<< … La crisi va risolta all’insegna di decisioni chiare e in tempi brevi… sono possibili soltanto governi che ottengano la fiducia del Parlamento, in base a valutazioni e accordi politici dei Gruppi parlamentari, su un programma per governare il Paese…. Il ricorso agli elettori è tuttavia necessario qualora il Parlamento non sia in condizione di esprimere una maggioranza di Governo>> . Così parlò Mattarella. Che è stato di una chiarezza disarmante. Ai parlamentari che temono le elezioni, perché rischiano di perdere la poltrona, ha dettato le sue condizioni: o fate ciò che ordino o sciolgo le Camere. Con tanto di ultimatum: << Svolgerò quindi nuove consultazioni, che inizieranno nella giornata di martedì prossimo, per trarre le conclusioni e per assumere le decisioni necessarie >>. Mattarella si è rivolto ai cittadini come un sovrano dell’Ottocento che fa dono di una costituzione ai sudditi: << In mancanza di queste condizioni la strada da percorrere è quella di nuove elezioni. Si tratta di una decisione da non assumere alla leggera, dopo poco più di un anno di vita della legislatura, mentre la Costituzione prevede che gli elettori vengono chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni >>. Ci si avvia quindi verso un governo del Presidente.
I retroscena delle consultazioni
L’idea di un governo del Presidente, mascherato da governo tecnico, nacque nel maggio 2018, quando Mattarella, dopo aver letto il programma di governo gialloverde e la lista dei ministri, tolse l’incarico a Conte e lo conferì a Cottarelli. Allora, però, c’era un accordo tra due partiti che avevano i numeri parlamentari per governare. Si trovò un compromesso, nel quale il Presidente impose la nomina di uomini di sua fiducia alle Finanze e agli Esteri. Questa soluzione garantiva che le risorse finanziarie per attuare le promesse del patto di governo non sarebbero state trovate e che l'opposizione ai dicktat dell'UE non avrebbe raggiunto le sedi competenti, ma sarebbe rimasto uno sterile argomento della polemica politica ad uso interno. Tanto per chiarirci, la Costituzione non assegna alcun potere al Presidente della Repubblica in tema di conti pubblici e politica estera: se il Parlamento approva una manovra di bilancio o un trattato internazionale proposto dal Governo, il Presidente è obbligato a firmarlo anche se non lo condivide. A meno che non violino i principi costituzionali.
Nelle consultazioni di questi giorni i rapporti di potere sono però profondamente cambiati: Mattarella, questo dinosauro democristiano sopravvissuto all'estinzione, ha chiarito che non darà tempo a Di Maio e Zingaretti per fare un patto di governo: tutt'al più a una ripartizione delle poltrone. Fermo restando la pretesa di aggiungere alle proprie presunte prerogative - Finanze ed Esteri - anche la scelta del Presidente del Consiglio. In pratica il Presidente intende dettare la linea all'esecutivo, manovrando dietro le quinte, e ridurre i deputati, che rappresentano il popolo sovrano, a semplici spettatori che applaudono. Questa sarebbe un'ulteriore lesione del potere esecutivo, in capo al Governo, e del potere legislativo, in capo alle Camere. Nel silenzio dei media e della politica, Mattarella sta attuando un vero e proprio colpo di stato.
Stando alle voci che girano, il nuovo governo dovrebbe un governo di transizione, o di decantazione, come si dice oggi, per arrivare al voto a novembre. Obbiettivo minimo: impedire a Salvini di fare campagna elettorale dalla poltrona del Viminale. Tuttavia, già in settembre, i partiti potrebbero chiedere al governo di fare una manovra finanziaria per mettere a posto i conti dello Stato, come si dice in questi casi. È un tasto sensibile per Sua Maestà Mattarella: - ricordate la lunga filippica del 27 maggio 2018 sui risparmi degli italiani da proteggere dalle speculazioni dei mercati? Fu con quella motivazione che Mattarella revocò a Conte l’incarico di formare il governo per darlo a Cottarelli. Chiaramente, se il governo di decantazione si occupasse anche della manovra finanziaria, le elezioni slitterebbero a gennaio del 2020. Nel frattempo qualcuno potrebbe cercare di guadagnare altro tempo, mettendo sul tavolo quelle riforme costituzionali che non si faranno mai. È un’idea cara al M5S e che trova consensi anche nel PD. E allora il Parlamento si troverebbe impegnato a legiferare fino alla fine del 2020. Per quella data i numeri dei sondaggi potrebbero essere molto diversi da quelli di oggi. E potrebbero anche formarsi nuovi equilibri in parlamento, che potrebbero dar vita, per esempio, a un governo di Centrodestra guidato da un uomo di fiducia di Berlusconi col sostegno esterno di un nuovo partito, fondato da Renzi. Oppure a un governo guidato da una personalità della Sinistra, sostenuto da PD, LEU e una nutrita pattuglia di fuoriusciti del M5S, che potrebbe governare grazie alla desistenza di Forza Italia. Si farà di tutto per prolungare la legislatura. Ma fino a quando?
Nelle consultazioni di questi giorni i rapporti di potere sono però profondamente cambiati: Mattarella, questo dinosauro democristiano sopravvissuto all'estinzione, ha chiarito che non darà tempo a Di Maio e Zingaretti per fare un patto di governo: tutt'al più a una ripartizione delle poltrone. Fermo restando la pretesa di aggiungere alle proprie presunte prerogative - Finanze ed Esteri - anche la scelta del Presidente del Consiglio. In pratica il Presidente intende dettare la linea all'esecutivo, manovrando dietro le quinte, e ridurre i deputati, che rappresentano il popolo sovrano, a semplici spettatori che applaudono. Questa sarebbe un'ulteriore lesione del potere esecutivo, in capo al Governo, e del potere legislativo, in capo alle Camere. Nel silenzio dei media e della politica, Mattarella sta attuando un vero e proprio colpo di stato.
Stando alle voci che girano, il nuovo governo dovrebbe un governo di transizione, o di decantazione, come si dice oggi, per arrivare al voto a novembre. Obbiettivo minimo: impedire a Salvini di fare campagna elettorale dalla poltrona del Viminale. Tuttavia, già in settembre, i partiti potrebbero chiedere al governo di fare una manovra finanziaria per mettere a posto i conti dello Stato, come si dice in questi casi. È un tasto sensibile per Sua Maestà Mattarella: - ricordate la lunga filippica del 27 maggio 2018 sui risparmi degli italiani da proteggere dalle speculazioni dei mercati? Fu con quella motivazione che Mattarella revocò a Conte l’incarico di formare il governo per darlo a Cottarelli. Chiaramente, se il governo di decantazione si occupasse anche della manovra finanziaria, le elezioni slitterebbero a gennaio del 2020. Nel frattempo qualcuno potrebbe cercare di guadagnare altro tempo, mettendo sul tavolo quelle riforme costituzionali che non si faranno mai. È un’idea cara al M5S e che trova consensi anche nel PD. E allora il Parlamento si troverebbe impegnato a legiferare fino alla fine del 2020. Per quella data i numeri dei sondaggi potrebbero essere molto diversi da quelli di oggi. E potrebbero anche formarsi nuovi equilibri in parlamento, che potrebbero dar vita, per esempio, a un governo di Centrodestra guidato da un uomo di fiducia di Berlusconi col sostegno esterno di un nuovo partito, fondato da Renzi. Oppure a un governo guidato da una personalità della Sinistra, sostenuto da PD, LEU e una nutrita pattuglia di fuoriusciti del M5S, che potrebbe governare grazie alla desistenza di Forza Italia. Si farà di tutto per prolungare la legislatura. Ma fino a quando?
Due sole date sono certe: il 2 febbraio 2022 scadrà il mandato presidenziale di Mattarella e nel 2023 il mandato di Visco alla presidenza della Banca d’Italia. Se si andasse a votare oggi, Lega e Fratelli d’Italia otterrebbero tra il 60% e il 70% dei seggi parlamentari. Abbastanza per eleggersi da soli i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio. Abbastanza per nominare un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura. Abbastanza persino per riformare la Costituzione senza bisogno di un referendum. Riuscite a immaginare Salvini presidente della Repubblica (e capo del CSM)? Giorgetti presidente del Consiglio? La Meloni agli Interni? E Savona alla guida della Banca d’Italia? Sarebbe un terremoto istituzionale! Se però l’attuale legislatura si prolungasse fino a gennaio 2022, i parlamentari, riconoscenti, potrebbero offrire a Mattarella, Padre della Patria, un secondo mandato, come lo offrirono a Napolitano. Mattarella, forse, ci sta facendo un pensierino?
Appare chiaro, almeno con il senno di poi, che il leader leghista si è fregato da solo. Il suo errore è stato di credere, sondaggi alla mano, di poter cambiare l’Italia senza l’aiuto di scomodi alleati e di poterla forgiare a sua immagine e somiglianza. Lo hanno spinto in questa avventura i falchi del suo partito, come Giorgetti, che non sono autentici salviniani, ma uomini di Maroni e quindi filo-berlusconiani. Salvini è stato incoraggiato dai facili successi che la Sinistra gli ha concesso a fare il passo più lungo della gamba. Provocando la crisi di governo, Salvini credeva di andare a elezioni immediate, che invece Mattarella non ha nessuna intenzione di concedere.
Il ruolo del Deep State
Per il ruolo di capo del governo si fanno i nomi del già citato Cottarelli, ex dipendente del Fondo Mondo Monetario Internazionale ed ex commissario alla Spending Review del governo Letta; di Marta Cartabia, vicepresidente della Corte Costituzionale; di Giovannini, ex economista OCSE e ministro del Lavoro nel governo Letta; e di Massimo Brai, ministro dei Beni Culturali del governo Letta, fedelissimo di D’Alema. Tre nomi su quattro sono dirigenti apicali della burocrazia statale e due di loro sono conosciuti nel mondo dell’alta finanza, un’altra è un’esponente di spicco della magistratura. Tali erano anche i curriculum dei due ministri che Mattarella impose a Salvini e Di Maio come partner di governo: Giovanni Tria alle Finanze e Moavero Milanese agli Esteri. Appare chiara la predilezione di Mattarella per gli alti burocrati dello Stato, che formano il Deep State.
Per Deep State o “Stato profondo” – ma sarebbe meglio dire “Stato nello Stato” – si intende “una situazione politica in cui un organo interno allo stato… non risponde alla leadership politica civile”, ma agisce come un gruppo di potere indipendente, al di sopra delle leggi. Sul Deep State Salvini era stato messo in guardia da Giampaolo Pansa il 19 settembre 2018: << nessuno convocherà le elezioni… qui si rischia una svolta militare nel Paese, perché chi ha le armi, che sono l’esercito, i carabinieri, la guardia di finanza, che fa? Sta a guardare che il Palazzo gli crolli in testa? No, interverrà! È una legge della vita. È una legge della giungla… Pensate che una parte degli italiani, che ha la possibilità di farlo, non cerchi di buttare via questo governo? Di sostituirlo? [Lo stato di diritto, le leggi, la democrazia] sono tutte cose fragili, se non c’è qualcuno che le controlla… Noi ci illudiamo che tutto avvenga secondo le norme della democrazia parlamentare… >>. Questo Deep State si è opposto in tutti i modi a Salvini. Ad esempio facendo circolare notizie false e tendenziose sui contenuti della manovra finanziaria per provocare attacchi speculativi sui titoli di stato. Giocando di sponda con i burocrati del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e dell'ONU per inchiodare il governo sul debito pubblico e sui diritti umani. Disapplicando i decreti anti-immigrazione con alcune sentenze della magistratura. Raccogliendo i profughi in mare con le navi della Marina Militare. Poi il Deep State ha alzato il tiro: l’avviso di garanzia per sequestro di persona ai danni dei profughi della nave Diciotti, lo scandalo fabbricato ad arte del Russia-gate in salsa padana. Se Salvini non fosse stato stordito da un colpo di sole sulle infuocate dune del Papete Beach, c’è da giurare che Mattarella e il Deep State avrebbero trovato un altro modo per far cadere il governo e isolare Salvini all’interno del Parlamento.
Bisogna ora ricordare che, in caso di elezioni anticipate, oltre ai deputati di Forza Italia, M5S e LEU, che non saranno rieletti, e ai deputati renziani, che non saranno ricandidati da Zingaretti, c’è tutta una casta di manager pubblici, che rischia grosso. Infatti nell’estate del 2014 Renzi, d’intesa con Berlusconi, nominò i vertici delle società partecipate dallo Stato, tra i quali colossi mondiali come ENI e Finmeccanica, ma anche Enel, Terna, Ansaldo Energia e Poste Italiane. Sono in scadenza di mandato anche i vertici dell’INPS, dell’Agenzia per le Comunicazioni e il ruolo di garante per la Privacy. Se si votasse oggi, Salvini metterebbe uomini di sua fiducia in tutti questi posti di potere. Sarebbe la fine di un sistema consociativo, che il filosofo Massimo Cacciari descrive così: << è il Sistema ed essere corrotto… Il Sistema non funziona. Non funziona il sistema di nomine dell’ASL, il sistema dei concorsi universitari, nulla funziona in questo paese! È il sistema tecnico-amministrativo-burocratico che è in tilt totale. Qualche delinquente… non fa male. Fa male quando il Sistema è a pezzi. E tutti i governi che si sono succeduti finora, invece che affrontare queste questioni di riforme tecnico, amministrative, burocratiche, ecc., sono partite dal top: Senato, Camera, riforma della Costituzione, incasinando tutto ulteriormente anche a quel livello. E fintanto che non capiamo questo, continueremo a inseguire la cronaca (giudiziaria)… >>.
Mattarella si erge a difensore della struttura tecnico-burocratica dello Stato, il Deep State, che ha in mano il vero potere nel Paese, e a salvare dal naufragio i politicanti della Seconda Repubblica, che quella struttura hanno creato, pilotando le nomine e i concorsi. In tutto questo mi dispiace profondamente vedere i pentastellati tra coloro che si agitano per salvare la poltrona. Rischiano così di trovarsi sulla stessa barricata di coloro che combattono il cambiamento in nome del consociativismo. O forse ci sono già. E' lo spietato destino di coloro che fanno politica in Italia, dove tutto cambia per rimanere uguale a prima.
Mattarella si erge a difensore della struttura tecnico-burocratica dello Stato, il Deep State, che ha in mano il vero potere nel Paese, e a salvare dal naufragio i politicanti della Seconda Repubblica, che quella struttura hanno creato, pilotando le nomine e i concorsi. In tutto questo mi dispiace profondamente vedere i pentastellati tra coloro che si agitano per salvare la poltrona. Rischiano così di trovarsi sulla stessa barricata di coloro che combattono il cambiamento in nome del consociativismo. O forse ci sono già. E' lo spietato destino di coloro che fanno politica in Italia, dove tutto cambia per rimanere uguale a prima.
Enrico Montermini, 22.08.2019