e del governo in generale)”, in particolare “dal punto di vista aziendale (trasformazione, produttività, vantaggio competitivo)”. Ha elogiato ampiamente Enron come“un notevole esempio di trasformazione in un settore altamente rigido e regolamentato, che ha creato un nuovo modello e nuovi mercati”.
O’Neill ha reso chiaro che il Pentagono ha voluto che Enron svolgesse un ruolo fondamentale nel futuro DoD, non solo nella creazione di una “strategia operativa con una superiorità delle informazioni”, ma anche in relazione all’ “enorme impresa globale di affari di DoD che può trarre vantaggio da molte delle migliori pratiche e idee dell’industria”.
“Abbiamo grande interesse per ENRON”, ha ribadito. “Quello che impariamo da voi può aiutare molto il Dipartimento della Difesa, in quanto agisce per costituire una nuova strategia. Spero che abbiate tempo,nel vostro fitto calendario d’impegni,per unirvi a noi in tutti gli Highlands Forum, ai quali potete partecipare e parlare con il gruppo”.
Quella riunione dell’Highlands Forum è stata presenziata da funzionari senior della Casa Bianca e dell’intelligence degli Stati Uniti, tra cui il vice direttore della CIA Joan A. Dempsey, che aveva precedentemente prestato servizio come segretario alla difesa per l’intelligence e nel 2003 è stato nominato da Bush come direttore esecutivo dell’Intelligence Estera del President’s Foreign Intelligence Advisory Board, e in tale ruolo ha elogiato l’ampia diffusione di informazioni da parte dell’NSA e dell’NGA dopo l’11 settembre. Ha continuato diventando vicepresidente esecutivo di Booz Allen Hamilton, un importante appaltatore del Pentagono in Iraq e in Afghanistan che, tra l’altro, ha creato il database della Coalition Provisional Authority,per tenere traccia di ciò che ora sappiamo erano progetti di ricostruzione altamente corrotti in Iraq.
La relazione di Enron con il Pentagono era già in pieno svolgimento l’anno precedente. Thomas White, allora vicepresidente dei servizi energetici di Enron, aveva utilizzato le sue estese connessioni militari statunitensi per assicurare un accordo prototipo a Fort Hamilton per privatizzare l’alimentazione elettrica delle basi dell’esercito. Enron era l’unico offerente per l’affare. L’anno successivo, dopo che l’amministratore delegato di Enron era stato invitato all’Highlands Forum, White ha tenuto il suo primo discorso a giugno solo “due settimane dopo essere diventato segretario dell’Esercito”, dove ha “promesso di accelerare l’assegnazione di tali contratti”, assieme a un ulteriore “rapida privatizzazione” dei servizi energetici dell’esercito. “Potenzialmente, Enron avrebbe potuto trarre vantaggio dall’accelerazione dell’aggiudicazione dei contratti, come avrebbero potuto altri utenti che tentano di fare affari”, ha osservato USA Today.
Quel mese, su autorità del Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld – che ha partecipato in modo significativo a Enron – il Pentagono di Bush ha invitato un altro dirigente di Enron e uno dei consiglieri finanziari esterni senior di Enron a partecipare a una ulteriore segreta sessione dell’Highlands Forum.
Un’email di Richard O’Neill del 22 giugno, ottenuta tramite Enron Corpus, ha dimostrato che Steven Kean, allora vice presidente esecutivo e capo dello staff di Enron, avrebbe dovuto fare lunedì 25 un’altra presentazione all’Highlands. “Ci stiamo avvicinando all’Highlands Forum sponsorizzato dal Segretario alla Difesa e attendiamo caldamente la Sua partecipazione”, ha scritto O’Neill, promettendo a Kean di essere “il punto centrale della discussione. L’esperienza di Enron è molto importante per noi, considerando seriamente il cambiamento di trasformazione del Dipartimento della Difesa”.
Steven Kean è ora presidente e COO (n.d.T. Chief Operating Officer – Direttore Operativo) (e amministratore delegato) di Kinder Morgan, una delle più grandi aziende energetiche del Nord America e importante sostenitore del progetto controverso del gasdotto Keystone XL.
Era prevista la partecipazione, alla stessa sessione dell’Highlands Forum con Kean,di Richard Foster, allora partner senior della consulenza finanziaria McKinsey. “Ho dato copie del nuovo libro di Dick Foster, Creative Destruction, al Vice Segretario alla Difesa e all’Assistente Segretario”, ha detto O’Neill nella sua email, “e il caso Enron che si delinea porta a una discussione importante. Intendiamo distribuire copie ai partecipanti al Forum”.
L’aziendadi Foster, McKinsey, aveva fornito consulenza finanziaria strategica a Enron dalla metà degli anni ’80. Joe Skilling, che nel febbraio 2001 è diventato CEO di Enron mentre Kenneth Lay si trasferiva alla presidenza, era stato capo del business di consulenza energetica di McKinsey prima di entrare a Enron nel 1990.
McKinsey e poi il partner Richard Foster erano strettamente coinvolti nella realizzazione delle strategie di gestione finanziaria di Enron, erano responsabili della crescita rapida, ma fraudolenta, della società. Mentre McKinsey ha sempre negato di essere a conoscenza della precaria contabilità che ha portato alla fine di Enron, i documenti aziendali interni hanno dimostrato che Foster aveva partecipato a un comitato finanziario di Enron che si riuniva un mese prima della sessione dell’Highlands Forum, per discutere la “necessità di partenariati privati ​​esterni per aiutare a guidare la crescita rischiosa della società”-proprio le partnership di investimento responsabili del crollo di Enron.
documenti di McKinsey hanno dimostrato che l’impresa è “pienamente consapevole dell’ampio utilizzo di fondi fuori bilancio di Enron”. Ben Chu, redattore di economia del The Independent, osserva che: “McKinsey ha pienamente approvato i metodi contabili dubbi”, che hanno portato all’inflazione della valutazione di mercato di Enron e “che hanno determinato che la società implodesse nel 2001”.
Foster stesso aveva infatti partecipato personalmente a sei riunioni del Consiglio di Enron dall’ottobre 2000 all’ottobre 2001. Tale periodo coincideva grosso modo con la crescente influenza di Enron sulle politiche energetiche dell’amministrazione Bush e con la pianificazione del Pentagono per l’Afghanistan e l’Iraq.
Sicuramente Foster era anche frequentatore regolare presso l’Highlands Forum del Pentagono – il suo profilo LinkedIn lo descrive come membro del Forum dal 2000, anno in cui ha aumentato l’impegno con Enron. Ha inoltre svolto una presentazione inaugurale all’Island Forum di Singapore nel 2002.
Il coinvolgimento di Enron nella Task Force Cheney Energy sembra essere legato alla pianificazione, avvenuta nel 2001, dell’amministrazione Bush per le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, motivate dal controllo del petrolio. Come rilevato dal Prof. Richard Falk, ex membro del consiglio di Human Rights Watch ed ex investigatore per l’ONU, Kenneth Lay di Enron “è stato il principale consulente riservato, che faceva affidamento al Vice Presidente Dick Cheney, durante il processo altamente riservato di stesura di una relazione che descrivesse la politica energetica, ampiamente considerata come elemento chiave nell’approccio statunitense alla politica estera in generale, e in particolare al mondo arabo”.
Gli incontri strettamente segreti tra dirigenti senior di Enron e funzionari governativi di alto livello degli Stati Uniti, per mezzo dell’Highlands Forum del Pentagono dal novembre 2000 al giugno 2001, hanno svolto un ruolo centrale nello stabilire e consolidare il legame sempre più simbiotico tra Enron e la pianificazione del Pentagono. Il ruolo del Forum era, come O’Neill ha sempre detto, operare come un laboratorio di idee per esplorare gli interessi reciproci dell’industria e del governo.
Enron e la pianificazione della guerra del Pentagono
Nel febbraio 2001, quando i dirigenti di Enron, incluso Kenneth Lay, hanno iniziato a partecipare d’intesa alla Task Force Cheney Energy, un documento classificato del National Security Council ha ordinato ai dipendenti della NSC di collaborare con la task force per la“fusione”di precedenti questioni distinte: “politiche operative nei confronti degli Stati canaglia”e “azioni riguardanti l’acquisizione di zone ricche di petrolio e di gas nuove ed esistenti”.
Secondo il segretario al tesoro di Bush, Paul O’Neill, citato da Ron Suskind in The Price of Loyalty (2004), i funzionari del governo hanno discusso dell’invasione dell’Iraq nella loro prima riunione dell’NSC e avevano anche preparato una mappa per l’occupazione post-bellica che segnava la spartizione dei campi petroliferi dell’Iraq. Il messaggio proveniente in quel momento dal Presidente Bush era che i funzionari dovevano “trovare un modo per farlo”.
documenti della Task Force Cheney Energy ottenuti da Judicial Watch secondo il Freedom of Information,hanno rivelato che a marzo, con un notevole contributo dell’industria, la task force aveva preparato mappe dello Stato del Golfo e in particolare dei campi petroliferi iracheni, delle condutture e delle raffinerie, assieme ad un elenco intitolato “Foreign Suitors for Iraqi Oilfield Contracts.”Entro aprile, una relazione del think-tank commissionata da Cheney, sovrintesa dall’ex segretario di stato James Baker, riunita da un comitato dell’industria energetica e dagli esperti di sicurezza nazionale, ha invitato il governo degli Stati Uniti “a condurre immediatamente una revisione politica verso l’Iraq, comprese le valutazioni militari, energetiche, economiche e politico / diplomatiche”, per affrontare l’influenza destabilizzante dell’Iraq sui flussi di petrolio nei mercati globali. Il rapporto comprendeva le raccomandazioni del delegato dell’Highlands Forum e Presidente di Enron, Kenneth Lay.
Ma la Task Force Cheney Energy stava anche insistendo con i piani per l’Afghanistan che coinvolgevano Enron, avviati sotto Clinton. Fino alla fine degli anni ‘90, Enron ha lavorato con la società statunitense di energia Unocal, con sede in California, per sviluppare un gasdotto di petrolio e gas che avrebbe estratto le riserve del bacino del Caspio e portato petrolio e gas in Afghanistan, fornendo Pakistan, India e potenzialmente altri mercati. Il tentativo ha avuto la benedizione ufficiale dell’amministrazione Clinton, e successivamente dell’amministrazione Bush, che ha tenuto diversi incontri con i rappresentanti dei Talebani per negoziare i termini per l’affare del gasdotto nel 2001. I Talebani, la cui conquista dell’Afghanistan aveva ricevuto assistenza segreta sotto Clinton, avevano ricevuto il riconoscimento formale come governo legittimo dell’Afghanistan, in cambio di consentire l’installazione del gasdotto. Enron ha pagato 400 milioni di dollari per uno studio di fattibilità per il gasdotto, una gran parte dei quali è stata trasferita come tangente ai leader talebani e sono stati perfino assunti agenti facilitatori della CIA.
Poi nell’estate 2001, mentre funzionari di Enron erano in contatto con funzionari senior del Pentagono all’Highlands Forum, il National Security Council della Casa Bianca stava gestendo un “gruppo di lavoro”interdipartimentale, guidato da Rumsfeld e Cheney per aiutare a completare un progetto in corso in India, una centrale elettrica da 3 miliardi di dollari a Dabhol. L’impianto era destinato a ricevere l’energia dal gasdotto trans-afghano. Il National Security Council dell’NSC, presieduto dal consulente per la sicurezza nazionale di Bush, Condoleeza Rice, ha generato una serie di tattiche per rafforzare la pressione del governo americano sull’India per completare l’impianto di Dabhol,in modo continuativo fin dall’inizio di novembre. Il progetto Dabhol e il gasdotto trans-afghano erano di gran lunga l’affare più redditizio di Enron all’estero.
Nel corso del 2001, funzionari di Enron, incluso Ken Lay, hanno partecipato all’Energy Task Force di Cheney, assieme a rappresentanti del settore energetico statunitense. A partire da febbraio, poco dopo l’entrata in carica dell’amministrazione Bush, Enron è stata coinvolta in sei meeting dell’Energy Task Force. Dopo una di queste riunioni segrete, una bozza per l’energia è stata modificata per includere una nuova disposizione che proponesse di aumentare notevolmente la produzione di petrolio e gas naturale in India, in modo che si applicasse solo alla centrale elettrica di Dabhol di Enron. In altre parole, assicurare che il flusso di gas a basso costo verso l’India attraverso il gasdotto trans-afghano fosse ora una questione della‘sicurezza nazionale statunitense’.
Dopo quasi due mesi, l’amministrazione Bush ha dato ai Talebani 43 milioni di dollari, giustificati dalla repressione della produzione di oppio, nonostante le sanzioni delle Nazioni Unite imposte dagli Stati Uniti impedissero l’aiuto al gruppo per non aver consegnato Osama bin Laden.
Poi nel giugno 2001, nello stesso mese in cui il vicepresidente esecutivo di Enron Steve Kean ha partecipato all’Highlands Forum del Pentagono, le speranze della società per il progetto Dabhol sono state interrotte quando il gasdotto trans-afghano non si è concretizzato e, di conseguenza, la costruzione dell’impianto di Dabhol è stata bloccata. Il fallimento del progetto da 3 miliardi di dollari ha contribuito al fallimento di Enron nel mese di dicembre. Quel mese, funzionari di Enron hanno incontrato il segretario al commercio di Bush, Donald Evans, per parlare dell’impianto e Cheney ha fatto manovre di corridoio con il principale partito di opposizione indiano sul progetto Dhabol. Ken Lay ha anche riferito di aver contattato l’amministrazione Bush circa in questo periodo, per informare i funzionari sui problemi finanziari dell’impresa.
A partire dal mese di agosto, disperati per la rescissione dell’accordo, i funzionari statunitensi hanno minacciato i rappresentanti dei Talebani di muovere guerra se avessero rifiutato di accettare i termini americani: cioè cessare la lotta e unirsi in un’alleanza federale con l’Alleanza settentrionale d’opposizione e rinunciare alle richieste di consumo locale di gas. Il 15 di quel mese, il lobbista di Enron Pat Shortridge ha riportato all’allora consigliere economico della Casa Bianca Robert McNally che Enron si stava dirigendo verso una fusione finanziaria che avrebbe paralizzato i mercati energetici del Paese.
L’amministrazione Bush ha dovuto anticipare il rifiuto dell’accordo da parte dei Talebani, perché aveva pianificato una guerra in Afghanistan già da luglio. Secondo l’allora Ministro degli esteri pakistano Niaz Naik, che aveva partecipato ai negoziati tra gli Stati Uniti e i Talebani, i funzionari statunitensi gli avevano detto che avevano intenzione di invadere l’Afghanistan a metà ottobre 2001. Non appena la guerra è iniziata l’ambasciatore di Bush in Pakistan, Wendy Chamberlain, ha chiamato il Ministro pakistano del petrolio Usman Aminuddin, per discutere “la proposta di progetto di gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan”, secondo il Frontier Post, un giornale pakistano in lingua inglese. Secondo quanto riferito, sono stati concordi,poiché il “progetto apre nuovi percorsi di cooperazione regionale multidimensionale in previsione soprattutto dei recenti sviluppi geo-politici nella zona”.
Due giorni prima dell’11 settembre, Condoleeza Rice ha ricevuto la bozza di una National Security Presidential Directive formale che Bush doveva firmare immediatamente. La direttiva conteneva un piano esauriente per lanciare una guerra globale contro Al-Qaeda, inclusa l’invasione “imminente” dell’Afghanistan per abbattere i Talebani. La direttiva è stata approvata dai più alti livelli della Casa Bianca e da funzionari del National Security Council, inclusi naturalmente Rice e Rumsfeld. Gli stessi funzionari dell’NSC hanno simultaneamente diretto il gruppo di lavoro Dhabol per assicurare l’affare inerente la centrale elettrica e per il progetto di gasdotto trans-afghano di Enron. Il giorno dopo, un giorno prima dell’11 settembre, l’amministrazione Bush
fonte http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=6082

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