1. LA NOMINA DI TITO BOERI ALLA PRESIDENZA DELL’INPS NASCE DALLE PARTI DI “REPUBBLICA”. A CACCIARSI NEI GUAI È STATO PITTIBIMBO, CHE VOLEVA DA SORGENIO DE BENEDETTI UNA MANO A COPRIRSI A SINISTRA, NEL PIENO DELLA DURA BATTAGLIA CON LA CAMUSSO SUL JOBS ACT 2. L’INGEGNERE HA CHIESTO A RENZI “QUALCOSA DI SINISTRA”. QUALCOSA PER I LAVORATORI? NO, UNA BELLA POLTRONA PER IL FIDO BOERI ALL’INPS. UNA COSA MOLTO DI SINISTRA 3. PITTIBIMBO DA NEO-DEMOCRISTIANO HA CHIESTO CHE BOERI DESSE “UN SEGNO DI AFFIDABILITÀ”, VISTO CHE IN PASSATO NON HA PERSO MAI UN’OCCASIONE PER ATTACCARLO 4. IL 20 DICEMBRE, IL SEGNO ARRIVA. IN UN EDITORIALE PER “REPUBBLICA” BOERI APPOGGIA IL JOBS ACT, NE CHIEDE LA RAPIDA IMPLEMENTAZIONE, ATTACCA I SINDACATI E CHIUDE DICENDO CHE “ORA IL NOSTRO PAESE PUÒ FARCELA A RIPARTIRE”. INTANTO È RIPARTITO LUI!
DAGOREPORT
Il segnale che Renzie voleva è arrivato sulle colonne di “Repubblica” proprio una manciata di giorni prima dell’ultimo consiglio dei ministri dell’anno. Ed è stato un segnale utile, perché ha portato alla nomina di Tito Boeri alla presidenza dell’Inps, non certo un esponente del “Giglio magico”, anzi. Ma com’è nata questa nomina che ha sorpreso un po’ tutti gli addetti ai lavori? E’ nata nelle segrete stanze, ma si è sviluppata su un giornale. Vediamo come.
Nelle settimane precedenti il Natale, in piena battaglia per l’approvazione del Jobs Act, Renzie era molto preoccupato di scoprirsi troppo sul fianco sinistro del proprio schieramento. Di passare per nemico dei lavoratori non gli andava proprio e poi c’era da far mancare in anticipo il terreno sotto i piedi a possibili scissionisti piddini. Per questo, in una conversazione con l’ottuagenario Carletto De Benedetti, il giovane premier ha chiesto la copertura del giornale-partito “Repubblica”.
Da bravo padrone del vapore, il Sor-Genio ha incassato con un sorriso benevolo la richiesta d’aiuto, ma ha subito domandato qualcosa in cambio, seppure con un minimo di eleganza. “Devi anche fare qualcosa di sinistra… – gli ha detto lesto – per esempio nominare uno come Boeri all’Inps”, riferendosi a Tito, l’economista che scrive per Repubblica e non è mai tenero con i governi, non capacitandosi di non essere il ministro dell’Economia.
Renzie è rimasto preso in contropiede e ha fatto notare a Cidibbì che Boeri lo ha attaccato varie volte. Lui non avrebbe avuto problemi di principio a nominarlo, ma si sarebbe atteso un segnale pubblico per avere la certezza che Boeri è un tipo affidabile.
Il segnale è arrivato a mezzo stampa il 20 dicembre scorso. Ed è stato un segnale di gran classe. Boeri non si è messo a tessere le lodi sperticate del Jobs Act o, peggio, di Renzie. Sarebbe stato goffo e volgare, con la sua nomina in arrivo “ad horas”. In un articolo intitolato “Perché i giovani si sentono beffati”, Boeri ha semplicemente dato per scontato che la riforma tanto cara a Renzi sia cosa buona e giusta, chiedendo che sia rapidamente accompagnata dai decreti delegati. Un vero pezzo di bravura.
E dopo aver duramente attaccato Cgil e Uil, ovvero i sindacati che si oppongono al premier spaccone, Boeri si lanciava in un’edita professione di ottimismo: “Il nostro Paese può farcela a ripartire (…) La riforma del lavoro potrebbe essere la prima vera riforma del Governo Renzi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione”.
Quattro giorni dopo Renzie non he perso l’occasione di nominare Boeri alla guida dell’ente previdenziale. Chissà quanto s’è divertito il Sor-Genio.
2. PERCHÉ I GIOVANI SI SENTONO BEFFATI (BOERI IN GINOCCHIO DA RENZI)
Tito Boeri per La Repubblica – Editoriale del 20 dicembre 2014
Sono state meno 15 per cento rispetto allo stesso mese di un anno prima, in cui si era in condizioni congiunturali ben peggiori. Presumibilmente i datori di lavoro aspettano ad assumere in attesa di capire cosa accadrà. Il governo ha chiesto e ottenuto dal Parlamento un'ampia delega per riformare il nostro mercato del lavoro e adesso ha il dovere di agire per eliminare questa ulteriore fonte di incertezza.
Dovrà varare nella prossima settimana i decreti attuativi se vuole che siano in vigore da metà gennaio, dando un mese di tempo al Parlamento per esprimere la propria opinione. L'augurio è che il consiglio dei Ministri di mercoledì prossimo vari i decreti più importanti: quelli su ammortizzatori sociali, contratto a tutele crescenti ed eliminazione dei contratti maggiormente precarizzanti.
Non possiamo permetterci un rinvio per non peggiorare ulteriormente la gravissima situazione occupazionale. Ma non possiamo neanche permetterci l'ennesima finta riforma, perché è nella ripresa del nostro mercato del lavoro che si giocano le prospettive di ripresa dell'economia italiana nel 2015.
Da troppo tempo i giovani nel nostro Paese vengono presi in giro. Abbiamo avuto 5 governi negli ultimi 7 anni che hanno promesso di «farla finita con il precariato giovanile » (governo Prodi), «dare priorità all'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro» (Berlusconi), «scommettere sui giovani» (Monti), «aiutare le aziende ad assumere i giovani» (Letta).
Da quando si sono spese queste nobili parole la disoccupazione giovanile è passata dal 20 per cento a quasi il 45 per cento. Adesso è il momento di agire. Se vogliamo una riforma vera, bisogna eliminare o fortemente scoraggiare l'utilizzo di contratti come le associazioni in partecipazione, i contratti a progetto o le collaborazioni coordinate e continuative per rapporti di lavoro alle dipendenze.
Il nuovo contratto a tutele crescenti non vuole nascere come un prolungamento di contratti precari. Contestualmente alla riforma dei contratti a tempo indeterminato per i nuovi assunti, bene perciò ridurre la durata massima dei contratti a tempo determinato (ad esempio da tre anni a due) e prevedere meno proroghe sullo stesso posto di lavoro di quanto previsto dal decreto Poletti.
Il nuovo contratto a tempo indeterminato dovrebbe partire fin da subito con tutele crescenti, senza periodo di prova. In principio, la conta dei mesi di esperienza sulla base dei quali si calcolano le compensazioni in caso di licenziamento dovrebbe partire dalla data di prima assunzione, contratto a tempo determinato incluso. Non vogliamo che tra co.co.pro, contratti a tempo determinato e periodo di prova, il giovane passi attraverso un cursus honorum ( forse meglio parlare di forche caudine) lungo sei anni.
E bene che le tutele crescano gradualmente con l'anzianità aziendale, evitando discontinuità che potrebbero spaventare i datori di lavoro, incoraggiandoli a interrompere un rapporto anche quando questo ha grandi potenzialità.
Oggi, come documentano anche recenti studi dell'Ocse, c'è un tappo alla crescita delle imprese attorno alla soglia dei 15 dipendenti e le imprese più grandi ricorrono maggiormente ai contratti temporanei delle imprese più piccole, alimentando così un turnover più elevato delle imprese minori.
Per togliere il tappo alla crescita dimensionale delle imprese e per ridurre l'abuso dei contratti temporanei, bene che tutti i lavoratori passino alla nuova normativa non appena l'impresa supera la soglia dei 15 addetti. Si avrà comunque un rafforzamento delle tutele dei lavoratori la cui impresa cresce e si darà un potente stimolo ai datori di lavoro ad aumentare il numero di dipendenti.
La riforma degli ammortizzatori si propone di estendere le tutele a chi oggi non è coperto. Vedremo se sarà così nei fatti, a partire dalle risorse messe a disposizione, dato che, di quelle elencate, è l'unica riforma che non sia a costo zero per le casse dello Stato.
Cgil e Uil ieri hanno minacciato di reagire alle tutele crescenti con delle "lotte crescenti". Ma cosa c'è di crescente dopo uno sciopero generale? La rivoluzione? Viene da chiedersi a vantaggio di chi vada questa radicalizzazione del sindacato. Rischia di concentrarsi sempre di più nel pubblico impiego e di abbandonare i giovani e il settore privato. I dati delle indagini campionarie questo ci dicono: negli ultimi 10 anni, il sindacato ha perso un iscritto su cinque fra chi ha meno di 35 anni, è diminuito del 15% al di fuori del pubblico impiego, rafforzandosi lievemente solo fra chi ha più di 65 anni.
Come si può pensare di reclutare fra chi non ha mai avuto diritto a un sussidio di disoccupazione e a una compensazione del proprio datore di lavoro, essendo stato di fatto licenziato fino 50 volte in meno di dieci anni? Come si fa a parlare di tutela di diritti a chi se li è visti sistematicamente calpestare in nome di quelli degli altri? Mentre lamenta la rottamazione dei diritti, il sindacato rischia di rottamarsi con le sue stesse mani. Sarà un caso, ma due segretari confederali su tre hanno cambiato mestiere negli ultimi mesi.
SUSANNA CAMUSSO BY VINCINO
fonte http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/nomina-tito-boeri-presidenza-dell-inps-nasce-parti-91673.htm
fonte http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/nomina-tito-boeri-presidenza-dell-inps-nasce-parti-91673.htm
Il nostro Paese può farcela a ripartire. Coi tassi di interesse a lungo termine attuali, scesi da tempo ai livelli degli Stati Uniti, sono soprattutto i problemi di natura strutturale, quelli legati al funzionamento del nostro mercato del lavoro in primis, che impediscono all'economia italiana di ripartire. La riforma del lavoro potrebbe essere la prima vera riforma del Governo Renzi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione, soprattutto ora che Spagna e Portogallo hanno cambiato i regimi di contrattazione, rendendoli più attrattivi per la grande impresa.
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