La simbologia dei numeri per la Cabala
Le tre lettere Madri
Le sette lettere doppie
Le 12 lettere semplici
Il Sefer Yetzirà : l’origine
(sintesi della introduzione all’opera di Eliahu Shadami e del prof. Abramo Alberto Piattelli in Sefer Yetzirà – Libro della formazione ed. ATANOR)
E’ un testo databile tra il III ed il VI sec. d.c. che costituisce il più antico documento noto della mistica ebraica ed è un riferimento fondamentale per i cabalisti di tutte le epoche.
Secondo il Talmud nel quale l’opera viene denominata Hilchoth Yetzirà il testo era oggetto di studio da parte dei rabini Chanina e Oshaya. Essi vi si dedicavano durante le vigile del sabato e, grazie ad opere magiche ispirate al Sefer, solevano crearsi vitello grande un terzo del naturale per mangiarlo.
Come l’episodio talmudico illustra e come ritiene lo stesso Sholem Gersom, figura tra le più rappresentative tra i moderni studiosi e storici della Cabala ebraica, il testo era probabilmente adoperato per pratiche magiche connesse al potere delle lettere e delle parole.
La corrente di pensiero che ha prodotto questo scritto riflette lo stile della mistica della Merkavà, ovvero della speculazione sulla Chochoma e la corrispondente descrizione dell’ascesi estatica attraverso i misteri del trono divino.
Analisi della struttura e contenuti dell’opera
(da uno studio personale dell’opera)
Le tre madri ed il nome di Dio
L’opera suddivisa in 6 capitoli, espone in forma schematica e criptica le modalità secondo cui lo Spirito del Dio Vivente procedette per la creazione del Universo.
Strumento fondamentale della creazione sono le 10 Serifot, che vengono descrite nel primo capitolo, e le 22 lettere dell’alfabero ebraico, suddivise nel testo in 3 madri, sette doppie e 12 semplici.
Le dieci Sefirot descrivono le coordinate dello “spazio della creazione” e sono ripartite in
- Due Etiche: Profondità del Bene e Profondità del Male
- Due temporali: Profondità del Principio e Profondità della Fine
- Sei spaziali: Profondità dell’Alto e del Basso, dell’Est e dell’Ovest, del Nord e del Sud
Interessante è notare che questa individuazione delle coordinate di base per la creazione dell’Universo non é dissimile da quella che la alcuni fisici di avanguardia hanno di recente proposto nel campo della proposte di unificazione della Teoria della Relatività Generale con la Meccanica Quantistica.
Il Sefer Yetzirà, come sembra narrare l’autore stesso, é frutto di una visione estatica d’insieme che l’autore paragona alla un “lampo”.
Il causa prima del moto incessante delle Sefirot l’una nell’altra, è la parola di Dio che si propaga, dice l’autore, “come un uragano” tra esse.
Il testo pone al centro della creazione la potenza generante della Parola di Dio. Perché essa possa esistere è, ovviamente, necessario disporre di un linguaggio e di un alfabeto.
A sottolineare questa centralità della Parola di Dio come strumento creante interviene la stessa composizione che l’autore attribuisce all’ Spirito di Dio che è nella prima Sefirot.
Lo spirito di Dio è composto dalla Parola, dal Soffio ed dalla Voce o Verbo.
La prima creazione dello Spirito è, quindi, la forma della parola, cioè il linguaggio e quindi le 22 lettere fondamentali, queste sono create dal Soffio proveniente dallo Spirito che costituisce la seconda Sefirot.
Sempre dal Soffio viene creata, poi, la terza Sefirot: l’acqua.
Da questo momento la creazione opera in tre distinti domini:
· Il Mondo o se si vuole il macrocosmo
· L’Anno o se si vuole il tempo
· L’Anima dell’uomo e della donna, o se si vuole il microcosmo uomo inteso come una unità corporea ed etica
La creazione delle prime 3 Sefirot a partire dalla Sefirot dello Spirito corrisponde alla creazione avviene a mezzo della “attivazione” delle tre lettere fondamentali o “Madri”: l’Alef, la Mem e la Shin.
La prima è legata alla Sefirot dell’Aria, la seconda a quella dell’Acqua e la terza a quella del Fuoco.
La prima parte della creazione, quindi, produce gli elementi che occuperanno lo spazio non ancora creato.
Per attendere alla creazione dello spazio Dio seleziona tre lettere nel “segreto delle tre madri” per attribuirsi un nome:
· Yod dall’Alef: nel seguito dell’opera viene associata al Fare nel microcosmo dell’Anima umana e per questo è legata all’Alef , espressione del Soffio e strumento creativo di Dio
· L’Hei dalla Mem: nel seguito dell’opera associata al Conversare e quindi alla parola mediatrice e per questo legato alla Mem che l’autore descrive come mediatrice tra Alef e Shin o meglio tra il Corpo, strumento del fare divino rappresentato dall’Alef e la Testa strumento del pensiero divino personificato dallaShin
· La Vav dalla Shin che nel seguito dell’opera viene associata al Riflettere e quindi alla Verbo espressione del concetto pensato e quindi prodotto primo Testa a sua volta strumento del pensiero divino personificato dalla Shin
Non si può escludere che l’autore intendesse con il termine “scegliere nel segreto delle Madri” non solo una scelta consapevole di Dio tra le 22 lettere generate a partire dalle lettere madri, ma anche un rapporto di forma delle singole lettere selezionate rispetto alla lettera di origine.
Lo yod, infatti, è un apice assimilabile alla parte superiore sinistra o inferiore destra del simbolo che rappresenta l’Alef.
Questo sibolo, secondo alcuni cabalisti (Grad), rappresenta l’elemento l’atto creativo insito nella “separazione”, tale atto è espresso, appunto, dalla barra inclinata tra i due apici o se si vuole le due “yod”.
La Hei, di più difficile associazione, potrebbe essere legata alla Mem la cui forma chiusa pare ricordare la funzione che di mediazione e “richiusura” tra elementi opposti che il Sefer le attribuisce.
Tale lettera, privata del tratto inferiore, potrebbe ricordare la Hei.
Per la Vav, infine, è facile risalire alla forma di una delle tre barre verticali simili a “fiammelle” presenti nel simbolo della Shin.
La Stella di Davide
Creato il proprio Nome, Dio procede alla permutazione delle lettere che lo compongono producendo dando vita 6 possibili configurazioni YHV,YVH,VYH, VHY,HYV, HVY che danno origine rispettivamente alle sei direzioni dello spazio Alto, Sud, Est, Ovest, Basso, Nord)e quindi alla creazione dello spazio stesso (Alto, Basso, Est , Ovest, Sud, Nord).
Ogni cardine di questo spazio è contrassegnato da una delle sei lettere doppie, rispettivamente: Bet, Reisch,Kaf, Dalet, Pei, Gimel, mentre il centro, di questo spazio, nel posto riservato allo Spirito di Dio vi è la Tau.
La creazione dello spazio delle lettere “doppie”, ciascuna associata ad uno dei sei versi cartesiani, offre la possibilità di conbinarli a coppie per formare le nuove 12 direzioni che si aggiungono alle sei basilari (Est - Alto, Est – Nord, Est – Sotto, Sud – Alto, Sud – Est, Sud – Sotto, Ovest – Alto, Ovest – Sud, Ovest – Sotto, Nord – Alto, Nord – Ovest, Nord – Sotto).
Ciascuna di queste direzioni composte è disposta su uno dei tre piani assonometrici che sono quello Nord-Sud-Est-Ovest, quello Nord-Sud-Alto-Basso, quella Est-Ovest-Alto-Basso.
Per essere più precisi, rappresentando ciascun piano con un quadrato, le 12 direzioni composte si dispongono ai vertici di ciascuno dei tre piani.
In ciascuno dei vertici di questi piani viene posta una delle dodici lettere semplici, mentre nei punti mediali dei lati che rappresentano ciascun piano restano collocate le 6 lettere semplici con le sei direzioni primarie.
Le lettere vengono, poi, raggruppate per tre in “divisioni” secondo le 6 direzioni fondamentali andando, quindi, a formare 4 divisioni di 3 lettere ciascuna.
Se, infine, ciascun piano lo si contrassegna con una delle tre lettere madri, si ottiene una figura spaziale che rappresenta l’intero alfabeto ebraico.
La rappresentazione grafica assonometria piana dello “spazio della creazione”, come lo abbiamo appena descritto, produce un singolare risultato ottico: la stella di Davide.
Lo stesso Sholem Gersom nel descrivere la storia del simbolo non è in grado di determinare il momento in cui esso appare né la sua esatta funzione.
Sebbene il Sefer Yetzirà non parli mai della Stella di Davide, esso, in effetti, la disegna nelle parole e la ricollega, implicitamente, al “Territorio” (termine che è nella etimologia della parola “Israele”), che si espande in tutte le direzioni come la creazione.
Secondo questa visione, quindi, la Stella comprende in se il segreto stesso della creazione che si rispecchia sulla terra nella funzione di Israele, essa quindi rappresenta:
· Lo spazio della Creazione
· Le 22 lettere dell’alfabeto ebraico
· L’Universo nei tre domini: Mondo, Anno, Anima o anche Macrocosmo Universo, Tempo e Microcosmo uomo
· Lo spazio delle proprietà
Il Sefer Yetzirà e la Ghematria
Il Sefer Yetzirà è, come si è visto, il riferimento primario per la Ghematria e definisce anche il principio di associazione ed equivalenza numerica delle parole per permutazione.
Il principio della permutazione, ad esempio, è chiaramente espresso non solo dal modo in cui Dio firma le 6 dello spazio permutando le tre lettere del suo nome direzioni (il fattoriale di 3 è 3!= 1 x 2 x 3), ma soprattutto nella regole delle 231 case che si nelle nella Sezione 16 del Capitolo IV.
Qui viene fornito l’algoritmo della permutazione in forma poetica.
Dette “Pietre” le lettere dell’alfabeto e “Case” le parole che si formano con le pietre-lettere, l’autore propone il seguente schema di permutazioni
· Con 2 pietre si ottengono 2 Case (2!= 1 x 2)
· Con 3 pietre si ottengono 6 Case (3! = 1 x 2 x 3)
· Con 4 pietre si ottengono 24 Case (4! = 1 x 2 x 3 x 4)
· Con 5 pietre si ottengono 120 Case (5! = 1 x 2 x 3 x 4 x 5)
· Con 6 pietre si ottengono 720 Case (6! = 1 x 2 x 3 x 4 x 5 x 6)
· Con 7 pietre si ottengono 5020 Case (7! = 1 x 2 x 3 x 4 x 6 x 7)
Affermando, implicitamente, che le parole del vocabolario non possono superare 7 lettere, ma anche che le parole sono in numero finito: 5892.
Ciascuna di esse si comporta come un insieme di coordinate nello spazio delle proprietà, o delle idee, o ancora, se si vuole, della mente di Dio.
Secondo il Sefer Yetzirà, quindi, la parola esprime l’insieme delle proprietà dell’oggetto che rappresenta definendolo univocamente, ma anche consentendo di rapportarlo a tutta la creazione ed agli elementi del creato per identità, attraverso la identificazione di parole di eguale lunghezza e che adoperano le medesime lettere ma con ordine diverso.
Da questo principio scaturisce un’ulteriore principio base della Ghematria: l’affinità per valore cabalistico.
Attribuendo ad ogni lettera un valore posizionale nell’ordine in cui appaiono nell’alfabeto ebraico e numerando da 1 a 10 le prime 10, da 20 a 30, le seconde dieci e 100 in poi le ultime, si ottiene un metro per la misura del valore cabalistico di una parola, tale valore si ottiene con la somma dei valori di ciascuna lettera.
Il primo problema è nel valore cabalistico di ciascuna lettera. Si potrebbe, ad esempio, facilmente obbiettare che il valore cabalistico non è dovuto alla posizione ordinale nell’alfabero ebraico, ma in quello di importanza che gli attribuisce il Sefer Yetzirà, ma per la verità anche il Sefer lascerebbe aperta la porta alla interpretazione tradizionale cabalistica poiché nel Capitolo II Sezione 4 e 5 la combinazione delle lettere avviene in coppie, ciascuna lettera con tutte le altre, nell’ordine posizionale che hanno nell’alfabeto e non in quello di importanza che il Sefer stesso stabilisce.
Il problema non è risolvibile unicamente attraverso il Sefer. Ciò che, invece, il Sefer chiarisce bene è la contrapposizione delle parole nello “spazio della creazione”.
Ogni parola e quindi ogni oggetto della creazione ha il suo gemello simmetrico che propone proprietà complementari in una sorta di rapporto causa effetto: Dominio contrapposto a Pace, Fertilità a Vita, Saggezza a Ricchezza, non sempre chiari nel loro senso ma evidentemente voluti dall’autore.
Le derivazioni di questo sistema di rappresentazione simbolico della conoscenza sono, evidentemente, innumerevoli e gli sviluppi potenziali infiniti, come conferma la varietà degli studi cabalistici, ma quello che ci piace sottolineare è la impostazione algoritmica e geometrica del problema della espressione linguistica ebraica che fa, comunque, del sefer un caso unico di modelllo rappresentativo coerente di un linguaggio e delle sue regole di rappresentazione.
Il Sefer Yetzirà come sistema simbolico e archetipale di rappresentazione della conoscenza
Il Sefer Yetzirà, però, non si limita a suggerire questa deduzione possibile ad oltre 1500 anni della sua presunta data di composizione, ma va ben oltre.
Il Sefer suggerisce anche una associazione del suono prodotto dalla lettera alla proprietà di questa. Esso, infatti, suggerisce l’associazione del fischio della “Shin”, o del “silenzio” della Mem alla loro rispettiva funzione ed all’elemento che rappresentano (Fuoco e Acqua) ispirando una riflessione estesa a tutte le lettere dell’alfabeto ebraico ed alla possibilità che i suoni ad essi associati siano correlati onomatopeicamente, alle proprietà che queste rappresentano.
Per una lingua fondata su ideogrammi che sono archetipi e semplificazioni estreme di simboli che, a loro volta erano probabilmente in origine erano graffiti e quindi raffigurazione di oggetti o idee, tutto ciò non è affatto “magico” o “straordinario”.
Non è strano infatti, che di un graffito, di per se semplificazione già di una idea o di un oggetto con l’isolamento delle caratteristiche principali, si possa ottenere per affinamenti successivi nel tempo un archetipo perfetto che finisce, necessariamente, per eliminare tutte le proprietà non essenziali isolando quella principale.
Quindi non meraviglia affatto che nel tempo si siano affinate le identificazioni di proprietà riducendole progressivamente e pervenendo a soli 22 ideogrammi che combinati danno tutte le rimanenti possibili proprietà.
Non meraviglia nemmeno che il suono di ciascuno di questi archetipi abbia finito per “ricordare” il “rumore” di ciò che esso rappresentava.
Un sistema di archetipale evolutosi nel tempo come quello della lingua ebraica diviene, così, un modello perfetto di rappresentazione simbolica della conoscenza in cui la forma di una lettera, la proprietà che essa rappresenta, ed il suono possono far leva sul subconscio collettivo “creando” o ispirando idee simili nella mente umana, pur in assenza di cause che ispirino quelle idee ma per il solo “pronunciare” la parola stessa.
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