premio

In classifica

mercoledì 5 febbraio 2020

Soros chiede di togliere a Zuckerberg il controllo di Facebook

zuckerberg












Fa di tutto per accreditarsi come liberal-democratico progressista, orgoglioso di contrapporsi ai sovranisti e ai populisti, tacciati di neofascismo, ma invoca la messa al bando del social network perchè potrebbe aiutare Trump. Un metodo da dittatore


Quando le ho lette, non credevo ai miei occhi. Per questo riprendo nel testo originale le ultime due righe di un articolo che il miliardario George Soros ha scritto e firmato sul New York Times di venerdì 31 gennaio: «One way or another, they should not be left in control of Facebook». Traduzione: «In un modo o in un altro, essi non devono essere lasciati al comando di Facebook». Vale a dire, un perentorio invito al mondo politico Usa, in primis ai suoi amici del partito democratico, a fare di tutto affinché «essi», cioè Mark Zuckerberg, il fondatore, e Sheryl Sandberg, la direttrice operativa, siano estromessi dal controllo del social network con il maggior numero di utenti al mondo, più di due miliardi.
Il motivo? Soros, come lui stesso scrive sul New York Times, è convinto che Facebook abbia aiutato Donald Trump a vincere le elezioni per la Casa Bianca nel 2016 e che possa fare altrettanto quest'anno. Per questo, «in un modo o in un altro», bisogna impedirglielo, togliendo di mezzo Zuckerberg e Sandberg. I quali, sospetta Soros, si sono messi al servizio di Trump con uno scopo preciso: «in cambio, il presidente li aiuterà contro gli attacchi dei regolatori e dei media».
C'è da restare allibiti. Soros, 89 anni, uno che ha fatto i miliardi speculando su tutto, anche sulla lira, uno che però ama definirsi «filantropo» per i generosi finanziamenti che la sua Open Foundation regala non solo al partito democratico Usa, ma a tutti i partiti e ai movimenti di mezzo mondo, Italia compresa, purché condividano la sua visione di una società aperta, senza confini, dunque senza alcun limite alle migrazioni. Insomma, uno che fa di tutto per accreditarsi come un vero liberal-democratico progressista, orgoglioso di contrapporsi ai sovranisti e ai populisti, tacciati spesso di neofascismo, in vista delle presidenziali per la Casa Bianca getta la maschera, si mette sotto i piedi il primo emendamento della Costituzione americana (quello che tutela la libertà di pensiero e di stampa), e invoca la messa al bando del primo social network al mondo sulla base non di una prova certa, bensì di un semplice sospetto: potrebbe aiutare di nuovo Trump, non sia mai. Un metodo che di solito è proprio delle dittature, notoriamente assai peggiori dei governi sovranisti o populisti, di certo inconciliabile con una visione liberal-democratica.

Nessun commento:

Posta un commento