Matera è un relitto preistorico incastonato nell’orrido
scavato dal torrente “Gravina”.
Sulla
piana circostante si sviluppa la città moderna, anonima, consimile a
qualsivoglia abitato del XXI° secolo.
Ma
è giù dal precipizio della gravina che l’impianto architettonico
della città regala quella meraviglia del mondo, patrimonio
dell’Unesco, che è il “labirinto” urbanistico qualificato con
un nome universalmente riconosciuto: i “Sassi”.
Mai
appellativo fu così appropriato.
Sembra
trattarsi di una confusa accozzaglia di pietre, abbarbicate ad un
complesso di grotte, intersecate da acciottolati sconnessi e
scalinate, parossistici saliscendi e crinali, con un vago sembiante
di presepe di facciata.
Una
sorta di “favela” mediterranea.
Questo
prima di un doveroso restauro.
Adesso
al caos è stata assegnata una parvenza di ordine, con selciati
rifiniti e traslucidi, tetti e case ridisegnate e restaurate, luci
sapientemente dislocate ad esaltare l’ambiente.
I
“Sassi”, dal più selvaggio “Caveoso” al più monumentale
“Barisano”, pulsano oggi di nuova vita.
E
le chiese “rupestri” che li popolano, con i loro ineffabili
affreschi murari, hanno ripreso a spandere quell’”aura” di
sacralità scaturente da millenari arcani.
Sfidando
il tempo, inutilmente imprigionato dalla modernità.
Rosario Tiso
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