Andare
per borghi e paesi della provincia di Foggia è stato, nel cuore
degli anni adolescenziali, la mia iniziazione al viaggio, alla
scoperta, all’incontro con genti e culture diverse.
Nell’età
adulta, avvinto da ben altri viaggi, scoperte, incontri, ho girato un
po’ il mondo ( ma solo un po’!) e grande è stata la sorpresa di
ritrovare in una scala più vasta le dinamiche che, in miniatura,
avevo sperimentato negli anni giovanili durante le mie peregrinazioni
attraverso la mia amata terra d’origine. Questo avvalora una verità
che ho sempre posseduto intuitivamente: non è la distanza dei
luoghi, la difficoltà dell’azione o l’esotismo della scenario a
determinare l’importanza di un’impresa. Anche da presso si annida
la possibilità dell’avventura. Occorre saperla riconoscere.
Occorre saperla afferrare. Anche perché più lontano si va e meno si
capisce di sé e della vita.
I
colori di Capitanata sono forgiati dal sole.
Nitidi,
pieni, fitti di una grana pulsante d’energia.
La
bruna terra, gravida di humus, accoglie il verde brillante dei campi
di grano primaverili, sotto lo smalto azzurrino di un cielo
tersissimo.
In
primo piano, il richiamo alla fonte di ogni vita, l’acqua,
nell’arcano profilo di un pozzo.
In
lontananza, dolci declivi disegnano armoniosamente l’orizzonte.
Dalla
muta piana del tavoliere sorge la collina di Ascoli Satriano.
Gigantesco
molare tufaceo, mostra la livrea arborea a chi vi si approssima. In
primo piano il Palazzo Ducale. Giungervi è risalire solennemente il
nucleo storico del paese, dipanantesi concentricamente attorno al suo
medievale maniero. All’ingresso dell’abitato, in alto a mò di
sentinella, S. Potito, il Santo Patrono. Sullo sfondo, la mole
imponente e maestosa del Duomo. Ma è la romanità ad ammiccare in
ogni anfratto. Prima dell’erta finale, un ponte. Nell’abitato, è
un leone marmoreo, più avanti un’epigrafe, di lato una pietra
miliare, giù nella scarpata una fontana. Figure stilizzate di
misteriosi condottieri dell’Urbe, consumate dal tempo, sembrano
osservare lo stolido andirivieni dei passanti.
Ascoli
profuma di storia. La senti aleggiare nei vicoli, vibrare nella
pietra, risuonare in echi lontane.
Remota
è l’epoca della città-stato che osò sfidare Roma, pagandone lo
scotto col suo declino. Ma il seme della fierezza non si disperde in
una manciata di secoli e negli occhi di alcuni degli odierni abitanti
e ancor di più dei cittadini della “diaspora” , coloro che a
diverso titolo hanno dovuto abbandonare la casa avita, balenano
riverberi di quella lontana “grandeur”. Nel Museo Diocesano e
Civico si trova la scheggia più rappresentativa di quella grandezza:
I “Grifoni”.
Fatti di marmi policromi, sono
sculture assolutamente incantevoli da ammirare in tutto il loro
fascino e sono la principale attrattiva del Polo Museale ubicato
nell’ex monastero di Santa Maria del Popolo.
Rosario
Tiso
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