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giovedì 7 luglio 2016

DAL WAHABISMO DI IERI AL TERRORISMO DI OGGI

Ogni volta che gli Stati Uniti ritengono che vi sia un pericolo per i loro interessi in Medio Oriente, fanno muovere i soldi e l’ideologia saudita-wahabita come propria avanguardia nel mondo musulmano.

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Dal wahabismo di ieri al terrorismo di oggi
Muhammad ibn Abd al-Wahab, nasce nei primi del 1700 nella parte centrale della Penisola araba (Najd). Studioso di formazione hanbalita (da Ahmad ibn-Hanbal, fondatore nell’ottavo secolo d. C. di una prestigiosa scuola dell’Islam sunnita), reinterpreta la corrente hanbalita in senso letteralista, lasciando poco spazio all’interpretazione delle fonti sacre dell’Islam, Corano e ahadith. Al-Wahab critica le innovazioni e l’interpretazione giuridica, e vuole un ritorno alla purezza originaria dell’Islam del VII secolo. La sua dottrina contesta particolarmente le scuole islamiche minoritarie, soprattutto sufi e sciiti, criticando alcuni aspetti, come il culto dei santi e lo studio di materie quali la filosofia e la metafisica, questioni reputate blasfeme e deviazioniste rispetto al puro monoteismo islamico. Al-Wahab però non era nuovo a tali atteggiamenti nel mondo islamico, infatti molti studioso ricollegano la dottrina da lui fondata, il wahabismo appunto, a intellettuali musulmani dei secoli precedenti, come il padre ideologico dei puritani moderni, ovvero Ibn Taimyya, morto a Damasco nel 1328, anch’egli di scuola musulmana sunnita hanbalita.
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L’Emirato del Najd, nell’Arabia centrale, fu il Primo Stato Saudita, con capitale Diriya, nei pressi dell’odierna Ryadh. Esso venne proclamato nel 1744 quando Muhammad ibn Abd al-Wahab ed il principe Muhammad ibn Saud (antenato degli attuali regnanti dell’Arabia, ribattezzata proprio per questo “Saudita”, da Saud) crearono un’alleanza per costituire un’entità politica e religiosa allo scopo di ripulire la penisola Arabica da pratiche eretiche e deviazioni dall’ortodossia dell’Islam. Tale alleanza fu la base della manifestazione, non solo a livello teorico-ideologico-religioso, ma anche a livello pratico-politico-giuridico del wahabismo su ampia scala. Pratiche come il pellegrinaggio alle tombe dei santi o altri riti giudicati paganeggianti e oltraggiosi nei confronti del puro monoteismo furono abolite o comunque drasticamente ridotte. Il matrimonio fra il figlio di ibn Saud, Abdul Aziz Ibn Mohammed Ibn Saud, e la figlia del teologo ibn al-Wahab contribuì a suggellare il patto tra le loro famiglie. Per cui il wahabismo ha nella famiglia al-Saud, storicamente, il suo braccio armato secolare.
Dopo molte campagne militari grazie alle quali l’Emirato saudita si espanse, estendendosi notevolmente, ibn Saud morì nel 1765, lasciando la leadership a suo figlio, Abdul Aziz Bin Muhammad. Le forze della famiglia Saud si spinsero fino a prendere il comando degli sciiti nella città santa di Karbala (Iraq meridionale) nel 1801. Qui distrussero mausolei e luoghi sacri degli sciiti, giudicandoli blasfemi e manifestazioni di culti in contrasto con l’Islam puritano. L’espansionismo saudita mise insieme un esercito per portare la regione della Hejaz (Arabia occidentale) sotto il proprio governo. Taif fu la prima città ad essere conquistata, e successivamente caddero le città sante di Mecca e Medina. Queste azioni furono viste come una sfida dalle autorità dell’Impero Ottomano, che aveva esercitato il potere in questa zona sin dal XVI secolo. L’attacco frontale del wahabismo non era quindi diretto solo contro le correnti minoritarie dell’Islam, ma anche contro l’allora massima autorità politica dell’Islam sunnita, il Sultano Ottomano appunto. Non è un caso quindi che il wahabismo non solo volle distruggere i luoghi santi dell’Islam sciita, ma promosse la distruzione anche dei luoghi simbolo dell’Islam in generale, come alcuni edifici costruiti dai musulmani del VII secolo, in palese contraddizione con la pretesa wahabita di ritorno alle origini dell’Islam.
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I paesi in alto Iran, Libano ecc sono di maggioranza sciita (islam civile e moderato), ostili ai piani sionisti e d’Occidente. Mentre i secondi sono sunniti-wahabiti, i loro governatori collaborano con l’Occidente e (segretamente) con Israele.


L’epopea del primo Stato saudita si arrestò nel 1818, quando gli Ottomani, tramite il governatore dell’Egitto, Muhammad Ali Pascià, sconfissero in guerra i sauditi e catturarono il sovrano ribelle della Penisola araba, portandolo a Istanbul e condannandolo a morte. Ciò però non mise fine alle gesta della famiglia ibn Saud e del wahabismo.
Infatti, nel 1824, la famiglia saudita, nuovamente affiancata dai sapienti wahabiti, riconquistò la regione di Ryadh, ricostituendo il disciolto Stato Saudita. Tale seconda esperienza saudita si caratterizzò, rispetto alla precedente, per una minore intensità, sia ideologicamente, in quanto l’intransigenza della prima generazione dei sovrani sauditi venne meno, sia geopoliticamente, in quanto il secondo Stato Saudita aveva una minore estensione territoriale, non comprendendo nei propri insediamenti tutta la fascia costiera del mar Rosso, ma estendendosi solo sull’Arabia centrale e orientale. Inoltre, l’esperienza del secondo Stato saudita dimostrò tutta la sua debolezza per via degli scontri interni tra wahabiti, i quali, dividendosi a loro volta in gruppi più intransigenti e fazioni più moderate, intrapresero delle tremende lotte intestine, che ebbero come risultato finale, verso la fine del XIX secolo, l’estinzione della seconda esperienza istituzionale del wahabismo. In particolare il 24 gennaio del 1891, presso la località di Mulayda (Arabia centro-settentrionale), si consumò la fine di tale esperienza, che però non ebbe alcuna motivazione religiosa, ma molto più laicamente una diatriba sulla tassazione da imporre ai sudditi dell’Emirato Saudita. In pratica alcuni clan, giudicando la tassazione imposta dal sovrano saudita eccessiva, si ribellarono e sconfissero le truppe statali, costringendo la famiglia ibn Saud all’esilio dalla capitale Ryadh.
L’Arabia Saudita contemporanea e il ruolo europeo nel suo consolidamento
La sconfitta di Mulayda nel 1891 non mise la parola fine alle mire saudite nella Penisola araba; anzi, già nel 1902 ripartirono le spedizioni militari per riconquistare le terre perse negli anni precedenti e per tornare a dominare la regione. L’opera espansionistica sauidta-wahabita nel Novecento però non deve essere letta in modo autonomo rispetto agli eventi del Vicino Oriente e del mondo, in quanto la terza ondata di espansionismo saudita-wahabita, che darà poi vita allo Stato contemporaneo dell’Arabia Saudita, si colloca storicamente nel periodo cruciale della prima guerra mondiale e della lotta per il predominio nel Vicino Oriente che si istaura tra l’Impero Ottomano da un lato, e le potenze europee, soprattutto Inghilterra e Francia dall’altro. La Penisola araba infatti, nonostante una presa del governo di Istanbul minore rispetto ad altre zone del mondo arabo, per via della collocazione geografica defilata rispetto alla capitale ottomana, era formalmente sotto il dominio del Sultano di Costantinopoli, soprattutto le zone costiere del mar Rosso, mentre la parte centrale e orientale della Penisola araba erano di fatto influenzate da varie tribù arabe. In ogni caso, la rivolta saudita-wahabita dei primi del Novecento fu ampiamente sfruttata dalle potenze europee, soprattutto da Parigi e Londra, per indebolire l’Impero Ottomano; tale sostegno alla setta saudita-wahabita, una delle scuole più reazionarie del mondo islamico, genitore ideologico dei principali estremismi islamici contemporanei e dei gruppi terroristici come Al Qaida e l’ISIS, divenne esplicito con l’invio di un vero e proprio aiuto militare ai sauditi, i quali, grazie a tale supporto, e grazie al fatto che ormai l’Impero Ottomano stava per disgregarsi, sotto il peso della guerra e delle tensioni interne, riuscirono a conquistare una parte consistente dell’Arabia, creando le basi per instaurare un vero e proprio Stato. Un momento di svolta nella regione fu rappresentato quindi dalla sconfitta e dalla caduta degli Ottomani, e dalla creazione a tavolino di una serie di Stati arabi, sotto il protettorato di inglesi e francesi, tramite i celebri accordi Sykes-Picot del 1916, fatti questi che rinnovarono profondamente la cartina geografica del Medio oriente, con l’imposizione di confini discutibili e la formazioni di Stati che, oggi, sotto il peso ingombrante di un passato problematico, stanno sciogliendosi come neve al sole, con tutti i problemi che vediamo coi nostri occhi.
E’ chiaro che senza l’ingerenza anglo-francese tutto ciò non sarebbe accaduto, o comunque non nella misura drammatica che vediamo oggi. I Sauditi dal canto loro, in pieno coordinamento con gli inglesi, riuscirono a conquistare progressivamente molte regioni della Penisola araba, ottenendo ampie concessioni e riuscendo alla fine, tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del Novecento, quindi subito dopo la fine della prima guerra mondiale e del riassestamento regionale, a proclamare la nascita del Regno dell’Arabia Saudita, una monarchia teocratica assoluta che ha come sua dottrina ufficiale il wahabismo.
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Dalla tutela inglese a quella americana: i Sauditi, Al Qaida, l’ISIS

La scoperta del petrolio (1938, Arabia orientale) e la contemporanea decadenza coloniale inglese, insieme all’ascesa della potenza nordamericana nel mondo e nel Vicino Oriente successivamente agli anni ’40, rendono la situazione dello Stato Saudita-wahabita particolare. In pratica i sauditi, fedelissimi degli inglesi nel Medio oriente, tra gli anni ’40 e ’50 del Novecento vengono traghettati nell’orbita americana. Da questo momento, a parte alcune fasi di tensioni e di problemi nelle relazioni bilaterali, la regola in Medio Oriente è che gli USA agiscono tramite i sauditi per contenere gli Stati considerati avversi nella regione e per ridimensionare soprattutto l’eventuale ingerenza sovietica (siamo entrati nella fase della guerra fredda) in Medio oriente. Per cui, i sauditi, in cambio della protezione militare e diplomatica statunitense, e in cambio della promessa della stabilità istituzionale del Regno saudita-wahabita di Ryadh, mettono soldi (derivanti dalla vendita del petrolio, l’Arabia è il primo produttore e esportatore al mondo) e propaganda ideologica wahabita al servizio degli interessi americani nella regione. Per cui, ogni volta che gli Stati Uniti ritengono che vi sia un pericolo per i loro interessi in Medio Oriente, fanno muovere i soldi e l’ideologia saudita-wahabita come propria avanguardia nel mondo musulmano. Se c’è da finanziare e sostenere i movimenti anti-Nasser in Egitto, si muovono i sauditi. Se c’è da implementare il fondamentalismo religioso, con la scusa della lotta al comunismo ateo e al socialismo laico nei paesi arabi repubblicani e progressisti (Egitto, Siria, Libia, Algeria ecc.), si muovono i sauditi e il loro retroterra ideologico wahabita, invitando puntualmente (e sostenendo tali progetti attraverso ingenti finanziamenti) i giovani del mondo musulmano a imbracciare le armi per la guerra santa contro il nemico di turno degli americani in quell’area.
Arábia Saudita e Estado Islâmico
E’ ciò che è accaduto in modo clamoroso ad esempio tra gli anni ’70 e ’80 del XX secolo, tra Pakistan e Afghanistan, paesi ancora oggi molto influenzati dal wahabismo e dai sauditi. L’istaurazione del governo comunista a Kabul in Afghanistan negli anni ’70 fu visto con forte sospetto dagli americani che temevano l’espansionismo russo verso sud; proprio per questo gli USA, in stretta collaborazione col governo saudita-wahabita, decisero di formare gruppi militari di ideologia wahabita per sostenere una vasta ribellione anti-governativa in Afghanistan, avendo le proprie basi di addestramento in Pakistan: è la nascita di quello che abbiamo imparato, soprattutto dopo l’11 settembre del 2001, a chiamare Al Qaida, sotto la guida del miliardario saudita Bin Laden, la cui famiglia è una delle più ricche e influenti case nobiliari del regno saudita-wahabita. Questo è solo un esempio dei tanti che potrebbero essere fatti per segnalare la vicinanza tra sauditi-wahabiti e americani nel Novecento.
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Il progetto afghano in particolare andò a buon fine e i russi, grazie all’alleanza USA-sauditi-Al Qaida, nel giro di un decennio dovettero ritirarsi dal paese musulmano, segnando una grande vittoria per gli Stati Uniti e l’internazionale wahabita. Questo modo di operare, visto il successo, fu riproposto anche successivamente, in Cecenia e in Bosnia. Progetto americano, finanziamento e indottrinamento saudita-wahabita. Tale modello di operazioni nel mondo musulmano è stato riproposto recentemente in contesti come la Siria o la Libia, dove fazioni islamiche fortemente radicali, finanziate dall’Arabia saudita e dottrinalmente vicine al wahabismo, hanno portato avanti, di fatto per conto degli Stati Uniti, la sovversione del regime di Gheddafi e la guerra a quello di Assad. Non a caso dal cuore di questi conflitti è nata l’evoluzione di Al Qaida, ovvero l’ISIS. Ma tutto questo, ovvero l’emergere di tale radicalismo religioso che ha portato agli attentati terroristici anche al di fuori del mondo musulmano (vedi i casi recenti di Parigi e Bruxelles) – in quanto creare il radicalismo è facile, ma controllarlo no – non sarebbe potuto mai esistere senza la nascita del movimento wahabita in Arabia nel 1700 e senza il colpevole sostegno dato dagli inglesi prima e dagli americani poi a tale setta violenta e terroristica, incarnata oggi nel regime dell’Arabia Saudita, nemica dei musulmani (in quanto la maggioranza assoluta delle vittime del terrore wahabita sono aderenti a tale religione), dei cristiani e di tutti gli esseri umani liberi del mondo.
Alireza Jalali
https://newsinfoalternativa.wordpress.com/2016/06/29/dal-wahabismo-di-ieri-al-terrorismo-di-oggi/

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