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sabato 19 gennaio 2019

Giuliano Amato al Prof. Rinaldi : "La Libertà comporta anche assumersi le proprie responsabilità".



Il Prof. Antonio Maria Rinaldi fa due domandine a Giuliano Amato, riguardo i prarametri di Maastricht. Giuliano Amato ribadisce che essere liberi vuol dire prendere in mano le nostre responsabiltà e questo è un rischio molto alto. Avete capito bene. Non dobbiamo essere padroni della nostra vita perchè altrimenti potremmo prendere delle decisioni sbagliate. Quindi è meglio che siano gli altri a decidere per noi.

fonte Antonio Maria Rinaldi 

Vice, i neocon e l'indicibile

Vice, Dick Cheney
“Ringrazio Satana di avermi dato ispirazione per interpretare il mio ruolo”.Così Chistian Bale ha salutato il premio che gli è stato tributato al Golden Globe per l’interpretazione di Dick Cheney nel film Vice.

Vice

Una frase che ha suscitato sdegno e il malizioso elogio della Chiesa di Satana. Ma non detta a caso: l’attore ha voluto esprimere, un po’ confusamente magari, quanto aveva nel cuore durante le riprese.
La pellicola ripercorre la vita del più importante Vice-presidente che gli Stati Uniti abbiano avuto nella loro storia, dove il vice ha sempre contato nulla.
Per Cheney fu diverso, dato che seppe sfruttare l’opportunità dell’attentato dell’11 settembre per ritagliarsi un ruolo presidenziale.
Grazie all’opportunità, Cheney riuscì ad accentrare su di sé tutti i poteri, usando allo scopo interpretazioni indebite delle norme americane.
Non solo, egli riuscì a piazzare suoi uomini in tutti i gangli dell’Amministrazione, esautorando quelli che Bush padre aveva affiancato all’imbelle figlio George W.
L’ascesa di Cheney e dei suoi, ripercorre la pellicola, ebbe come corollario l’introduzione di norme liberticide  e la guerra all’Iraq, il cui petrolio faceva gola ai lobbisti pro Vice.
Istantanea di guerra in Iraq

Neocon nuovi ed antichi

Una lettura piana, limitativa di quanto accadde davvero, eppure coraggiosa, dato che l’indicibile si può solo accennare, come ha fatto Bale alla consegna del premio.
Perché limite del film, pur benvenuto, è che, pur elencando il clan di Cheney, non evoca quel che accomunava quei potenti, ovvero la loro partecipazione all’ambito neoconservatore.
Il perché di tale oblio è ovvio, dato che quella cabala è ancora potente e prepotente, come evidenzia lo smisurato potere che ha assunto nell’amministrazione Trump il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, del quale si accenna fugacemente nel film.
Quel Bolton che al tempo, dal suo scranno all’Onu, guidò le Nazioni Unite alla guerra in Iraq, dopo l’indecoroso show di Colin Powell sulle armi di distruzione di massa di Saddam (che il Segretario di Stato Usa, spiega il film, non voleva fare).
Insomma, per non suscitare troppo contrasto, gli ideatori del film hanno deciso di limitare la loro denuncia nel tempo e circoscrivere il tutto al solo Cheney.
Di certo interesse la parte iniziale, nella quale si vedono il duo Cheney-Rumsfeld impegnati, al tempo di Nixon (dopo la defenestrazione di Kissinger), a sabotare i tentativi di dialogare con la Russia.
Nulla è cambiato da allora: lo stesso ambito sta agendo (finora con successo) in maniera analoga nell’amministrazione Trump.
Isis

L’indicibile

Ma le parole di Bale al golden Globe aggiungono, perché accenna l’indicibile, il sostrato culturale dell’ambito neocon, che fu allora di Cheney e dei suoi e ora di Bolton e compagni (che son legione anche nei democratici: peraltro il film riporta l’intervento della Clinton in favore della guerra in Iraq).
Indicibile che spiega le dinamiche di un ambito che certo si muove per avere sempre più potere ed è certo interessato ai soldi, ma che vive di simbolismi e perversioni cui il titolo allude: “vice”, infatti, vuol dire anche vizio.
Questo il sostrato da cui nasce la teoria, che fu prassi, della esoterica “guerra infinita“. Come anche il nome dell’intervento contro Baghdad, “Shock e Terrore“, che tanto Terrore, infatti, ha prodotto nel mondo (vedi Piccolenote).
Come si accenna anche al film, quando racconta di un ignoto al Zarqawi che, grazie al discorso di Powell all’Onu e alla guerra, diventa boss del Terrore e fondatore dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, ovvero l’Isis.
Il cenno di Bale rimanda peraltro a un vecchio dialogo sulla tempistica della guerra irachena. Lo riporta anche un resoconto di Repubblica di allora: “Quanto durerà la guerra in Iraq?” Era la domanda che Cheney faceva sua. “Parliamo di settimane al massimo, non di mesi”. Concludeva.
“Rumsfeld, il suo braccio armato al Pentagono”, scriveva Repubblica, “gli fece eco poco dopo: ‘Sei giorni, sei settimane, dubito sei mesi'”: 666, l’indicibile appunto.
fonte http://piccolenote.ilgiornale.it/38555/vice-neocon-indicibile

BERSANI: “Mi obbligarono a sostenere Monti e l’austerità”


(Di fronte a queste confessioni e pentimenti fuori tempo massimo, non bisogna mai dimenticare che con le loro politiche “europeiste” hanno prodotto 5 milioni di  poveri in più nel Paese, la distruzione del 25 % della forza  industriale, il degrado delle infrastrutture  e quindi  l’irreversibilità del declino, il “gender” nelle scuole,  le privatizzazioni come “regali” delle concessioni ai Benetton e ai De Benedetti  …. per non dimenticare ciò  di cui si sentiva la mancanza e che il PD, finalmente, ci ha dato: un’altra mafia. Ora ci ha fornito quella nigeriana)

Giorgio Napolitano, la verità di Bersani su Re Giorgio: “Cosa accettò per far scordare il passato comunista”

Il mea culpa di Jean-Claude Juncker dopo anni di politiche di austerity, anche contro l’Italia, sono suonate alle orecchie di Pierluigi Bersani, e chissà di Silvio Berlusconi, come l’ultima e più vergognosa beffa arrivata da Bruxelles negli ultimi anni. Il ricordo di quei giorni drammatici del 2011, quando fu abbattuto il governo Berlusconi sotto i colpi dello spread, è ancora fortissimo. Lo è anche nella memoria dell’ex segretario del Pd, che tra i corridoi del Parlamento si è tolto più di un sassolino dalla scarpa, soprattutto su certi protagonisti dei fatti dell’epoca come il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
n un retroscena di Augusto Minzolini sul Giornale, Bersani ricorda benissimo le pressioni che ha dovuto subire, ma stavolta ribadisce anche i motivi che si celavano dietro quella strana insistenza del Quirinale: “Ricordo ancora la direzione in cui posi i dirigenti del partito di fronte all’opzione governo Monti o elezioni. Mi trovai di fronte un fuoco di sbarramento di sei interventi di esponenti di primo piano che consideravano Monti una scelta obbligata. Poi c’era Napolitano… Da quel momento, tutte le settimane, per un anno, sono stato sottoposto a un esame di ‘montismo’. E anche se avevo qualche dubbio sull’efficacia della politica del loden, dovevo accettare l’impostazione di chi, per far dimenticare il proprio passato comunista, pensa sempre che abbiano ragione gli altri. La verità è che in molti si ubriacarono di retorica europeista. Trasformarono un’idea buona, l’Europa unita, in un’ideologia…”.

https://www.maurizioblondet.it/bersani-mi-obbligarono-a-sostenere-monti-e-lausterita/

Navi dei Veleni: "Così affondavamo i rifiuti tossici con l'aiuto dei servizi segreti"



B&B Bergoglio e Belzebù


FRANCO ORIGLIA VIA GETTY IMAGES

Oggi ricorrono i cento anni della nascita di Giulio Andreotti. ll 6 maggio 2013 quando egli muore non erano passati due mesi dall'elezione a Pontefice dell'argentino Bergoglio, il 13 marzo precedente. Un mondo si chiude, un mondo si apre. Nella Chiesa, in Italia, e nelle finanze d'Oltretevere.
Ma sono due mondi più uniti di quanto si possa immaginare, un legame di anni, immortalato da qualche rara foto che la famiglia dello statista dc e il Pio Sodalizio dei Piceni, mostreranno al pubblico in una mostra che si apre in questi giorni. Una di esse è stata pubblicata sul Corriere della Sera il giorno dopo la morte del senatore a vita.

Andreotti- Bergoglio, dunque, sia pure Bergoglio ancora solo cardinale. Andreotti, come affermò Francesco Cossiga :"Per anni ha vissuto come fosse un segretario di Stato Vaticano permanente" di sette Papi ed un quasi Papa, Bergoglio appunto. Da Benedetto XV a Benedetto XVI. Raccontati da lui stesso in un suo celebre libro intitolato "A ogni morte di Papa". "Quando nacqui – scrisse Andreotti – era Pontefice Benedetto XV, ma io non ebbi modo di accorgermene. Giacomo della Chiesa morì quando io avevo raggiunto da otto giorni i ventiquattro mesi e non potevo occuparmi di cose vaticane".
Ecco, tranne quando era in fasce, Andreotti passò infatti l'intera vita ad occuparsene.
L'amicizia di Andreotti con Bergoglio fu "filtrata" dall'ex responsabile di Comunione e Liberazione a Roma, don Giacomo Tantardini, che proprio nel vescovo di Buenos Aires aveva indicato una speranza della Chiesa. Anche lui attaccatissimo al brano evangelico della chiamata di San Matteo, a quel "miserando atque diligendo " che Francesco ha messo nel suo stemma papale.
Andreotti a partire dal 1993, per quasi dieci anni, diresse "30Giorni", il mensile che Tantardini ispirava, sul quale Bergoglio è stato più volte intervistato e sul cui ultimo numero (maggio 2012) il cardinale argentino scrisse un ricordo di don Giacomo, morto il mese prima.
Nella fucina giornalistica del mensile "30 giorni" ( finiti per motivi di sostegno economico, sotto l'egida andreottiana), si è formato, tra gli altri, Andrea Tornielli , il nuovo direttore editoriale della Segreteria della Comunicazione vaticana, in forza alla redazione del mensile dal 1992 al 1996.
Anche Theodore McCarrick (ex cardinale di Washington, destituito da Francesco dopo l'esplosione dello scandalo dei suoi abusi sessuali nel luglio 2018) concesse molte interviste nell'arco degli anni, a "Trenta Giorni" diretta dall'ex ministro degli Esteri, sui temi più importanti dell'attualità internazionale. Anzi, si diceva, che ogni volta che veniva a Roma, si sentiva con Andreotti.
Le interviste riguardavano in particolare i rapporti della Chiesa con l'Iran e con la Cina, al ritorno dai suoi frequenti viaggi a Pechino, tornati d'attualità dopo le denunce di quest'estate dell' ex Nunzio Carlo Maria Viganò, e dopo la firma di un'accordo provvisorio con il Vaticano, per la nomina dei vescovi, nel settembre 2018.
Ma McCarrick su "Trenta Giorni" interveniva , con impronta liberal, anche su temi etici, quali la comunione ai politici americani che sostenevano l'aborto, (come John Kerry che poi divenne Segretario di Stato americano dal 2013 al 2017 durante l'amministrazione Obama).
Andreotti amico di papi e futuri Papi, fu anche "dominus" per decenni dei destini degli uomini delle finanze vaticane.
L'ex Presidente del Consiglio - ce lo documenta un recente libro Chiarelettere scritto da Fabio Marchese Ragona, che attinge anche al Fondo vaticano dell'Archivio del Divo Giulio - era legato a doppio filo all'allora presidente dello IOR,(la cosiddetta banca vaticana) Paul Casimirus Marcinkus, il prelato che fece affari con Sindona prima e con l'Ambrosiano di Roberto Calvi, poi.
Ecco allora saltare fuori dall'archivio, una cartolina natalizia del 1990, spedita "all'on.Prof." (Giulio Andreotti) ,da una piaggia della Florida, con tanto di palma, sole e spiagge, autografata con "Cari saluti" dall'arcivescovo che amava i sigari cubani, in cui l'ormai ex presidente dello IOR, sosteneva: "Ho passato qui il problema di Panama". Che voleva dire? Dopo tanti anni, dopo la sua sostituzione al vertice della banca, perché Marcinkus ripropone la questione delle società offshore? E perché ad Andreotti?
Era stato proprio Andreotti - si legge in filigrana negli stessi documenti del Fondo vaticano dell'Archivio di Andreotti - a "salvare " dall'arresto per il crack Ambrosiano, Marcinkus che descrive se stesso in un biglietto al Divo Giulio "reduce come San Giuseppe da una fuga in Egitto", cioè oltre le Mura vaticane, per scampare al mandato di cattura della Procura di Milano.
Andreotti e Marcinkus si parlavano poco ma si vedevano molto. E soprattutto a far da tramite c'era monsignor Donato De Bonus, "fedelissimo di Marcinkus e legatissimo ad Andreotti".
Ecco, allora, il biglietto di ringraziamento la croce pettorale regalata da Andreotti a De Bonis, per la consacrazione episcopale, nel momento in cui anche lui dovette lasciare lo IOR. Ed ecco, De Bonis che ringrazia pubblicamente al termine della cerimonia episcopale lo stesso Andreotti indicato come il "salvatore" del Vaticano, forse facendo riferimento al pagamento dei 250 milioni di dollari per la transazione con i creditori esteri dell'Ambrosiano, per la cui bancarotta sono stati condannati i vertici della P2. De Bonis ( testimone del passaggio allo IOR di miliardi delle vecchie lire intestati a fondazioni più o meno fittizie, alcune in rapporti con Andreotti) , è morto nel 2001.
Marcinkus morì povero nel 2006, in Arizona dove aveva finito la sua carriera a fare il parrocco. Il Vaticano e il Papa San Giovanni Paolo II non credettero mai alla sua personale colpevolezza. La stessa cosa accadde con Andreotti, benedetto pubblicamente da Giovanni Paolo II, nel bel mezzo dei processi per mafia.
La dichiarazione rilasciata da Andreotti al momento della morte di Marcinkus fu tagliente e ingenerosa: "Il Vaticano commise a suo tempo un errore, quello di affidare a monsignor Marcinkus un'organizzazione bancaria. Non aveva alcuna preparazione in merito. Affidargli la presidenza dello IOR fu un grave errore. Credo che non lasci una lira, non si è arricchito".
Belzebù (soprannome affibbiato al Divo Giulio - da Bettino Craxi che non lo amava - ma che come ha testimoniato suo figlio la settimana scorsa non lo affliggeva più di tanto), come è noto, misconosce le anime perdute che gli sono state enormemente utili.
Sappiamo solo oggi però che Marcinkus aveva negli Stati Uniti un amico importante, proprio nel futuro cardinale McCarrick che nel 1988 aveva creato la Papal Foundation per bypassare ,nel sostegno alla Santa Sede, lo IOR travolto dallo scandalo Ambrosiano: uno IOR, ormai prossimo a passare nelle mani della finanza "bianca" lombarda con la nomina a presidente di Angelo Caloja) (https://www.huffingtonpost.it/2019/01/04/il-papa-ai-vescovi-usa-tra-pedofilia-e-denaro-il-caso-mccarrick-accusato-di-abusi-e-cardinale-delle-cayman_a_23633300/).
C'è chi scommette che sia quello il filo rosso dentro le finanze vaticane sopravvissuto anche ai tentativi di riforma di Bergoglio.
Maria Antonietta Calabrò

Andreotti democristiano avanti Cristo

Oggi Giulio Andreotti avrebbe compiuto cent’anni, ma lui fu democristiano avanti Cristo. Aveva quattro giorni quando nacque il Partito Popolare che era il nome da signorina della Democrazia Cristiana. Ma non è escluso che quel 18 gennaio del 1919, alla destra del padre, don Luigi Sturzo, ci fosse già il piccolo Giulio con la gobbina e il doppiopetto in fasce, a suggerire cosa fare e soprattutto come. De Gasperi fu statista prima di essere democristiano, e austriaco prima di essere italiano, Moro o Fanfani furono professori, teorici catto-fascisti prima di diventare democristiani. Andreotti no, fu la Dc. Andreotti non fu mai Presidente della Repubblica né Segretario della Dc, non fu mai Presidente del Senato o della Camera, non fu mai Sindaco o Vescovo di Roma, semplicemente perché lui fu l’anima, la ragnatela e l’icona della Repubblica italiana, della Dc, dei governi, della Curia, delle due Camere riunite in un solo emiciclo, volgarmente denominato gobba; fu il simbolo vivente della Roma di potere e sacrestia, figlio di Santa Romanesca Chiesa, come diceva il cardinal Ottaviani.
Andreotti fece la comunione senza mai passare per la confessione. Ebbe sette vite, come i gatti e i sette colli di Roma, e guidò sette governi brevi; rappresentò l’immortalità al potere, inquietante ma rassicurante. Disse che il potere logora chi non ce l’ha e fu di parola. Quando non ebbe più potere, si logorò, volse la gobba a levante e si costituì dopo lunga contumacia al Titolare. Non fu statista ma statico, inamovibile. Andreotti ebbe più senso del potere che dello Stato, della curia più che della nazione, della sacrestia più che del pulpito. Fu minimalista, antieroico e antidecisionista, rappresentò l’italianissima trinità Dio, pasta e famiglia, sostituendo la patria con la pajata e sognando un dio che patteggia col diavolo. Il suo ideologo fu Alberto Sordi, il precursore Aldo Fabrizi. Guidò l’Italia con passo felpato nelle vacanze dalla storia. Fu vicino ai suoi elettori, attento alle loro richieste, alle cresime e alle nozze. E’ mitico l’armadio nel suo studio di piazza san Lorenzo in Lucina, gestito dalla segretaria Enea, coi vassoi d’argento da mandare ai matrimoni, pare divisi in tre fasce.
Per secoli fu ritenuto l’Incarnazione del Male, la Medusa che pietrifica e a volte cementifica. Ai tempi di Mani pulite, nella sua Ciociaria, il fascista galantuomo Romano Misserville organizzò un processo-spettacolo ad Andreotti; calò il gelo nei suoi confronti di tanti suoi galoppini del passato che pure gli dovevano molto.
Andreotti non lasciò riforme dello Stato e grandi opere, ma un metodo, uno stile, un modo di vedere, intravisto dalle fessure dei suoi occhi, anche per non lasciare prove compromettenti sulla retina. Primato assoluto della sopravvivenza, personale e popolare, alle intemperie della storia. Fu moderato fino all’estremo e devoto ma remoto da paradisi e santità. In politica estera fece arabeschi, fu filo-mediterraneo, non filo-atlantico e filo-israeliano, come del resto anche Moro e Craxi.
Accusato d’essere il Capo della Cupola non fu poi condannato perché l’accusa inverosimile rimosse anche ogni colpa verosimile. Volevano infliggergli l’ergastolo ma alla fine fu lui a infliggere l’ergastolo all’Italia, diventando senatore a vita. Ma tra tanti imbucati, lui meritava il laticlavio.
Sopravvisse alla Dc e ai suoi capi storici, ai suoi stessi bracci destri (aveva infatti molte chele), sopravvisse ai suoi nemici e perfino a Oreste Lionello che fece di lui una caricatura complice. Arguto quand’era in vena, come si usa dire degli spiritosi e dei vampiri (e lui fu ambedue), Andreotti non fu solo l’anima della Dc e della Prima repubblica ma anche il top model dello Stivale. Somatizzò l’Italia. Le mani giunte e intrecciate per l’indole cattolica, il corpo rispecchiava un paese invertebrato, disossato e militesente, esonerato dalla ginnastica e incapace di mostrare muscoli (neanche nel sorriso Andreotti ha mai mostrato i denti, ma solo un fil di labbra; a tavola beveva brodini per non addentare). Tutti lo immaginavano bassino, ma lo era per tattica e umiltà; in realtà era alto, e sarebbe stato più alto se avessero srotolato il nastro della sua curva pericolosa. L’assenza del collo fugava ogni indizio di mobilità e superbia, la voce sibilante e romanesca, confidenziale e domestica era emessa da una fessura; sussurrava come dietro le grate di un confessionale. E le spalle curve per custodire la sua compromettente scatola nera nella gobba (lo scrissi nel ’93 e fu poi ripreso da tanti, tra cui Beppe Grillo). Figurò l’italiano-tipo piegato su se stesso a tutelare il suo particulare. Il suo volto di sfinge, l’assenza di colorito, impenetrabile al sole per non modificare la cera, la testa piantata direttamente sulle spalle come l’aracnide cefalotoracica e le orecchie estroverse per captare ogni minimo fruscìo; gli occhi pechinesi, salvo illusioni ottiche che a volte li ingrandivano, grazie alle lenti bifocali; il passo circospetto e l’obliqua figura, il fideismo ironico e la ferocia minuziosa, la devozione curiale e la visione nichilista sulle sorti dell’umanità.
Non fu arcitaliano ma casto e asessuato, non rappresentò l’indole pomiciona e fanfarona degli italiani. Ma la sua figura, metà bigotta e metà malandrina, ironica e pregante, rappresentava l’ambiguità d’un paese devoto e peccatore, che adora Gesù ma tresca con Belzebù. Brillante nelle conversazioni, reticente nei diari; sapeva fior di retroscena, ma preferì l’omertà. Nei libri raccontava come non erano andati i fatti. Visse a lungo per godersi pure la nostalgia di quando c’era lui al potere. Andreotti restò un punto interrogativo, come la sua sagoma curva. Non fece la storia ma la consuetudine; nutrì l’aneddotica, il thriller e la leggenda. Come sua madre, cucì all’Italia un abito su misura per i suoi difetti.
MV, La Verità 13 gennaio 2019
https://apostatisidiventa.blogspot.com/2019/01/b.html

Tacchini Ultras


domenica 6 gennaio 2019

Gilet Gialli atto 8. Il movimento regge, anzi , si allarga…..





Ottavo sabato di manifestazioni dei Gilet Gialli. Chi lo avrebbe detto che il movimento avrebbe tenuto così tanto, e sarebbe rimasto così diffuso. I numeri ufficiali parlano di 25 mila manifestanti, ma si tratta di numeri poco credibili vista la grande diffusione delle manifestazioni che sono allargate a tutto il paese. A parte Parigi, secondo France Info, sono state coinvolte:
  • Grenoble;
  • Saint Etienne;
  • Lione ;
  • Chambery;
  • Montbrison,
  • Valence;
  • Digione,
  • Besançon;
  • Belfort;
  • Brest;
  • Rennes;
  • Tours;
  • Chateauroux;
  • Reims;
  • Colmar;
  • Epinal;
  • Lille;
  • Amiens;
  • Beauvais;
  • Rouen;
  • Caen;
  • Peaux;
  • Peringot;
  • Bordeaux;
  • Bayonne;
  • Pau;
  • Limoges;
  • Dordogne ;
  • La Rochelle;
  • Tolosa;
  • Albi;
  • Carcassone;
  • Gards;
  • Montpellier;
  • Mantes;
  • Mantes;
  • Marsiglia;
  • Avignone;
  • Nizza.
e molte altre località minori. Insomma non possono essere state solo 25 mila persone, viste poi le immagini che circolano. Il sindacato di Polizia France Police parla di 300 mila manifestanti!!!!
Ad un certo momento ci sono stati scontri a Parigi:
Ci sono stati feriti anche piuttosto seri:
Scontri con la Polizia su un ponte nei pressi del Parlamento:
PARIS : Des heurts éclatent sur un pont où les tentent de forcer un barrage pour rejoindre l'Assemblée nationale. (BFMTV)
PARIS : Des policiers sont frappés, à terre, par des individus sur la passerelle Léopold-Sédar-Senghor.
4.429 utenti ne stanno parlando
Inoltre la casa del portavoce del governo Macron è stata sgomberata dopo che un gruppo di manifestanti le ha dato l’assalto, sfondando la porta con un mezzo da cantiere:
🛑 URGENT 🛑 : Le porte parole du gouvernement Benjamin exfiltré la porte de son Ministère en feu (LCI)." @BGriveaux

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🔴 SUIVI - : Benjamin Griveaux a dû être évacué après une intrusion dans les locaux de son secrétariat d’Etat rue de Grenelle une quinzaine de personnes certaines habillées en noir d’autres avec un gilet jaune ont défoncé la porte du ministère avec un engin de chantier." pic.twitter.com/39MrT3y4jn
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Poi ad esempio :
Clermont Ferrant:
À Clermont, les s’assoient, allument des bougies et respectent une minute de silence à la mémoire des onze victimes depuis le début du mouvement. ~
Visualizza altri Tweet di Dominique De BEVEC

E poi… Tolosa e Rouen.
: The protestors are almost over in the Town of the calm is returning police marching in the last remaining protestors.
Il. Movimento tiene: otto settimane, due mesi, e non sembra che voglia tirarsi indietro. Quasi 5 mila arresti, 10 morto ed una repressione durissima non hanno ancora spento le proteste. Oggi i manifestanti affermavano di voler andare avanti ad oltranza sino all’ottenimento di vantaggi concreti o le dimissioni di Macron. Può un governo proseguire in un ambiente semi-insurrezionale tendente al rivoluzionario?
fonte https://scenarieconomici.it/gilet-gialli-atto-8-il-movimento-regge-anzi-si-allarga/