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sabato 10 novembre 2018

Il Lago di Garda



La natura predispone per certi luoghi la fama e l’immortalità.
Svilupparsi su di una lingua di terra che penetra profondamente un ambiente lacustre di eccezionale bellezza è ricevere il dono di un paesaggio unico e il destino di suscitare appetiti di conquista.
Questo è il fato della penisola di Sirmione e la fortezza merlata che ne sorveglia l’accesso e i ruderi di un’antica villa romana che ne punteggiano le estreme propaggini sono la traccia di un secolare afflato a carpirne la magia e i segni della sua strenua difesa.
La villa è quella celeberrima di Catullo, sommo poeta latino dall’animo delicato e nobile, insuperato cantore dell’amore, e la fortezza una delle tante espresse dalla potenza militare scaligera. Nel giungervi, dopo un lungo viaggio su per l’Italia e la ricca sistemazione in un albergo a ridosso della porta d’accesso del maniero, mi sorprese la sera. Pochi passi sull’acciottolato consunto e, da un piccolo slargo, scendevano vicoli al lago. Dall’acqua sorse l’incanto: una coppia di cigni emerse dalle tenebre e scivolò verso la riva, con un incedere maestoso, quasi a darmi il benvenuto. Che immagine fiabesca la mia prima immagine di Sirmione!
Poi, l’indomani, alla bellezza della sua gemma più fulgida si aggiunse quella della corona che l’ospitava: il Garda.
Più che lago, mare. Navi poderose ne solcano le onde al pari di frotte di surfisti e lo sguardo non riesce a contenere lo sviluppo tormentato delle sue sponde. Le acque, in lontananza, saturano l’orizzonte e oltre ci si può figurare l’infinito. Come infinito sembra il profilo del gigante che lo sovrasta: il monte Baldo. Osservare i suoi duemila metri, spesso coperti di neve, da Malcesine posta ai suoi piedi, è una vertigine.
La sinfonia della natura sembra completa quando l’uomo le fornisce lo strumento del suo genio: a Gardone Riviera c’è il Vittoriale di Gabriele D’Annunzio. Riduttivo chiamarlo casa; improprio definirlo museo; generico attribuirgli l’appellativo di tenuta di campagna. E’ piuttosto il sogno di un visionario, lo sbocco onirico di una pazzia, la poesia di un eroe guerriero e romantico. Il “Vate” fece collocare persino una nave nei giardini che contornano la residenza (Herzog ed il suo “Fitzcarraldo” non hanno inventato niente),la sua amata “Puglia”. E la sua tomba, svettante nel punto più alto del parco, padroneggia la vista come una sentinella.
Anche il mito si fa relitto al cospetto dell’ultimo viaggio.

Rosario Tiso




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