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giovedì 21 giugno 2018

SCUOLA GRANDE DI SAN ROCCO


Le Scuole a Venezia erano confraternite di laici che, sotto il patrocinio del Santo protettore, si proponevano scopi di devozione e penitenza….” Così recita la “brochure”, tradotta nelle principali lingue, a disposizione dei turisti che varcano l'ingresso della “Scuola Grande di S.Rocco”.
Da tempo avevo nel mirino una visita alla celebre collezione di dipinti in essa contenuti che la fanno ritenere unanimemente una sorta di “Cappella Sistina” veneziana.
Il Tintoretto vi lavorò per oltre un ventennio e il parallelismo con l’opera michelangiolesca non sembra così azzardato. I “teleri” di Tintoretto (termine dovuto alle loro enormi dimensioni) sono senza alcun dubbio l’apogèo della sua parabola artistica, così come gli affreschi della “Sistina” lo furono per Michelangelo.
L’ingresso al “Salone Terreno” mi vede in trepidante attesa. Sono ben otto i giganteschi dipinti che ne tappezzano le pareti, ognuno rappresentante una scena biblica. Mi colpisce in particolar modo la visione della “Fuga in Egitto” per i lampi di luminosità che innervano la tela e che resero celebre il suo autore. Basterebbe già la qualità di questo ambiente a farmi ritenere soddisfatto e meritevole il viaggio. Ma so di essere all’inizio di un’esperienza ancora tutta da gustare. Affronto il bello scalone dello Scarpagnino con un senso di crescente emozione. La vista del “Salone Maggiore” mi toglie il fiato, tale è l’ammontare di bellezza che ne promana. I sensi ne sono letteralmente travolti. Tutto è di eccezionale fattura: dai “teleri” che contornano e sovrastano lo sguardo all’incredibile teoria di stalli lìgnei che ne percorrono il perimetro, dalle luci che creano una sensazione di calore soffuso al pavimento policromo.
Poi…il gioco degli specchi! Magia nella magia, una serie di specchi sono a disposizione degli attoniti sguardi adoranti per consentire ai visitatori di scrutare anche il più piccolo particolare che li sovrasta. Basta una leggera inclinazione dello specchio e la figura che si vede in orizzontale mettendosi a testa in sù si presenta alla vista dritta e in verticale, vicina e nitida. Non si riesce a smettere di ruotare la superficie riflettente per scovare anche la più minuta arguzia pittorica.
Ci si ritrova, dopo un po’, sazi e saturi di piacere. L’ingresso alla “Sala dell’Albergo” sembra addirittura pleonastico.
Se non fosse che lì si trova la tela più bella: ”La Crocifissione”. La sacra rappresentazione occupa totalmente la parete di fronte all’ingresso.
L’impatto è di paralizzante suggestione. E’ forse la più grande opera del Tintoretto, grondante di luce, di drammatica tensione emotiva.
Il suo autoritratto, come era in uso all’epoca, fa capolino fra gli astanti in una figura a cavallo. Ne seguo grato il profilo e idealmente lo ringrazio per il dono puro di una scena così commovente e trasudante di vita.

Rosario Tiso









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