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giovedì 29 dicembre 2016

Perché "l'operazione Papa Francesco" è la più grande presa in giro degli ultimi tre anni

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Inutile negarlo: Papa Bergoglio è riuscito a sedurre almeno per cinque secondi anche il più accanito anticlericale. Sarà perché chiunque avrebbe potuto battere in empatia Papa Ratzinger, sta di fatto che la figura di Bergoglio, con le sue scelte estetiche low profile e il carisma, è stata immediatamente salutata come portatrice di cambiamento praticamente da chiunque.
Nella famosa intervista pubblicata a settembre del 2013 su Civiltà Cattolica, Bergoglio evocava l'immagine della Chiesa come "ospedale da campo" e predicava misericordia per gay e divorziati, fino ad ammettere di non essere "mai stato di destra" e invocare riforme urgenti—la prima delle quali "quella dell'atteggiamento."

Queste dichiarazioni effettivamente senza precedenti nella storia del clero fecero guadagnare al Pontefice una centralità nei media di tutto il mondo, oltre che l'appoggio di politici, intellettuali, personaggi del mondo dello spettacolo e laici, suggerendo ai governi del mondo tematiche che tradizionalmente la Chiesa non sembrava contemplare. L'apice di questa tendenza è rappresentato forse dalla cover del Time che lo elesse personaggio dell'anno, colui che—secondo la direttrice Gibbs—"in meno di un anno [...] ha fatto una cosa notevole: non ha cambiato solo le parole, ha cambiato la musica." 
Non c'è che dire, un duro colpo per tutti quelli che, come chi scrive, ritengono le religioni un fatto umano scientificamente riconducibile a lacune intellettive e culturaliMa al di là delle personali convinzioni spirituali è legittimo chiedersi se questo pontefice rappresenti una reale inversione di tendenza rispetto ai gravissimi scandali (sessuali, finanziari e politici) del Vaticano. Oppure, se dietro alle mosse da entertainer, l'immagine coordinata sbarazzina e il relativo merchandising, questo papato non sia l'incarnazione seducente di tutta l'ambiguità del cattolicesimo. 

Tali contraddizioni, zone grigie, atteggiamenti schizofrenici e paraculate si sono particolarmente acuite negli ultimi mesi, in un'escalation dettata dalla frenetica agenda del pontefice: dalla sua tournée statunitense al pressing sulla politica italiana ed estera in vista del Sinodo della Famiglia, alle "mani sulla città" per il Giubileo Straordinario voluto da Bergoglio. Ma vediamo più da vicino alcune di queste contraddizioni. 

LE AMERICHE E IL COMUNISMO
Nell'ultimo anno Papa Francesco ha visitato incessantemente le Americhe, e amplificate dai media di tutto il mondo, le sue esclamazioni ogni volta vengono riportate come"rivoluzionarie". Al parlamento degli Stati Uniti lo scorso 23 settembre dichiarava:"Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta erano stranieri." Vero. 

Peccato però che nemmeno una settimana dopo questa dichiarazione che fece commuovere tutti i Bergoglio's enthusiasts, e costretto i vari capi di stato a fingere per qualche ora di riconsiderare più sensibilmente il problema della migrazione, Papa Bergoglio canonizzava il missionario spagnolo Junipero Serra. Che proprio in California attuò un vero e proprio genocidio umano e culturale di nativi americani a partire dal 1769, costringendo gli indiani alla conversione forzata, vestendoli con uniformi blu e impiegandoli nelle missioni come schiavi fino a cancellare la loro identità culturale. 

Lo scorso luglio, in Bolivia, Bergoglio si scagliò contro il capitalismo, definendo il denaro come "sterco del demonio." Ecco, questo aspetto narrativo che accompagna Papa Bergoglio, che più volte è stato definito come un papa di sinistra, "francescanamente" vicino ai poveri, è una delle più grandi operazioni di camouflage compiute sul pontefice. 

Bolivian president, Evo Morales, gives Pope politically charged gifts(video)

In uno dei tanti scambi di cortesie tra governanti, Papa Francesco in visita in Bolivia haricevuto dalle mani del premier Evo Morales un bizzarro crocifisso a forma di falce e martello, forse uno degli oggetti più raccapriccianti della storia. L'orrore nello sguardo del papa ha segnato uno dei momenti più comici della carriera del pontefice, eppure anche quel momento è stato trasformato in un'arrampicata sugli specchi per ricondurre il dono alla figura di Luis Espinal Camps, missionario e intellettuale gesuita che ideò quel crocifisso marxista proprio in Bolivia, dove fu assassinato nel 1980 dalle squadre della morte dell'ex-dittatore Luis García Meza Tejada. 

Se da un lato il racconto mediatico di Bergoglio sembra costellato di "aperture" politiche verso storiche contrapposizioni politiche e culturali della Chiesa, come nel recente incontro con Fidel Castro (ormai talmente rimbambito da ventilare una conversione al cattolicesimo), le azioni politiche del pontefice dimostrano una realtà ben diversa. Sempre per restare in Sud America, da più di un mese in Cile hanno preso corpo le accuse verso Papa Bergoglio per le sue dichiarazioni in spagnolo in riferimento a una precisa udienza in Vaticano del maggio scorso. Bergoglio ha difeso, con parole insofferenti verso i reporter, la nomina del cileno Juan Barros Madrid in qualità di vescovo di Osorno. Le accuse non vertono tanto sul fatto che Barros Madrid sia stato il monsignore che officiò privatamente i funerali del dittatore cileno Augusto Pinochet, ma sull'insabbiamento delle attività del prete pedofilo e amico Fernando Karadima. 

Nonostante molti fedeli cileni abbiano denunciato anche attraverso una rappresentanza di una ventina di parlamentari la questione a Papa Bergoglio, questo ha risposto ai giornalisti dicendo che la Chiesa "ha perso la sua libertà, lasciandosi riempire la testa dai politici e accusando un vescovo senza avere nessuna prova" e "pensate con la testa e non vi lasciate prendere per il naso da tutti i sinistrorsi che hanno messo in piedi questa cosa." Fin dai primi momenti del suo insediamento, del resto, Bergoglio si è impiegato anche per mitizzare la figura di Carol Wojtyla, il papa più ferocemente anticomunista della storia (tanto da appoggiare dittature di destra) e tragicamente legato all'aspra battaglia verso l'uso dei preservativi nel momento storico di massima pandemia da AIDS. 

IL CASO DAVIS, MATRIMONI GAY E GENDER
Il caso Davis fornisce un altro spunto importante per capire questa schizofrenia. Kim Davis è la cinquantenne funzionaria della contea di Rowan nel Kentucky, finita in carcere lo scorso settembre per essersi rifiutata di applicare la legge sull'ufficializzazione di alcuni matrimoni tra membri dello stesso sesso dopo la storica sentenza. In quanto funzionario la Davis ha continuato a respingere l'ordine della corte suprema e a negare la licenza di matrimonio replicando come un disco rotto che le sue azioni rispondevano soltanto "all'autorità divina." 
Kim Davis.
Se il caso fosse finito qui ce ne saremmo dimenticati subito, liquidando la funzionaria come una delle tante invasate redneck che popolano la cosiddetta Bible Belt. E invece è proprio la visita pastorale di Bergoglio negli Stati Uniti a dare nuova vita a questa triste storia, perché in un meeting privato all'ambasciata Vaticana a Washington il Papa ha incontrato alcune persone, tra cui Kim Davis. Non appena i media americani sono venuti a conoscenza dell'incontro hanno iniziato a porre interrogativi sulle motivazioni e l'opportunità spirituale e politica di quella visita privata, tentando ricostruzioni verosimili, tra dichiarazioni della donna e smentite del Vaticano. 

Dato che non esistono testimonianze audio e video dell'incontro, le uniche valutazioni politiche che possiamo trarre risiedono nelle conseguenze visibili a tutti: da un lato con Kim Davis che subito dopo la scarcerazione ha tesaurizzato l'incontro privato con Bergoglio utilizzandolo come un potente endorsement da spendere in vista delle future primarie repubblicane. Dall'altro con Bergoglio e la Santa Sede che, dopo aver balbettato delle dichiarazioni per smarcarsi da un ipotetico appoggio, hanno ambiguamente tirato in ballo l'obiezione di coscienza come un "diritto".

Il portavoce ha minimizzato dicendo che Papa Bergoglio incontra tutti, senza pregiudizi. Eppure, nel suo recente viaggio a Cuba il pontefice negò questa possibilità ai dissidenti del governo, che probabilmente sarebbero stati più importanti sul piano simbolico dell'incontro con una funzionaria del Kentucky che ha negato nell'esercizio delle sue funzioni i diritti civili ad altri cittadini.
Il caso Davis è anche un ottimo esempio per capire come funziona la macchina mediatica di Bergoglio, e in questo senso è importante fare attenzione alla cronologia degli eventi. Come accennato sopra il caso Davis ha immediatamente suscitato indignazione oltreoceano, sui media e grazie anche alla voce di rappresentanti della cultura e del mondo LGBT. Nel nostro paese il fatto è stato pressoché totalmente ignorato dai media tradizionali e tardivamente pubblicato quando, grazie anche al clamoroso coming out del prete e teologo polacco Krzysztof Charamsa non si è resa necessaria una reazione da parte del Vaticano. 

È qui che Papa Bergoglio, alla mago Silvan, ha prontamente tirato fuori dal cilindro un coniglio bianco. Due in realtà; una coppia di uomini gay, Yayo Grassi e il suo partner Iwan Bagus. Il primo è un amico argentino ed ex studente del Pontefice, che ha dichiarato alla CNN di aver personalmente preso accordi con Bergoglio via mail per fissare questo incontro privato a Washington. Attenzione però, perché a questo punto è importante rileggere le dichiarazioni del portavoce del pontefice che, nel pieno della bufera del caso Davis, per smarcare il Papa dalla responsabilità di quell'incontro disse in una nota ufficiale: "L'unica 'udienza' concessa dal Papa presso la Nunziatura è stata ad un suo antico alunno con la sua famiglia." Questa dichiarazione è stata rilasciata ovviamente prima della rivelazione che tale famiglia fosse omosessuale, creando un paradosso e alimentando le ambiguità di questo papato su apparenti aperture subito accompagnate da rocambolesche inversioni a U. 

Non sono tra i fan di Krzysztof Charamsa, né del suo coming out. È sintomatica però la reazione immediata del Vaticano, che ha istantaneamente condannato Charamsa e lo ha sollevato dai suoi incarichi. È importante sottolineare questo fatto perché lo stesso Vaticano è diversamente tollerante: garantista con chi, tra i suoi funzionari e rappresentanti, si è macchiato di crimini reali oppure ha rilasciato dichiarazioni deprecabili dalla giustificazione del femminicidio a quello della pedofilia, fino alla comparazione tra omosessualità e ISIS. In questi casi, chi ha pronunciato tali frasi non ha subito sostanziali sanzioni da parte della chiesa. 

Se queste e molte altre esternazioni vengono poi sminuite dai media, ridimensionate a semplici misunderstanding e comunque non appoggiate come posizione ufficiale dal Vaticano, è bene ricordare che le parole del Pontefice non sono meno terroristiche, come quando lo scorso febbraio equiparò la richiesta di diritti per gli individui transgender alle armi nucleari, sostanzialmente negando con questa formula il diritto di esistere a ogni transessuale.

LA VIE EN ROSE (for the POPE) -MADONNA: REBEL HEART TOUR 9.24.15

Dopo tali dichiarazioni viene da domandarsi come la società civile e soprattutto gli esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo possano continuare a dirsi fan entusiasti del Pontefice. Due esempi: la cantante Madonna, la quale gli ha addirittura dedicato un brano del suo concerto di Filadelfia dello scorso settembre, sostenendo che Bergoglio è un Papaopen-minded che va contro le regole, e il secondo ancor più recente con lo stilista Riccardo Tisci, che in uno degli ultimi numeri di Marie Claire Italia ha espresso il desiderio di voler vestire Papa Francesco. Un fatto strano per il designer italiano, che oltre per il suo indiscutibile talento si è affermato mediaticamente anche per aver promosso attraverso sfilate e campagne modelle transgender.

Dov'è finito dunque il Papa del dialogo, rivoluzionario, millennial e al passo con i tempi? Non è mai esistito. E bisogna a questo punto registrare come proprio il mondo omosessuale è stato il primo ad abboccare all'esca prendendo superficialmente uno dei primissimi statement di Bergoglio—la sua famosa dichiarazione "Chi sono io per giudicare un gay che vuole avvicinarsi a Dio"—come uno dei tanti specchietti per allodole che costellano il suo papato. 

La questione sessuale, il gender e i matrimoni gay continuano a essere l'ossessione principale del mondo cattolico. Ancora oggi la posizione ufficiale della chiesa è di considerare l'omosessualità come l' espressione di un disordine morale intrinseco, quando la scienza da più di 30 anni sostiene altrimenti. E se in paesi molto cattolici come la Spagna, il diritto alle unioni omosessuali è realtà già da tempo, in Italia l'azione intimidatoria del Vaticano trova un interlocutore perfetto con la politica nostrana. 

BERGOGLIO E LA POLITICA
Negli ultimi giorni abbiamo assistito a uno dei più clamorosi casi d'interferenza da parte del Vaticano nella politica italiana. Come è ormai noto, sul volo di ritorno dal suo viaggio negli Stati Uniti Bergoglio ha risposto alla domanda di un giornalista sulla presenza del sindaco di Roma Ignazio Marino alla sua conferenza di Filadelfia, scaricato senza alcuna diplomazia. 

Lungi da me tratteggiare qualsiasi teoria complottistica, ma appare evidente l'insofferenza del Vaticano verso questa amministrazione, in parte da ricondursi alle posizioni di apertura "reale" di Marino alla coppie omosessuali. 

Di recente, a poche ore dalla definizione del Sinodo come "non un Parlamento, ma un'espressione ecclesiale che legge la realtà con il cuore," Bergoglio e tutto il potenziale bellico degli organi d'informazione vaticana avevano del resto manifestato il desiderio di una"svolta politica" per la città di Roma, dopo aver appoggiato la precedente amministrazione romana del sindaco Alemanno. E ancora: ci sono articoli come quello dell'Osservatore Romano, che così descrive Roma: "La capitale, a meno di due mesi dall'inizio del Giubileo, ha la certezza solo delle proprie macerie." Non male, visto che una buona porzione degli immobili di Roma appartiene al Vaticano, che non paga alcuna IMU. 

Prendendo per vere e ponderate tutte queste critiche al comune di Roma, appare ancora più sconsiderato e irresponsabile il coup de théâtre del Giubileo Straordinario—un evento che prevede di attrarre 25 milioni di persone senza essere stato adeguatamente concertato con lo stato e la città che ospita il Vaticano.
Tutte queste contraddizioni, finte aperture e paradossi sono i sintomi inequivocabili di un'istituzione che ha pensato di rispondere ai propri scandali interni e alla crisi di fedeli nel mondo non con una vera riflessione sull'identità e sulla missione della Chiesa in questo millennio, ma con un'operazione di rebranding che trova in Papa Francesco il testimonial ideale. 

L'ultimo esempio risale a poche ore fa, quando Bergoglio ha nuovamente accentrato l'attenzione dei media pronunciando pubblicamente queste parole: "Oggi, in nome della Chiesa, io vi chiedo perdono per gli scandali che sono accaduti recentemente sia a Roma che in Vaticano." Fare ammenda davanti alla solita folla di fedeli che suggella con un applauso scrosciante il "perdono" mediatico è uno dei trucchi più collaudati del Papa, che non entra mai nel merito di quali scandali.

Il solito portavoce Federico Lombardi ha poi dovuto tergiversare sulle parole del Papa, non chiarendo quali fatti il Papa volesse espiare, ma semplicemente spiegando il desiderio di Francesco di "voler raggiungere la gente comune, turbata e addolorata quando legge degli scandali causati dalla Chiesa e dai suoi uomini." 

Eppure, gli scandali dai contorni precisi non mancano. Il più recente è il caso scoppiato attorno alla nomina del nuovo ambasciatore francese presso la Santa Sede, il cattolico Laurent Stefanini, che il Vaticano non vuole accettare perché gay dichiarato.

Messi tutti insieme, questi elementi insegnano una cosa soltanto: a queste ingerenze di una monarchia assoluta quale quella del Vaticano non si può rispondere sul piano astratto della spiritualità e dell'etica, ma su quello concreto delle leggi che governano gli stati democratici.
Riccardo Conti  
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