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mercoledì 18 luglio 2018

SANTA MARIA GLORIOSA DEI FRARI


Quel che fa di Venezia una città fuori dal comune, oltre alla particolare collocazione sull’acqua, è la presenza di svariati luoghi caratterizzati da una concentrazione di beni artistici che saturerebbero le collezioni d’arte d’intere altre città italiane e del mondo. E’ quel che andavo meditando varcando l’ingresso della chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Non si sa dove posare lo sguardo.
Certo, la risplendente e grandiosa opera del Tiziano, “L’Assunta”, domina la basilica e attira immediatamente l’attenzione del visitatore. Ma, prima di farsi rapire dalla perfezione del più grande dei pittori veneziani, occorre attraversare una sorta di galleria delle meraviglie. Cito, quasi a braccio, lo spettacolare coro lìgneo dei “Frari”, formato da tre ordini di posti, perfettamente conservato, l’incredibile “quinta” marmorea dello “Jubè” che campeggia in mezzo alla basilica e dà verticalità al già gotico impianto.
E poi, la “Madonna in trono col Bambino e Santi” di Giovanni Bellini, la “Madonna di Cà Pesaro” di Tiziano, svariati monumenti funebri dedicati ai dogi ivi sepolti, l’insieme scultoreo dedicato a Tiziano e ideato dagli alunni del Canova e, dulcis in fundo, il monumento tombale che ospita le spoglie del Canova.
In realtà il “maestro” aveva ideato una piramide marmorea neoclassica in onore di Tiziano Vecellio ma sopraggiunse la morte ed i suoi allievi pensarono di terminare il suo progetto per ospitare le sue stesse spoglie.
Il risultato è un capolavoro assoluto per intensità, modernità, impatto scenico.
Una processione dolorosa si approssima ad una piramide con una porta socchiusa a simboleggiare il mistero del trapasso. L’impatto risulta emotivamente pungente, come pure la figura velata di notevole drammaticità che guida il corteo recante un’urna con le ceneri del trapassato .
Dopo aver contemplato il monumento a Canova, tutte le splendide realizzazioni residue presenti nel complesso architettonico dei Frari le ho solo sfiorate con lo sguardo, in uno stato di trasognato abbandono.

Rosario Tiso





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