Ogni qualvolta ho voluto imprimere alle
mie passioni un salto di qualità i risultati sono sempre stati
disastrosi. Col tennis, che praticavo con grande gusto ed in maniera
assolutamente dilettantistica, tutto andò per il meglio fino a
quando non mi attrezzai come un giocatore che si rispetti: completo
nuovo dell’Adidas, racchetta nuova, moderna, ultraleggera! Da
allora non ho giocato più. Mai più.
Poi è stato il turno della mia
passione per i boschi e quella correlata per la raccolta dei funghi.
La Foresta Umbra, nel cuore dell’amato Gargano, era diventata il
mio regno. Un paio di volte alla settimana, nel periodo propizio, la
setacciavo in lungo e in largo alla ricerca di porcini (e del loro
re: “boletus aereus”, il porcino nero),dell’ineffabile “amanita
caesarea”( ovolo buono) e del gustosissimo “chantarellus
cibarius”(il nostro “gallinaccio”).Poi decisi di fare sul
serio. Non più il primo ramo che capitasse a tiro per sostenermi nel
cammino e spostare le felci e farmi strada nel sottobosco, ma un
bastone serio, con tanto di puntale a sonagliera per scongiurare
l’incontro con l’unico animale dal morso velenoso che abita le
nostre terre: la vipera; non più un normale coltello da cucina ma un
coltello professionale per estirpare i preziosi frutti della
micorriza con tutte le cautele senza devastarne il micelio. Sarà, ma
dopo questi acquisti apparentemente dovuti, non sono più andato a
funghi. Incredibilmente. Con l’escursionismo d’alta quota è
successo qualcosa di simile: dopo l’acquisto di materiale tecnico
per affrontare scarpinate più impegnative tutto è cessato. E
l’elenco potrebbe continuare con la chitarra o la fotografia.
Ultima vittima eccellente: i viaggi. Adesso che sarebbe tutto più
facile, mi interessano sempre meno quelli rivolti all’esterno e
sono sempre più impegnato, piuttosto che ad attraversare il mondo,
ad attraversar me stesso.
Ora è la volta del vino. Ho fatto in
passato un corso e sono diventato sommelier. Poi mi è capitato di
scrivere di vino. Che effetti avranno avuto queste cose sul mio
amore per il frutto della vite? Lo hanno incrementato, arricchito
,consolidato ? O finiranno per decretarne il declino? Spesso ho
pensato a quale meccanismo psicologico venga ingenerato dal voler
dare veste ufficiale, quasi istituzionale ad una passione. In me
sembra che pregiudichi l’intento ludico, edonistico, gioioso che mi
muove e lo trasformi in qualcosa che non mi piace più. E’ come se
la mente prendesse il sopravvento sull’istinto per convincere l’Ego
dell’ineluttabilità di bisogni che forse non esistono realmente.
Io godo già nel sorseggiare un buon calice di vino: cosa dovrei
pretendere di più? Che altro mi serve? Sono interrogativi esemplari
che potrebbero essere applicati a tutti gli aspetti della vita.
Troppo spesso si cerca altrove quel che si ha già e ci si affanna
per quello che in fondo non ci manca. Si dovrebbe vivere come si
sente e non farci dettare dal pensiero razionale imperativi che non
ci appartengono. Ma per il vino, son sicuro, sarà diverso. Non
accadrà che il voler rivestire di forma la sostanza finisca per
svilirne l’essenza. Perchè è forse la mia più grande e radicata
passione e nessuna terminologia predefinita, nessuna gestualità
precostituita, nessun nozionismo potranno inquinarne le arcane
sorgenti, profonde e spirituali a sufficienza per sottostare e
reggere a qualsivoglia sovrastruttura gli si voglia addossare.
Questa è più di una speranza: sono sempre più rivolto, più che
al Fare o all’ Avere, all’ Essere.
Rosario Tiso
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